K metro 0 – Bruxelles – La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, in visita a Cipro, ha dichiarato che un corridoio di aiuti marittimi per Gaza potrebbe essere aperto già da questo fine settimana. Ha detto che Gaza sta “affrontando una catastrofe umanitaria” e che il corridoio marittimo avrebbe permesso la consegna
K metro 0 – Bruxelles – La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, in visita a Cipro, ha dichiarato che un corridoio di aiuti marittimi per Gaza potrebbe essere aperto già da questo fine settimana.
Ha detto che Gaza sta “affrontando una catastrofe umanitaria” e che il corridoio marittimo avrebbe permesso la consegna di grandi quantità di aiuti aggiuntivi. La spedizione pilota di aiuti avverrà in coordinamento con gli Emirati Arabi Uniti e l’organizzazione umanitaria World Central Kitchen. Ne riferisce la BBC.
Il ministero degli Esteri israeliano ha risposto di accogliere con favore il corridoio marittimo e esortato altri Paesi ad aderirvi. Un portavoce ha però fatto sapere che gli aiuti saranno consegnati dopo i controlli di sicurezza effettuati “in conformità con gli standard israeliani”. Israele nega tuttavia di aver impedito l’ingresso degli aiuti a Gaza e accusa le organizzazioni umanitarie di non averli distribuiti.
Proprio ieri Biden ha dichiarato che l’esercito statunitense avrebbe costruito un molo temporaneo per trasportare i rifornimenti dalle navi in mare alla costa, ma i funzionari statunitensi hanno detto che ci vorranno “diverse settimane” per allestirlo.
L’operazione – che non prevede la presenza di truppe statunitensi a Gaza – consentirebbe alle grandi navi di consegnare cibo, acqua, medicine e rifugi temporanei. Le spedizioni iniziali arriverebbero sempre via Cipro, dove si svolgeranno le ispezioni di sicurezza israeliane.
Biden ha precisato che il molo consentirà una “differenza massiccia” nella quantità di aiuti che raggiungeranno Gaza, ma ha aggiunto che Israele deve “fare la sua parte” consentendo l’ingresso nel territorio di un maggior numero di aiuti e “garantire che gli operatori umanitari non vengano presi nel fuoco incrociato”. E aggiunto: “L’assistenza umanitaria non può essere una considerazione secondaria o una merce di scambio”.
Una dichiarazione congiunta della Commissione europea, di Cipro, degli Stati Uniti, del Regno Unito e degli Emirati Arabi Uniti ha però evidenziato che la gestione di un corridoio marittimo sarebbe “complessa” e che continueranno a fare pressione su Israele per espandere la consegna degli aiuti su strada, facilitando più percorsi e aprendo ulteriori valichi.
Sul tema si è pure espresso il ministro degli Esteri britannico David Cameron: “Continuiamo a sollecitare Israele a permettere l’ingresso di più camion a Gaza come modo più veloce per far arrivare gli aiuti a chi ne ha bisogno”.
I lanci aerei di cibo a Gaza non possono difatti soddisfare l’impennata di bisogni. Il nord di Gaza, infatti, al centro della prima fase dell’offensiva di terra israeliana, è stato in gran parte tagliato fuori dagli aiuti negli ultimi mesi. Si stima che 300.000 palestinesi vi vivano con poco cibo o acqua pulita.
I camion degli aiuti erano entrati nel sud di Gaza attraverso il valico di Rafah, controllato dall’Egitto, e quello di Keren Shalom, controllato da Israele. Ma la settimana scorsa più di 100 persone sono state uccise mentre cercavano di raggiungere un convoglio umanitario, in un clima di crescente disperazione. Per i palestinesi la maggior parte è stata colpita dalle truppe israeliane. Per l’esercito israeliano, che supervisionava le consegne di aiuti privati, la maggior parte è stata uccisa in una calca.
Ricordiamo che l’esercito israeliano ha lanciato una campagna aerea e terrestre a Gaza dopo gli attacchi di Hamas contro Israele del 7 ottobre, in cui circa 1.200 persone sono state uccise e altre 253 sono state prese in ostaggio. Da allora, più di 30.800 persone hanno perso la vita a Gaza, secondo il ministero della Sanità del territorio gestito da Hamas.
Secondo le Nazioni Unite, un quarto della popolazione di Gaza è sull’orlo della carestia e i bambini muoiono di fame. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) dichiara inoltre che le condizioni sono particolarmente gravi per le donne incinte e che allattano, il 95% delle quali si trova ad affrontare una “grave povertà alimentare”. La mancanza di cibo a Gaza ha gettato quasi tutti i suoi 2,2 milioni di abitanti in una “crisi o peggio”, aveva già riferito l’ONU a fine febbraio, segnando la “più alta percentuale di insicurezza alimentare acuta mai classificata”.