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Cina, le ambizioni tecnologiche del Dragone per vincere la sfida digitale

K metro 0 – Pechino – Il dragone mostra i denti.  facendo di necessità virtù. Già da tempo aveva messo in campo la sua risposta alle misure di export-control americane per ostacolare lo sviluppo della sua industria dei semiconduttori. E adesso, per eludere il ban (divieto) alla vendita di prodotti di alta tecnologia emesso dagli

K metro 0 – Pechino – Il dragone mostra i denti.  facendo di necessità virtù. Già da tempo aveva messo in campo la sua risposta alle misure di export-control americane per ostacolare lo sviluppo della sua industria dei semiconduttori. E adesso, per eludere il ban (divieto) alla vendita di prodotti di alta tecnologia emesso dagli Usa, il colosso cinese delle comunicazioni, Huawei, avrebbe iniziato a produrre da sé i chip di ultimissima generazione. Impiantando due fabbriche ombra. E a breve ne allestirà altre tre, stando alle rivelazioni della SIA (Semiconductor Industry Association) l’ente che riunisce alcuni tra i maggiori produttori di chip con sede a Washington, riportate da Bloomberg e rilanciate dalla Reuters.  

Potrebbe fomentare nuove tensioni. Se infatti la denuncia della SIA trovasse riscontri saremmo di fronte a una nuova fase della battaglia digitale tra Cina e Stati Uniti. L’embargo alla vendita di prodotti ad alta tecnologia a carico delle aziende del Dragone, iniziato da Trump nel 2018, con l’imposizione di controlli sull’export verso due aziende tech cinesi – Zte, poi Huawei –  e confermato l’anno scorso da Biden con l’intensificazione delle sanzioni contro Pechino nel settore dei semiconduttori e dei chip elettronici, aveva sollevato critiche anche dalle aziende americane. E un tentativo di mediazione tra le due sponde del Pacifico era stato compiuto, tra gli altri, anche da Elon Musk e Bill Gates, avviando una sorta di diplomazia digitale.

Ma ora si apre la seconda fase di una guerra senza frontiere che si estende dall’hardware fino al software. Con i divieti e le restrizioni, in Occidente, a carico ad esempio di TikTok, il social cinese che, nonostante le polemiche e i bandi, continua a sedurre milioni di giovanissimi in tutto il mondo. I chip di ultima generazioni, che Huawei si accingerebbe a produrre avvalendosi di subappaltatori segreti, (aziende che acquistano chip e componenti elettronici all’estero, per conto del colosso cinese senza rivelare i loro legami con l’azienda) vengono utilizzati nella produzione di telefoni, tablet o telecamere di sorveglianza. Sono processori di nuova generazione, molto potenti e fondamentali per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa.

Pechino e le aziende cinesi stanno quindi investendo decine di miliardi di yuan (si calcola sui trenta miliardi di dollari) per sviluppare i propri chip e ridurre così la loro vulnerabilità alle sanzioni americane. Se Huawei sta costruendo impianti sotto il nome di altre aziende, può essere in grado di aggirare le restrizioni del governo statunitense per acquistare indirettamente attrezzature statunitensi per la produzione di chip. I macchinari in questione (nelle loro versioni più avanzate) assieme ai semiconduttori di ultima generazione e altri strumenti per fabbricarli, sono già soggetti a rigidi controlli di espoertazione  in seguito a una stretta crescente da parte dell’amministrazione Biden e degli alleati-chiave lunga la catena del valore.

Nell’ottica della competizione sistemica tra Usa e Cina, queste restrizioni incarnano l’intenzione di Washington e i suoi alleati di inibire lo sviluppo autonomo della potenza di calcolo cinese. Quello dei semiconduttori è un settore in cui si gioca una delle sfide geopolitiche del secolo. Oltre a essere fondamentale per lo sviluppo economico, l’accesso ai microchip più avanzati – leggi: potenza di calcolo, efficienza e rapidità – si traduce, come ha spiegato chiarmente Otto Lanzavecchia (“Così la Cina vuole vincere la guerra dei chip. Il rapporto Csis”, Formiche.net, 6.5.2023) in vantaggi strategici anche in campo militare e securitario. E nonostante quella dei chip sia una catena di approvvigionamento molto   complessa, il 90% di quelli migliori provengono per il momento da un solo luogo: Taiwan, il probabile epicentro del prossimo grande confronto globale, a giudicare dalla traiettoria sempre più assertiva della Cina.

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