K metro 0 – Ulan Bator – La Mongolia, dove venerdì scorso si sono svolte le elezioni, in Asia rappresenta effettivamente un’anomalia geopolitica, tra ricchezza mineraria e sfide economiche e ambientali. Anzitutto, situata tra i colossi autoritari Cina e Russia, la Mongolia è il secondo Paese senza sbocco sul mare più grande del mondo, con una
K metro 0 – Ulan Bator – La Mongolia, dove venerdì scorso si sono svolte le elezioni, in Asia rappresenta effettivamente un’anomalia geopolitica, tra ricchezza mineraria e sfide economiche e ambientali.
Anzitutto, situata tra i colossi autoritari Cina e Russia, la Mongolia è il secondo Paese senza sbocco sul mare più grande del mondo, con una superficie pari a cinque volte quella dell’Italia e una popolazione di soli 3,4 milioni di abitanti (la densità abitativa, quindi, è bassissima).
Questa nazione, poi, è uno dei pochi esempi di democrazia consolidata nell’Asia centrale: area spesso caratterizzata, invece, da governi autoritari e instabilità politica. Cuore dell’impero di Gengis Khan nel XIII secolo, la Mongolia fu una provincia cinese tra il XVII secolo e il 1921, quando conquistò l’indipendenza. Il forte sostegno che l’Unione Sovietica aveva assicurato ai nazionalisti mongoli nella lotta indipendentistica rese tuttavia la neonata Repubblica uno Stato satellite dell’Urss: che sino al 1990 fu guidato dal Partito rivoluzionario del popolo mongolo, di matrice comunista. Col crollo dell’ Unione Sovietica, la Mongolia dal 1991 ha avviato una fase di transizione alla democrazia e all’economia di mercato, perseguendo nuove direttrici di politica estera. Per il Governo mongolo, però, resta fondamentale mantenere buone relazioni con ambedue i giganti vicini: se la Russia, infatti, rappresenta il principale fornitore di energia, la Cina costituisce invece un valido mercato d’esportazione (che assorbe il 91% dell’export di Ulan Bator).
Ricchezza mineraria
La Mongolia è ricca di minerali come rame, carbone, molibdeno, stagno, tungsteno e oro, nonché di terre rare. Queste risorse, sfruttate fin dai tempi in cui faceva parte dell’Unione Sovietica, sono cruciali per l’economia mongola, e rappresentano quasi un quarto del PIL. Dopo la Cina, altri partner commerciali della Mongolia sono Svizzera (4,3% dell’export mongolo) e Italia (al quinto posto con lo 0,6%).
Dal lato dell’import, sempre la Cina è al primo posto con il 40,2%, seguìta dalla Russia con il 26,4%. L’Italia si è collocata in decima posizione tra i Paesi fornitori della Mongolia nei primi tre trimestri del 2023, con una quota di mercato dello 0,8% e vendite in aumento dell’8,3% in termini di valori in dollari: registrando così un avanzo del saldo mercantile pari a 4,5 miliardi di dollari.
Agricoltura e allevamento
L’agricoltura e l’allevamento sono settori fondamentali per la vita rurale mongola, e contribuiscono all’11% del PIL. La cultura nomade è profondamente radicata nella società mongola, con pastori che costituiscono un terzo della popolazione e che dipendono dai pascoli per la sopravvivenza. Tuttavia, i cambiamenti climatici e le attività industriali hanno ridotto l’accesso ai pascoli, portando a proteste popolari contro la presunta corruzione nel settore minerario e le espropriazioni di terre da parte delle grandi aziende.
Sfide economiche e ambientali
Le previsioni di medio periodo restano improntate a un cauto ottimismo. Il tasso di crescita del PIL, secondo il FMI, è previsto al 4,5% nel 2024, trainato anzitutto dai miglioramenti registrati nella miniera di Oyu Tolgoi, uno dei maggiori depositi di rame e oro al mondo; nonché dal graduale miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro e dall’aumento dei consumi privati.
Il Paese, tuttavia, si trova ad affrontare problemi ambientali significativi, in gran parte derivanti dall’industria estrattiva. L’inquinamento causato dalle attività minerarie, infatti, ha contribuito a una frequenza maggiore di fenomeni atmosferici estremi chiamati “dzud,” (“disastro”, in mongolo). Gli impatti degli dzud sono gravi, rendendo la capitale Ulan Bator la città con l’aria peggiore al mondo. Il disastro di quest’anno, il sesto negli ultimi dieci anni e il peggiore finora, ha ucciso più di 7,1 milioni di animali. Migliaia di famiglie hanno perso oltre il 70% delle loro mandrie.
Evoluzione politica e possibile futuro
La transizione democratica della Mongolia, come dicevamo, ha avuto inizio nel 1992, con l’adozione di una nuova Costituzione dopo la caduta del regime comunista. Da allora, il Paese ha compiuto significativi progressi.
Alle elezioni generali del 2020, il Partito del Popolo Mongolo (PPM) ottenne una vittoria schiacciante, conquistando 62 dei 76 seggi del Parlamento (Grande Hural). Nel 2021, il candidato del PPM, Ukhnaa Khurelsukh, ha trionfato alle elezioni presidenziali, consolidando ulteriormente il potere del partito. Ma in queste ultime elezioni (che hanno portato a un ampliamento del Parlamento a 126 seggi, 50 in più rispetto al passato), il PPM ha vinto con un margine molto inferiore alle attese: il leader e Primo ministro uscente, Oyun-Erdene Luvsannamsrai, ha riferito che il partito ha preso il 54 per cento dei voti, ottenendo 68 seggi (ora la maggioranza in Parlamento è di 64), quindi una maggioranza molto risicata.
Il calo dei consensi del PPM, rilevano i media internazionali, deriva probabilmente da una serie di scandali legati allo sfruttamento delle risorse minerarie e ai presunti episodi di corruzione, che negli scorsi mesi avevano contribuito ad accrescere tra gli elettori la frustrazione nei confronti del governo. Secondo partito più votato è stato il Partito Democratico Mongolo (PDM), che aveva governato il Paese tra il 2009 e il 2017 e che ha ottenuto 42 seggi (nel 2020, furono 12). Si sono aperti, quindi, spazi per un dibattito politico più vivace.
In un contesto regionale complesso, la Mongolia continua a essere un faro di democrazia. Nonostante le difficoltà economiche e ambientali, il Paese ha dimostrato una notevole capacità di adattamento e resilienza. Con un sistema democratico solido e una popolazione attivamente coinvolta, la Mongolia affronta il futuro con determinazione, cercando di costruire un Paese prospero e sostenibile per le generazioni future.