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Central Emergency Response Fund delle Nazioni Unite soffre una crisi di ossigeno

Central Emergency Response Fund delle Nazioni Unite soffre una crisi di ossigeno

K metro 0 – Ginevra – Nel mondo si aggira un fantasma che ha le sembianze dei bambini morti di stenti, della desertificazione affamatrice che colpisce tanta parte dell’Africa subsahariana, della grande sete di milioni di milioni di donne e uomini nei continenti meno fortunati, delle mancate ricostruzioni. C’è una parte del pianeta che convive con

K metro 0 – Ginevra – Nel mondo si aggira un fantasma che ha le sembianze dei bambini morti di stenti, della desertificazione affamatrice che colpisce tanta parte dell’Africa subsahariana, della grande sete di milioni di milioni di donne e uomini nei continenti meno fortunati, delle mancate ricostruzioni. C’è una parte del pianeta che convive con questo fantasma senza riuscire a liberarsi della sua ingombrante presenza.

Dall’Africa alle Americhe fino all’Asia e al Medio Oriente. È un fantasma subdolo e silenzioso, non conquista le prime pagine dei giornali né i titoli dei Telegiornali. Eppure miete vittime. Da anni il CERF -Central Emergency Response Fund – delle Nazioni Unite – soffre una crisi di ossigeno che in questi ultimi mesi si è gravemente accentuata, nella gestione delle emergenze.

Le esigenze umanitarie sono ovunque in forte aumento, a causa dei conflitti emersi e sommersi, delle catastrofi naturali, della siccità, degli esodi di massa. Eppure le risorse a disposizione del Fondo sono in altrettanto forte contrazione. La ragione è da ricercare nel calo del sostegno dei donatori. Gli ultimi stanziamenti hanno riguardato il Mali, con undici milioni di dollari per la sicurezza alimentare e l’accoglienza di rifugiati. Lo stato del Sahel infatti, è stato letteralmente sommerso da profughi dal confinante Burkina Faso finito nella spirale di feroci scontri interetnici. Il Mali, pur essendo il terzo produttore  di oro del continente africano, si sta dibattendo in una crisi che da qui ad agosto rischia di fare decine di migliaia di vittime, ridotte alla fame ed aggredite da bisogni igienico-sanitari basilari. Gli undici milioni di dollari consentiranno di fronteggiare l’emergenza nutrizionale dei maliani, ma resterà poco spazio per soccorrere i rifugiati del Burkina Faso, in fuga dalle violenze e ammassati ai confini senza cibo, senza acqua, senza assistenza, senza un tetto. senza sicurezza. Gli undici milioni provengono da una voce di cento milioni di dollari destinati a sostenere le operazioni di aiuto, sinora scarsamente finanziate, in sette Paesi di Africa, Medio Oriente e Americhe. Una decisione presa dal coordinatore degli aiuti di emergenza delle Nazioni Unite, Martin Griffiths  e così giustificata : ” viviamo un momento di immense necessità e di sotto finanziamento cronico degli appelli umanitari”.

Il CERF viaggia a livelli bassissimi di finanziamento e l’impatto salvavita del Fondo sta affrontando una seria sfida di credibilità. Un portafoglio di risorse che andranno a sostegno delle popolazioni del Sudan, della Repubblica Democratica del Congo, della Siria, tutte afflitte da conflitti infiniti. Altri aiuti andranno al Ciad, al Niger, al Libano e all’Honduras. Nella speranza che non esploda qualche altra crisi che richieda assistenza immediata e protezione umanitaria. Altri spazi nelle maglie del bilancio del CERF non ci sono.

Il Fondo UN, che è uno strumento di risposta alle emergenze globali, istituito nel 2005 per consentire un’azione umanitaria tempestiva, vive un momento di grande incertezza nelle donazioni. Che da un anno all’altro tra il 2023 e il 2024 si sono ridotte quasi del 50 per cento, passando dai 450 milioni di dollari del 2023 ai 259 dell’anno in corso.

Tra i nove principali donatori, appare quest’anno la Carità del Qatar ed è scomparso il Canada, oltre alla Germania che l’anno precedente era stata il principale finanziatore. Si tratta – a parte gli Stati Uniti che fino al 2021 hanno finanziato per un terzo delle sue entrate, il Fondo – di Paesi dell’Europa Occidentale; e solo quest’anno ha fatto il suo ingresso l’ente di uno dei ricchi paesi del Golfo. Nessuna traccia di Russia, Cina, Giappone.

Tra i top ten anche l’Italia con 15 milioni, senza vincoli di destinazione.  Il mondo è in uno stato di emergenza ormai stabilizzata, tra l’esplosione di conflitti e l’irrompere della questione ambientale, e il sostegno agli aiuti sottofinanziati è un canale in via di esaurimento. Un fantasma che ha i connotati della beffa.

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Rossana Livolsi
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