K metro 0 – Washington – Il 5 novembre del 2024 gli Stati Uniti torneranno ad eleggere un nuovo presidente, quattro anni dopo l’insediamento di Joe Biden e le rivolte culminate con l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Le conseguenze delle proteste avvenute dopo le elezioni del 2020, sul piano legale, giudiziario e politico,
K metro 0 – Washington – Il 5 novembre del 2024 gli Stati Uniti torneranno ad eleggere un nuovo presidente, quattro anni dopo l’insediamento di Joe Biden e le rivolte culminate con l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Le conseguenze delle proteste avvenute dopo le elezioni del 2020, sul piano legale, giudiziario e politico, sono ancora ben visibili nel panorama Usa. Gli ultimi sondaggi danno ormai per scontato un nuovo confronto tra Biden e il suo predecessore, Donald Trump, nonostante i problemi legali di quest’ultimo, che ad oggi è accusato di oltre 90 capi di imputazione nel quadro di quattro incriminazioni differenti. Dal suo ruolo nelle rivolte del 6 gennaio alle violazioni della legge per il controspionaggio, legate ai documenti classificati trovati dalle agenzie federali nella sua residenza di Mar-a-lago, in Florida, fino ad arrivare alle accuse di interferenze elettorali in Georgia e alla falsificazione di documenti finanziari per i pagamenti inviati alla pornostar Stormy Daniels, con cui Trump ha avuto una relazione extraconiugale. Neanche il presidente attualmente in carica, tuttavia, è esente da critiche: Biden concluderebbe un nuovo mandato all’età di 86 anni, e alle sue frequenti gaffe si aggiungono anche le inchieste parlamentari che i repubblicani stanno portando avanti relativamente alle attività imprenditoriali del figlio Hunter, che potrebbero coinvolgere indirettamente anche l’anziano presidente.
Ciononostante, i due sembrano mantenere un vantaggio consolidato rispetto agli altri candidati che stanno attualmente correndo per la Casa Bianca. La media dei dati raccolti dal sito “FiveThirthyEight” relativamente alle primarie democratiche vede Biden in vantaggio schiacciante: 68,5 per cento, contro la scrittrice Marianne Williamson e Dean Phillips, deputato del Minnesota, entrambi sotto ai dieci punti, rispettivamente con il 6,7 e il 4,2 per cento. Una situazione analoga si può notare relativamente anche alle primarie repubblicane: la media dei sondaggi vede Trump al 62 per cento, con il secondo in classifica, il governatore della Florida Ron DeSantis, solamente all’11,9. La più affollata rosa dei candidati repubblicani si è progressivamente assottigliata nelle ultime settimane: l’ex vicepresidente Mike Pence, il senatore Tim Scott e il governatore della Dakota del Nord, Doug Burgum, hanno tutti annunciano la conclusione delle rispettive campagne elettorali. Oltre a Trump e DeSantis sono rimasti solo Nikki Haley, ex governatrice della Carolina del Sud ed ex ambasciatrice Usa all’Onu, con una media nei sondaggi del 10,8 per cento; l’imprenditore Vivek Ramaswamy, con il 4,1 per cento; e l’ex governatore del New Jersey, Chris Christie, con il 3,2 per cento.
A dispetto dei sondaggi, entrambi i candidati favoriti si trovano a fare i conti con una popolarità in calo: uno a causa dei problemi legati all’inflazione, alla crisi dei migranti in arrivo al confine con il Messico e alla gestione dei conflitti in corso in Ucraina e nella Striscia di Gaza, da molti ritenuta insoddisfacente; e l’altro a causa della sua proverbiale imprevedibilità e dei suoi problemi legali. Alle quattro cause penali, infatti, se ne aggiungono altre due civili: il processo per frode in corso a New York, con Trump che è stato organizzato di aver gonfiato illegalmente il valore degli asset gestiti dalla Trump Organization per ottenere prestiti e condizioni migliori per i finanziamenti chiesti alle banche; e la causa avviata dalla scrittrice E. Jean Carroll, che ha accusato l’ex presidente di averla aggredita sessualmente nel 1996 a New York e poi ha chiesto un nuovo processo per diffamazione. La popolarità di Biden ha registrato un calo considerevole rispetto a quando ha assunto la presidenza: ad oggi, in base alla media aggiornata dei sondaggi, il 55,1 per cento dei cittadini non è soddisfatto del lavoro della attuale amministrazione, contro il 39 per cento che ha espresso parere positivo. Si tratta di un capovolgimento rispetto al gennaio del 2021, quando il 53,1 per cento degli elettori guardava a Biden con fiducia, rispetto al 30,2 per cento rappresentato dai suoi critici. Analogamente, il 52,8 per cento dei cittadini ha espresso una opinione “sfavorevole” nei confronti di Trump, contro il 42,1 per cento che lo sostiene.
Con la campagna elettorale già nel vivo, il primo appuntamento del prossimo anno è rappresentato dalle primarie, durante le quali i democratici e i repubblicani in tutti gli Stati (oltre ai territori a sovranità Usa) selezionano il candidato del partito alle presidenziali. In base alle diverse normative, i singoli Stati possono selezionare il candidato avvalendosi di due modelli: le primarie e i caucus. Al termine di questo processo vengono selezionati i delegati che parteciperanno alle convention nazionali dei due partiti, durante le quali vengono annunciati i candidati ufficiali alla presidenza e alla vicepresidenza. I delegati sono assegnati ai candidati sulla base di consultazioni popolari che avvengono a livello statale. I due modelli hanno alcune differenze sostanziali. I caucus sono riunioni di natura informale tra i diversi candidati del partito, che presentano il proprio programma e durante i quali si può votare anche verbalmente o per alzata di mano. Le primarie, invece, si dividono in aperte e chiuse: alle prime possono votare solo i membri iscritti al partito che ha organizzato le elezioni, mentre alle seconde possono partecipare tutti i cittadini. Il ciclo delle primarie inizierà con il caucus repubblicano in Iowa, in programma per il 15 gennaio, al quale seguiranno le primarie democratiche e repubblicane in New Hampshire, il 25 dello stesso mese, e le primarie democratiche in Carolina del Sud e in Nevada, rispettivamente il 3 e il 6 febbraio.
Il punto decisivo si raggiungerà il 5 marzo, con il cosiddetto Super Tuesday, durante il quale si terranno le primarie e i caucus in più di 12 Stati. Si andrà poi avanti fino all’inizio di giugno, concludendo con le convention dei due partiti: quella dei repubblicani è in programma dal 15 al 18 luglio a Milwaukee, in Wisconsin, mentre la democratica si terrà a Chicago dal 19 al 22 agosto. La seconda fase consiste nella selezione dei grandi elettori, i delegati che andranno a comporre il collegio che si occuperà di nominare presidente e vicepresidente. Essi sono eletti su base statale e sono in tutto 538, pari alla somma dei senatori e dei deputati assegnati a ciascuno Stato. In aggiunta, il 5 novembre si terranno anche le elezioni politiche, cruciali per stabilire chi avrà il controllo del Congresso che si insedierà nel 2025. Ad oggi, i repubblicani controllano la Camera dei rappresentanti con 221 seggi contro i 213 dei democratici, mentre questi ultimi hanno una maggioranza risicata al Senato, con 51 seggi sui 100 totali. Una situazione che potrebbe capovolgersi al termine delle elezioni del prossimo novembre, quando saranno rinnovati tutti i 435 seggi alla Camera e 34 al Senato. La composizione del prossimo Congresso sarà cruciale per l’amministrazione Biden, dal momento che l’opposizione dei repubblicani ha finora bloccato diverse iniziative del governo federale, prima fra tutte l’approvazione del pacchetto da 110 miliardi di dollari chiesto dalla Casa Bianca per sbloccare fondi aggiuntivi da utilizzare per l’assistenza militare all’Ucraina, ad Israele e a Taiwan.