K metro 0 – Madrid – L’economia spagnola cresce il doppio di quella dei partner dell’Unione monetaria, sia pur in un contesto di rallentamento dovuto anche ai nuovi rischi legati alla crisi del Mar Rosso. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha aumentato di un decimo di punto percentuale le previsioni di
K metro 0 – Madrid – L’economia spagnola cresce il doppio di quella dei partner dell’Unione monetaria, sia pur in un contesto di rallentamento dovuto anche ai nuovi rischi legati alla crisi del Mar Rosso.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha aumentato di un decimo di punto percentuale le previsioni di crescita per la Spagna per il 2024, portandole all’1,5%, e ha migliorato di quattro decimi quelle sull’inflazione, aggiornandole al 3,3%. Per il 2025, invece, l’aumento del Prodotto interno lordo rimane al 2%. Sia nel 2024 sia nel 2025, il Paese guidato da Pedro Sanchez sarà tuttavia quello con l’inflazione più alta della zona euro, secondo il rapporto di previsione pubblicato lunedì 5 febbraio. Ne riferisce Rtve.
In generale, l’Ocse ha stimato che il Pil dell’area dell’euro crescerà dello 0,6% quest’anno, aggiustamento al ribasso dovuto in parte alla Germania, la cui previsione prevede un calo di tre decimi di punto percentuale, scendendo allo 0,3%, e alla Francia, con due decimi di punto percentuale in meno, passando allo 0,6%. L’Italia rimane invece allo 0,7%.
È in atto dunque un rallentamento globale. L’ultimo rapporto di previsione dell’agenzia di cooperazione internazionale prevede che la crescita di tutte le economie scenderà al 2,9% nel 2024 dal 3,1% del 2023, per poi risalire al 3% nel 2025 con l’allentamento delle condizioni finanziarie e la ripresa dei mercati.
L’Ocse collega questa “moderazione” dello sviluppo all’inasprimento delle condizioni finanziarie relative al mercato del credito e a quello immobiliare. Per quanto riguarda il commercio mondiale, anch’esso “sottotono”, il rapporto avverte che gli attacchi alle navi nel Mar Rosso “hanno aumentato di gran lunga i costi di trasporto e allungato i tempi di consegna, interrompendo i programmi di produzione e aumentando le pressioni sui prezzi”.
L’anno scorso il Pil mondiale ha retto e l’inflazione è diminuita più velocemente del previsto. Tuttavia, i risultati per il 2023 sono stati molto diversi a seconda dei Paesi, con l’espansione del 2,5% negli Stati Uniti o la forte crescita dei mercati emergenti (Cina, India, Indonesia) che hanno compensato il rallentamento nella maggior parte dei Paesi europei.
Ora, la tendenza al rallentamento si riflette nelle previsioni per gli Stati Uniti e la Cina. Si stima dunque che la crescita annuale del Pil degli Stati Uniti continuerà a essere sostenuta dalla spesa delle famiglie e da un forte mercato del lavoro, ma si ridurrà al 2,1% nel 2024 e all’1,7% nel 2025. Per la Cina, l’Ocse prevede una frenata al 4,7% nel 2024 e al 4,2% nel 2025, nonostante ulteriori stimoli politici, a causa di una domanda dei consumatori contenuta, l’elevato indebitamento e la debolezza del mercato immobiliare.
Nell’area euro, la crescita del Pil salirà allo 0,6% nel 2024 e infine rimbalzerà all’1,3% nel 2025, secondo le stime dell’Ocse, che attribuisce il rallentamento dell’attività a breve termine alla contrazione del credito. “Con l’aumento dei redditi reali”, si legge, il ritmo aumenterà.
L’Ocse prevede in definitiva che l’inflazione tornerà all’obiettivo nella maggior parte dei Paesi del G20 entro la fine del 2025. Per quanto riguarda quella complessiva, ipotizza un calo dal 6,6% nel 2024 e al 3,8% nel 2025. Nel frattempo, l’inflazione di fondo nelle economie avanzate del G20 scenderebbe al 2,5% nel 2024 e al 2,1% nel 2025, anche se il rapporto ricorda che è troppo presto per essere certi che le pressioni di fondo sui prezzi siano “pienamente contenute”.
L’agenzia parigina consiglia cautela in materia di politica monetaria. “C’è spazio per abbassare i tassi man mano che l’inflazione diminuisce, ma la politica monetaria dovrebbe rimanere rigida nella maggior parte delle principali economie ancora per un po’”, aggiunge.
Tra i rischi a breve termine, l’Ocse segnala le elevate tensioni geopolitiche e, in particolare, il conflitto in Medio Oriente, che potrebbe perturbare i mercati dell’energia. Avverte inoltre che le pressioni sui prezzi dei servizi potrebbero finire per innescare il nervosismo dei mercati finanziari, che ora confidano in un allentamento della politica monetaria. Aggiunge: “la crescita potrebbe anche essere più debole del previsto se gli effetti persistenti dei precedenti aumenti dei tassi di interesse fossero più forti del previsto”.
Tra i dati sull’inflazione, si evidenzia il 250,6% previsto per l’Argentina quest’anno, con un calo al 64,7% nel 2025; e il 49,3% della Turchia, che scenderà anch’esso al 30,5% l’anno prossimo, secondo le previsioni. Infine, di fronte all’aumento del debito, l’Ocse invita i governi a compiere maggiori sforzi nel breve termine per contenere la crescita della spesa e auspica quadri fiscali a medio termine in grado di garantire la sostenibilità e di essere flessibili di fronte a shock futuri. Il rapporto chiede una maggiore cooperazione internazionale, con l’obiettivo di rilanciare il commercio globale, garantire un progresso meglio coordinato verso la decarbonizzazione e alleviare l’onere del debito dei Paesi a basso reddito.