K metro 0 – Dubai – La 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in corso negli Emirati Arabi Uniti fino al 12 dicembre, si ferma oggi, giovedì 7 dicembre, per una breve pausa prima del secondo giro finale. In una settimana, negli Emirati Arabi Uniti sono già stati siglati diversi accordi e si
K metro 0 – Dubai – La 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in corso negli Emirati Arabi Uniti fino al 12 dicembre, si ferma oggi, giovedì 7 dicembre, per una breve pausa prima del secondo giro finale.
In una settimana, negli Emirati Arabi Uniti sono già stati siglati diversi accordi e si discute ancora sul tema del destino dei combustibili fossili. L’obiettivo è raggiungere un accordo finale che sarà firmato da 198 parti (197 Paesi + l’Unione europea). Ne ha riferito Franceinfo.
Le delegazioni presenti negli Emirati Arabi Uniti, si sono impegnate a livello finanziario per oltre 655 milioni di dollari, secondo un conteggio del Natural Resources Defense Council. Gli Emirati Arabi Uniti, la Germania, l’Italia e la Francia hanno promesso fino a 100 milioni di dollari o euro ciascuno. Gli Stati Uniti, invece, sono stati criticati per la debolezza del loro impegno (17,5 milioni di dollari, soggetti all’approvazione del Congresso americano). Tuttavia, questi importi sono solo un punto di partenza per testare i primi passi del fondo e sono ancora molto al di sotto dei 100 miliardi di dollari all’anno che alcuni Paesi in via di sviluppo – storicamente i meno responsabili del riscaldamento globale – hanno richiesto.
I nodi al pettine sono emersi sull’accordo finale sugli obiettivi di “riduzione” o addirittura “eliminazione” dei combustibili fossili. Entrambe le opzioni erano previste nella prima bozza dell’accordo. Ma se la prima non ha destato problemi, la seconda ha scatenato invece grandi proteste e una successiva smentita del presidente emiratino della COP28, Sultan al-Jaber. che è anche il capo della compagnia petrolifera emiratina Adnoc. “Nessuno studio scientifico, nessuno scenario, dice che uscire dai combustibili fossili ci permetterà di raggiungere 1,5°C” aveva così esordito. Ad aggravare le preoccupazioni di attivisti e scienziati, le ONG hanno anche riferito che alla COP28 era presente un numero record di 2.456 lobbisti del settore.
Almeno 118 Paesi – esclusi i grandi produttori e consumatori di idrocarburi come Russia, Iran e Cina – hanno comunque firmato un appello, ad esempio, a triplicare la capacità mondiale di energia rinnovabile installata e a raddoppiare il tasso annuale di miglioramento dell’efficienza energetica dal 2% al 4% entro il 2030
Una ventina di nazioni, tra cui Stati Uniti, Francia ed Emirati Arabi Uniti, hanno inoltre chiesto di triplicare la capacità energetica nucleare mondiale entro il 2050, rispetto al 2020. Diversi Paesi, tra cui Francia, Stati Uniti, Vietnam e Indonesia, hanno anche chiesto di accelerare l’eliminazione del carbone, il combustibile che genera ancora un terzo dell’elettricità mondiale.
Si è parlato anche di agricoltura: 134 parti (tra cui Stati Uniti, Unione Europea, Cina e Brasile) si sono impegnate a rendere prioritaria nei loro piani nazionali di lotta al cambiamento climatico; e di trasporto marittimo, per il quale cinque dei maggiori attori mondiali (oltre a Francia, Corea del Sud e Danimarca) vogliono promuovere l’adozione di “un solido quadro normativo” entro il 2027, per favorire la transizione ecologica del settore.
La COP28 è anche l’occasione per gli esperti di pubblicare studi sul riscaldamento globale, mettendo in guardia i partecipanti sull’urgente necessità di agire. Martedì scorso, il servizio europeo Copernicus ha previsto che il 2023 sarà l’anno più caldo mai registrato, dopo un novembre “straordinario”, che è diventato il sesto mese consecutivo da record. Il giorno precedente, l’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) ha dichiarato che il decennio 2010-2020 è stato di gran lunga il più caldo mai registrato, con una temperatura media globale di 1,1°C superiore a quella del periodo preindustriale (1850-1900).
I conflitti in corso nel mondo non sono stati dimenticati alla COP fin dall’inizio. In occasione della “foto di famiglia” dei capi di Stato il 1° dicembre, i leader di Lituania, Lettonia e Polonia si sono rifiutati di posare per la presenza del presidente bielorusso Alexander Lukashenko. “Sarebbe ipocrita stare fianco a fianco con il capo di un Paese che è diventato una base di retroguardia per l’aggressione della Russia all’Ucraina e discutere del futuro del mondo e del cambiamento climatico come se nulla fosse accaduto”, ha dichiarato il capo di Stato lituano, Gitanas Nauseda.