K metro 0 – New Delhi – Dopo la battuta d’arresto del BJP (Bharatiya Janata Party) del premier Narendra Modi, nelle ultime elezioni indiane, il leader dell’opposizione, Rahul Gandhi, sventolando una copia della Costituzione ha dichiarato: ringraziato “tutti quelli che hanno partecipato a queste elezioni. Sono orgoglioso delle persone che hanno resistito all’assalto a questa
K metro 0 – New Delhi – Dopo la battuta d’arresto del BJP (Bharatiya Janata Party) del premier Narendra Modi, nelle ultime elezioni indiane, il leader dell’opposizione, Rahul Gandhi, sventolando una copia della Costituzione ha dichiarato: ringraziato “tutti quelli che hanno partecipato a queste elezioni. Sono orgoglioso delle persone che hanno resistito all’assalto a questa Costituzione (…) Sono i poveri e gli emarginati (…) i lavoratori, gli agricoltori, i dalit [gli oppressi, i fuori casta], e gli adivasi [indigeni] che hanno contribuito a salvarla”.
Nella lista delle persone ringraziate da Gandhi mancavano i 200 milioni di musulmani indiani, la più grande minoranza religiosa del paese (e la terza comunità islamica più grande del mondo), nonostante i musulmani abbiano votato in stragrande maggioranza per l’alleanza INDIA di Gandhi, che ha ottenuto 232 seggi alle elezioni per la Lok Sabha, la camera bassa del parlamento, a fronte dei 240 del BJP di Modi che, non raggiungendo da solo la maggioranza, ha dovuto dipendere, per la prima volta da quando è salito al potere nel 2014, dagli alleati per formare un governo.
L’omissione di Gandhi non è stata casuale. Rientrava in uno schema che spinge i partiti di opposizione a manifestare un’evidente riluttanza anche solo a menzionare i musulmani, temendo che i suprematisti indù del BJP li possano descrivere come filo-islamici, rendendoli invisi a gran parte della classe media indiana radicalizzata [prevalentemente indù]”.
Dopo la proclamazione dei risultati delle elezioni nazionali (che coinvolgono una massa di elettori superiore al 10% della popolazione mondiale) è calato anche il sipario su una campagna sempre più ostile verso i musulmani (vedi anche, www.kmetro0.it, Mario Baccianini, India: musulmani discriminati dalla nuova legge sulla cittadinanza, 13 marzo 2024).
Molti musulmani indiani, tuttavia, affermano di essersi sentiti delusi anche dai cosiddetti partiti di opposizione laici del paese.
Il BJP ha perso seggi mentre hanno guadagnato terreno i partiti di opposizione dichiaratamente laici. Ma il nuovo parlamento avrà uno dei numeri più bassi di deputati musulmani – 24 – dall’indipendenza.
Spesso le elezioni indiane vengono propagandate come una la più grande festa della democrazia, ha detto ad “Al Jazeera” Irfan Ahmed, docente di antropologia all’Università Ibn Haldun di Istanbul. Ma a chi si vede negare “giustizia e dignità” appaiono piuttosto come “il più grande circo del mondo”, in cui, dal 2014, i musulmani vengono esibiti come una minaccia da scongiurare”. E se il BJP la denuncia apertamente, gli altri partiti se ne stanno zitti. Nessuno “ha il coraggio di parlare delle violenze subite dai musulmani”.
Molti musulmani sono stati linciati con l’accusa di contrabbando di mucche e i loro raduni di preghiera in luoghi pubblici sono stati attaccati dalle guardie.
I governi di diversi stati amministrati dal BJP hanno promulgato leggi per prevenire i matrimoni interreligiosi. Nel 2020, a Nuova Delhi sono scoppiate rivolte in cui sono state uccise almeno 53 persone, la maggior parte musulmani. Il partito del Congresso e il suo alleato l’Aam Aadmi Party (AAP), che governa la città, non hanno chiesto giustizia per le vittime di quelle rivolte durante la campagna elettorale.
La riluttanza dei partiti di opposizione anche solo a pronunciare la parola “musulmano” è dovuta al fatto che il BJP ha creato la percezione che i partiti laici abbiano favorito la comunità minoritaria.
“I tuoi soldi duramente guadagnati dovrebbero essere dati agli infiltrati?”, ha chiesto Modi davanti a una folla nello stato del Rajasthan in aprile, quando il suo partito sosteneva – senza fondamento – che l’opposizione stesse progettando di sottrarre ricchezza alle caste indù non privilegiate per darle ai musulmani.
Il calo della rappresentanza musulmana
I partiti dell’alleanza INDIA (Indian National Developmental Inclusive Alliance) che raggruppa una quarantina di liste, hanno concesso meno posti ai candidati musulmani rispetto al 2019. In un momento in cui la rappresentanza musulmana in parlamento era già al minimo dall’indipendenza nel 1947.
Nel 2019 i partiti non appartenenti al BJP ne avevano concessi 115, mentre la neonata coalizione INDIA ha schierato solo 78 candidati musulmani quest’anno. Il Lok Sabha, la camera bassa, ha 543 seggi.
Nel Maharashtra, uno Stato con 10 milioni di musulmani, i partiti non appartenenti al BJP non hanno concesso un solo posto ai musulmani, mentre nell’ Uttar Pradesh, che ospita 40 milioni di musulmani, il principale partito di opposizione, Samajwadi Party (SP), ha schierato solo quattro musulmani, nonostante l’SP annoveri da tempo i musulmani tra i suoi principali elettori.
Il Bahujan Samaj Party, un partito pro-dalit (gli “intoccabili, i fuori casta) ha schierato 35 musulmani in tutta l’India, di cui 17 nell’Uttar Pradesh.
Nel Bihar, uno Stato con 20 milioni di musulmani, il Rashtriya Janata Dal, parte dell’alleanza INDIA, ha candidato due musulmani. Mentre in Kerala (con un quarto della popolazione musulmana), quattro dei 20 candidati del Partito Comunista dell’India (marxista) erano musulmani.
Il partito del Congresso Trinamool, che governa lo Stato del Bengala Occidentale nell’India orientale, ha schierato sei musulmani, di cui cinque nel Bengala Occidentale. Un terzo dei quasi 100 milioni di abitanti dello Stato sono musulmani.
Storicamente, la rappresentanza musulmana nel parlamento è stata bassa, ma è diminuita con l’ascesa del BJP negli anni ’90. Nel parlamento uscente i musulmani erano 27.
“Affrontare la questione della rappresentanza è un po’ complicato in un paese che ha uno dei più grandi gruppi di miliardari e allo stesso tempo ospita il maggior numero di poveri del mondo”, ha detto un professore di scienze politiche della Jamia Millia Islamia University di Nuova Delhi, che ha voluto rimanere anonimo.
“Ci sono gruppi economicamente e socialmente emarginati che competono per risorse limitate. Qualsiasi concessione a un gruppo incontra perciò la resistenza di altri gruppi sociali vulnerabili”, ha spiegato ad “Al Jazeera”.
“Il BJP ha sfruttato questa paura insinuando che il partito del Congresso stava progettando di togliere risorse alle caste indù non privilegiate per darle ai musulmani”.
Quest’anno il BJP ha schierato un solo candidato musulmano e nessuno dei 302 membri del parlamento uscente è musulmano.
Ma il portavoce del partito ha detto che BJP ha compiuto uno sforzo senza precedenti negli ultimi 10 anni per fornire assistenza sociale alle comunità minoritarie”. I partiti di opposizione cercano di non assegnare troppi posti ai musulmani per evitare un consolidamento degli elettori indù nei ranghi del BJP. E vedono i musulmani solo come elettori, non come leader.
Nel Bihar, anche il partito regionale Rashtriya Janata Dal ha cercato di cambiare la sua immagine filo-musulmana, coniando un nuovo slogan per espandere la sua base oltre i musulmani e gli Yadavs, un gruppo indù di casta non privilegiata. Il suo leader, Tejasvi Yadav, ha cercato di minimizzare il legame con i musulmani, sottolineando che il suo partito rappresenta tutti i giovani di uno degli Stati più poveri dell’India.
Anche il Partito del Congresso, che guida l’alleanza INDIA, ha evitato di usare la parola musulmano nel suo manifesto. Il suo obiettivo è stato l’equità sociale e la rappresentanza delle caste indù non privilegiate nel lavoro e in altre istituzioni governative.
Nel 2018, l’ex leader del partito Sonia Gandhi ha affermato che il Congresso doveva abbandonare l’idea che fosse un partito filo-musulmano. Nel suo manifesto, il partito non ha nemmeno menzionato l’abrogazione, da parte del governo Modi, dello status semiautonomo del Kashmir (a maggioranza islamica) amministrato dall’India nel 2019, e ha taciuto sugli attacchi contro i musulmani.
Nel Bengala Occidentale, il partito al potere Trinamool Congress ha promesso nel suo manifesto di abolire una legge sulla cittadinanza emanata nel 2019 e che secondo molti critici discrimina i musulmani. Il partito si è inoltre impegnato a non implementare un codice civile uniforme, come vuole invece il BJP, che porrebbe fine alle leggi personali che consentono ai musulmani e ad altre comunità di seguire i loro costumi e pratiche tradizionali in materia di eredità matrimoniale e di altre questioni civili. Tuttavia, il manifesto del partito non menziona la parola “musulmano”.
Gli analisti sostengono che la spinta maggioritaria indù del BJP ha fatto scomparire le questioni musulmane dal discorso pubblico.
Mohammad Reyaz, docente presso l’Università Aliah di Calcutta, ha spiegato che il silenzio dei cosiddetti partiti laici sui musulmani, sebbene deludente, non è sorprendente, in parte perché sapevano che la comunità islamica non avrebbe votato per il BJP in nessun caso.
“I musulmani continueranno a votare per i partiti laici, nonostante la loro emarginazione. Hanno poca scelta a disposizione” ha concluso Mohammad.
Secondo il professor Irfan, in definitiva, “la differenza tra Gandhi e Modi è solo tecnica. Entrambi sono a favore di una democrazia etnica populista anche se i rispettivi stili non sono identici”.