K metro 0 – Washington – Da Richard Nixon in poi, le amministrazioni statunitensi si sono cimentate nei vertici di Camp David e in altri tentativi di convincere i leader israeliani e palestinesi ad avviare colloqui per risolvere le controversie che sono alla base di 75 anni di tensioni in Medio Oriente. Joe Biden, invece,
K metro 0 – Washington – Da Richard Nixon in poi, le amministrazioni statunitensi si sono cimentate nei vertici di Camp David e in altri tentativi di convincere i leader israeliani e palestinesi ad avviare colloqui per risolvere le controversie che sono alla base di 75 anni di tensioni in Medio Oriente. Joe Biden, invece, non lo ha fatto.
Al contrario, i funzionari dell’amministrazione hanno delineato fin dall’inizio la politica di Biden di “diplomazia silenziosa”, auspicando miglioramenti più modesti delle libertà e delle condizioni di vita dei palestinesi sotto il governo integralista del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha incoraggiato gli insediamenti nella Cisgiordania occupata da Israele e che comprende partner di coalizione che si oppongono alla soluzione dei due Stati sostenuta dagli Stati Uniti.
L’approccio meno ambizioso è dunque in linea con la volontà di Biden di spostare difatti l’attenzione della sua politica estera dai punti caldi del Medio Oriente alla Cina. Ma i rischi a lungo termine di mettere da parte il conflitto israelo-palestinese sono tornati alla ribalta con l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre e il pesante bombardamento di Gaza da parte di Israele in risposta. I partner arabi infuriati degli Stati Uniti sottolineano l’incapacità dell’America di impegnarsi attivamente mentre la violenza israelo-palestinese torna al centro della scena.
La sanguinosa evasione dei militanti di Hamas da Gaza e l’escalation militare di Israele hanno causato migliaia di vittime civili in Israele e a Gaza, e spinto Biden a dispiegare gruppi d’assalto di portaerei nella regione incandescente.
Il fine settimana del 14- 15 ottobre, al Cairo, il Presidente egiziano Abdel Fattah el-Sissi è stato uno dei leader arabi ad avvertire il Segretario di Stato Antony Blinken, in affanno nelle capitali mediorientali per cercare di contenere la guerra tra Israele e Gaza che minaccia la stabilità dell’intero Medio Oriente.
Sissi, che teme l’offensiva militare israeliana spinga i 2,3 milioni di abitanti di Gaza ad attraversare il confine con l’Egitto, ha così dato la colpa alla quasi scomparsa di pressione internazionale sul governo di Netanyahu e sui palestinesi affinché tornino a negoziare. Ha poi citato “un accumulo di oltraggio e odio per più di 40 anni” e la mancanza di un “orizzonte per risolvere la causa palestinese; un orizzonte che dia speranza ai palestinesi” per uno Stato con capitale a Gerusalemme Est.
L’Arabia Saudita, nel frattempo, ha sottolineato che i leader arabi “sono ben consapevoli che questa situazione continuerà a esplodere. E potrebbero cavarsela questa volta, o la prossima, come hanno fatto in passato”, ha dichiarato ad Associated Press Yezid Sayigh, senior fellow presso il Malcolm H. Kerr Carnegie Middle East Center di Beirut, in Libano.
“Ma non è una posizione comoda in cui vivere all’infinito”, con cicli infiniti di guerre israeliane e palestinesi che minacciano la pace e le economie della regione, ha detto Sayigh, che ha accusato gli Stati Uniti di aver incoraggiato Netanyahu a pensare che non fosse necessario affrontare le preoccupazioni dei palestinesi.
A confermare che il conflitto israelo-palestinese non è una priorità per Biden, la telefonata di quest’ultimo al presidente palestinese Mahmoud Abbas, la metà di ottobre, la prima del leader americano da quando ha assunto l’incarico.
Fino al 7 ottobre, sembrava, infine, che Biden stesse poi per concludere un accordo di normalizzazione con l’Arabia Saudita, peso massimo della regione. Poi, la fuga di Hamas da Gaza ha mandato in frantumi quello che il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan aveva salutato come un periodo di calma in Medio Oriente.
Non è chiaro cosa accadrà ora alla spinta di normalizzazione di Biden. Nonostante i loro commenti infuriati e i vari gradi di sostegno popolare alla causa palestinese, i partner arabi dell’America sono pragmatici e, come gli Stati Uniti e Israele, avversari di Hamas e di altri gruppi sostenuti dall’Iran.
Inoltre, l’immediata e totale mobilitazione dell’amministrazione Biden in difesa di Israele dopo i massacri di Hamas del 7 ottobre potrebbe solo aumentare il desiderio del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman di stringere un’alleanza di sicurezza con gli Stati Uniti per il regno, secondo molti analisti.
Secondo i sostenitori, la mediazione di queste alleanze stabilizzerebbe il Medio Oriente di per sé, senza bisogno di un accordo di pace israelo-palestinese. Secondo i critici, “finché le questioni fondamentali rimangono irrisolte, ignorarle non le fa sparire”, ha concluso Yousef Munayyer, che dirige il programma Palestina-Israele presso l’Arab Center, un think tank di Washington.