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Israele, proteste per la democrazia, ma silenzio sull’occupazione delle terre dei palestinesi

Israele, proteste per la democrazia, ma silenzio sull’occupazione delle terre dei palestinesi

K metro 0 – Tel Aviv – Decine di migliaia di persone protestano da settimane in favore della difesa della democrazia in Israele. Ma il movimento pro-democrazia evita di inviare, tuttavia, un chiaro messaggio di opposizione al dominio militare a tempo indeterminato di Israele su milioni di palestinesi. Nelle proteste furiose è dunque mancato qualsiasi

K metro 0 – Tel Aviv – Decine di migliaia di persone protestano da settimane in favore della difesa della democrazia in Israele. Ma il movimento pro-democrazia evita di inviare, tuttavia, un chiaro messaggio di opposizione al dominio militare a tempo indeterminato di Israele su milioni di palestinesi.

Nelle proteste furiose è dunque mancato qualsiasi riferimento significativo all’occupazione israeliana, in corso da 56 anni, delle terre che i palestinesi cercano per il loro futuro Stato. Un piccolo contingente di attivisti che sventolano bandiere palestinesi ha partecipato, ma rimane per lo più ai margini. I cittadini palestinesi di Israele, che rappresentano un quinto della popolazione, si sono pertanto astenuti dalle proteste anche perché le manifestazioni ignorano l’occupazione.

I manifestanti stanno dimostrando contro la volontà del governo del primo ministro Benjamin Netanyahu di indebolire il sistema giudiziario, limitando il controllo giudiziario sulle decisioni ufficiali e sulla legislazione. Il governo di Netanyahu, composto da partiti ultranazionalisti e ultrareligiosi con stretti legami con il movimento dei coloni della Cisgiordania, afferma che la revisione restituirà il potere ai legislatori eletti e metterà fine a quello che, a suo dire, è un sistema giudiziario troppo interventista.

I critici vedono la spinta legislativa, soprattutto perché guidata dai partiti religiosi di estrema destra e conservatori, come un attacco ai fondamenti democratici di Israele e al suo debole sistema di controlli e contrappesi. A detta di essi, inoltre, la legge aprirà le porte a gravi violazioni delle libertà personali e dei diritti delle donne, della comunità LGBTQ+ e delle minoranze, che porteranno Israele sulla strada dell’autocrazia.

I manifestanti provengono da un’ampia fascia della società israeliana. Intonano “democrazia o ribellione!”, portano cartelli con scritto “Israele rimarrà una democrazia” e hanno srotolato una copia gigante della dichiarazione di indipendenza del Paese, che funge da carta dei diritti non ufficiale, in occasione di vari eventi. Ne riferisce ampiamente Associated Press.

“La protesta è contro la riduzione dello spazio democratico per gli ebrei. La maggior parte di essi in Israele non ha problemi se il Paese applica un regime di apartheid in Cisgiordania”, ha dichiarato Dror Etkes, un attivista veterano contro l’occupazione.

Israele ha conquistato la Cisgiordania, Gerusalemme est e la Striscia di Gaza, territori che i palestinesi cercano per il loro sperato stato indipendente, nella guerra del 1967. Israele si è ritirato dalla Striscia di Gaza nel 2005 e, insieme all’Egitto, applica un blocco sul territorio. Più di 700.000 coloni vivono oggi in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

I palestinesi in Cisgiordania vivono sotto un’autonomia limitata, ma Israele controlla parti importanti della loro vita, compresi gli spostamenti e i viaggi, i permessi di costruzione in alcune aree e parti significative dell’economia. L’esercito israeliano prende frequentemente di mira le aree palestinesi nel tentativo, a suo dire, di contrastare la militanza.

In Cisgiordania vige anche un sistema giuridico a due livelli, in cui gran parte della legge israeliana si applica ai coloni ebrei e i palestinesi sono soggetti alla legge militare israeliana. I palestinesi non possono votare alle elezioni israeliane. La loro stessa leadership, istituita come parte degli accordi di pace ad interim negli anni ’90, ha ripetutamente ritardato le elezioni palestinesi.

Sebbene i palestinesi di Gerusalemme est siano residenti in Israele e abbiano accesso ad alcuni benefici sociali, devono affrontare una diffusa discriminazione. Possono richiedere la cittadinanza, ma molti scelgono di non farlo, per motivi ideologici o perché il processo è troppo burocratico.

Le proteste hanno anche coinciso con un’impennata degli scontri israelo-palestinesi, durante i quali i coloni radicali hanno attaccato le città palestinesi, in particolare Hawara, incendiando auto e case con una misera risposta delle forze di sicurezza israeliane.

I palestinesi rimangono dunque scettici. Shawan Jabarin, responsabile del gruppo per i diritti dei palestinesi Al-Haq, ha detto di considerare le proteste una lotta interna israeliana per mantenere uno status quo che non ha fatto altro che consolidare l’occupazione. “Di quale democrazia state parlando?”, ha aggiunto “La democrazia non va di pari passo con l’occupazione”.

Infine, l’Autorità Palestinese si è impegnata a continuare la sua offensiva legale e diplomatica contro Israele sulla scena internazionale dopo che un incontro con una delegazione statunitense di alto livello a Ramallah non ha prodotto alcun risultato. Il vice assistente del Segretario di Stato per gli Affari israelo-palestinesi Andrew Miller ha guidato la delegazione che ha avuto colloqui ieri con il Segretario generale del Comitato esecutivo dell’OLP Hussein al-Sheikh e altri funzionari dell’Autorità palestinese.

Non si registra, tuttavia, alcun cambiamento reale nella posizione dell’amministrazione statunitense nei confronti degli ultimi sviluppi del conflitto israelo-palestinese, secondo quanto dichiarato dai funzionari palestinesi dopo la visita e riferito dal Jerusalem Post.

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