K metro 0 – Napoli – “Un suicidio in carcere ogni 54 ore – per 20 in totale in 45 giorni – con un’età media di 40,8 anni, dieci detenuti italiani e dieci stranieri, con le carceri della Campania a maggiore rischio (4 suicidi di cui 3 a Poggioreale): sono i dati più significativi che
K metro 0 – Napoli – “Un suicidio in carcere ogni 54 ore – per 20 in totale in 45 giorni – con un’età media di 40,8 anni, dieci detenuti italiani e dieci stranieri, con le carceri della Campania a maggiore rischio (4 suicidi di cui 3 a Poggioreale): sono i dati più significativi che certificano la peggiore emergenza di tutti i tempi per il nostro sistema penitenziario alla quale Ministero alla Giustizia, Amministrazione Penitenziaria, Parlamento e politica non sono in grado di dare risposte”. Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP. che ha fornito altri dati: subito dopo la Campania è il Veneto con 3 suicidi (di cui 2 a Verona); a seguire 2 suicidi nel Lazio, Liguria, Puglia e Marche dove bisogna aggiungere altri due morti (uno per malattia e un altro per cause da accertare). Tenuto conto che dal Ministero alla Giustizia si continua a ripetere che “bisogna studiare” il provvedimento anche se, finalmente, si è superata la convinzione originaria del Ministro Nordio della “inevitabilità” dei suicidi, che risale ad appena un mese fa, considerata una “problematica irrisolvibile” – aggiunge Di Giacomo – il sindacato di polizia penitenziaria, responsabilmente, si candida a superare i limiti manifestati sulla conoscenza di quella che è un’autentica strage. Per noi la prevenzione più efficace è aprire sportelli di aiuto psicologico in ogni carcere con un numero adeguato di psicologi e psichiatri. La media nazionale delle ore di presenza settimanale di psichiatri ogni 100 detenuti è di 8,9, quella degli psicologi di 13,5. Significa che, virtualmente, lo psichiatra dedica al singolo detenuto meno di 5 minuti alla settimana, mentre lo psicologo intorno agli 8 minuti settimanali. Non si può “giocare” con le vite umane dei detenuti e del personale penitenziario che continua ad essere oggetto di aggressioni e violenze– 1800 casi nel 2023 – con una situazione che è sfuggita completamente al controllo dello Stato. Uno Stato che non garantisce la vita delle persone che ha in custodia e quella dei suoi servitori non si può considerare uno Stato civile”.