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Niger, intervento Francia, “paragonato a una dichiarazione di guerra al Burkina Faso e al Mali”

Niger, intervento Francia, “paragonato a una dichiarazione di guerra al Burkina Faso e al Mali”

K metro 0 – Africa – Ogni intervento in Niger sarebbe paragonato “ad una dichiarazione di guerra”. Così recita il comunicato congiunto emesso dalle giunte di Burkina Faso e Mali e indirizzato alla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao). Secondo il comunicato, un intervento in Niger “sarebbe paragonato a una dichiarazione di guerra al

K metro 0 – Africa – Ogni intervento in Niger sarebbe paragonato “ad una dichiarazione di guerra”. Così recita il comunicato congiunto emesso dalle giunte di Burkina Faso e Mali e indirizzato alla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao). Secondo il comunicato, un intervento in Niger “sarebbe paragonato a una dichiarazione di guerra al Burkina Faso e al Mali”, riporta l’agenzia Nova.

Resta, infatti, incerta la situazione in Niger dopo il colpo di Stato che la scorsa settimana portato all’estromissione del presidente Mohamed Bazoum e alla salita al potere di una giunta militare guidata dal generale Abdourahamane Tchiani. Mentre si moltiplicano le condanne da parte della comunità internazionale, i leader regionali – riuniti domenica 30 luglio ad Abuja per un vertice straordinario della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) – hanno imposto sanzioni immediate alla giunta golpista, arrivando a minacciare l’uso della forza in caso di mancato ripristino dell’ordine costituzionale. Una simile posizione potrebbe essere assunta dalla Francia, sempre più preoccupata per l’evolversi degli eventi in un Paese ritenuto strategico da Parigi sia per la massiccia presenza militare sia – e soprattutto – per le riserve di uranio presenti in Niger, da cui dipende buona parte del fabbisogno energetico francese. Una preoccupazione resa ancor più acuta dalle manifestazioni di massa che si sono tenute nella capitale Niamey a sostegno della giunta, in cui si sono viste sventolare bandiere della Russia ed è stata presa d’assalto anche l’ambasciata francese. L’attacco ha suscitato la pronta reazione di Parigi, con l’Eliseo che ha fatto sapere che “non tollererà alcun attacco contro la Francia e i suoi interessi”.

Alla luce di quanto sta avvenendo, e vista l’importanza strategica che il Niger riveste per la sua politica estera, l’eventualità di un intervento militare da parte della Francia non può essere scartata. Ieri è stato lo stesso presidente Emmanuel Macron ad usare parole molto dure, come forse mai avvenuto in passato, avvertendo che “non tollererà alcun attacco contro la Francia e i suoi interessi” in Niger. “Chiunque attacchi i cittadini francesi, l’esercito, i diplomatici e la sedi francesi vedrà la Francia reagire in modo immediato e inflessibile”, ha fatto sapere l’Eliseo in una nota. Un possibile intervento francese è stato paventato anche dalla stessa giunta militare di Niamey, che questa mattina ha accusato la Francia di voler cercare “modi e mezzi per intervenire militarmente in Niger”. In un comunicato letto in diretta dal colonnello maggiore Amadou Abdramane, portavoce del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp), la giunta ha denunciato il fatto che sarebbe avvenuto un incontro tra i soldati francesi, l’ex ministro delle Finanze, Hassoumi Massaoudou, e l’ex capo della Guardia nazionale del Niger, Midou Guirey, per firmare un documento che autorizzi la Francia a compiere attacchi contro il palazzo presidenziale. Secondo fonti citate da “Tchad One”, inoltre, Guirey sarebbe stato arrestato dalle autorità golpiste, così come altri quattro ministri del governo deposto e il capo del Partito nigerino per la democrazia e il socialismo (Pnds) di Bazoum: si tratta del ministro del Petrolio Mahamane Sani Mahamadou, figlio dell’influente ex presidente Mahamadou Issoufou, e quello delle Miniere Ousseini Hadizatou. In manette, parimenti, è finito il capo del comitato esecutivo nazionale del partito, Fourmakoye Gado. In precedenza erano stati arrestati anche il ministro dell’Interno Hama Amadou Souley, quello dei Trasporti Oumarou Malam Alma e l’ex ministro della Difesa Kalla Moutari, attualmente membro del parlamento.

L’impressione è che, a differenza di quanto accaduto negli ultimi tre anni con i colpi di Stato in Mali, Guinea e Burkina Faso, questa volta la Francia difficilmente potrà tollerare la perdita d’influenza in quello che da anni era il suo principale alleato nel Sahel, nonché l’ultimo bastione “democratico” in una regione ormai quasi interamente formata da Paesi guidati da giunte militari golpiste riconducibili all’orbita russa. È al Niger che la Francia, l’Unione europea e i suoi alleati occidentali – in primis gli Stati Uniti – si erano finora aggrappati per non vedersi definitivamente estromessi nel Sahel a scapito della Russia. Ed è in Niger che Parigi ha ricollocato i circa 2.400 militari della missione francese Barkhane precedentemente stanziati in Mali, come voluto dal presidente Emmanuel Macron in seguito all’escalation delle tensioni tra Bamako e Parigi. Stessa sorte è toccata ai militari della task force europea Takuba (cui l’Italia contribuiva con circa 200 uomini), ora riposizionati al fianco delle forze armate del Niger alla frontiera con il Mali, in seguito alla chiusura delle basi militari maliane di Gossi, Menaka e Gao. Un eventuale scivolamento del Niger in orbita russa sancirebbe dunque la definitiva estromissione francese ed europea dal Sahel, con conseguenze che andrebbero ben oltre la dimensione militare. Con due miniere di uranio – quelle di Acuta e di Arlit – gestite entrambe dalla controllata nigerina della società francese Orano, il Niger è infatti il primo fornitore di uranio dell’Ue, assicurando il 24 per cento del fabbisogno comunitario.

Nel frattempo sono entrate nel vivo le trattative diplomatiche per cercare di mediare nella crisi. Il presidente del Ciad, Mahamat Idriss Déby Itno, altro alleato della Francia nel Sahel, ha effettuato ieri una visita di qualche ora a Niamey per trovare una soluzione negoziata. All’opera anche l’ex presidente nigerino Mahamadou Issoufou, al potere per due mandati dal 2011 al 2021. “A Niamey ho avuto colloqui approfonditi con i leader del Cnsp, in particolare con il generale Abdourahamane Tchiani, con il presidente Mohamed Bazoum e con l’ex presidente Mahamadou Issoufou, in un approccio fraterno che mira a esplorare tutte le strade per trovare una soluzione pacifica alla crisi che sta scuotendo questo Paese vicino”, ha scritto Deby su Twitter, pubblicando una foto che lo ritrae seduto accanto ad un sorridente Bazoum, che appare in buone condizioni. Il lavoro diplomatico prosegue intanto a livello regionale. Mentre a Niamey andavano in scena partecipate proteste in cui i manifestanti hanno sventolato bandiere della Russia e hanno preso d’assalto anche l’ambasciata francese, i leader della Cedeao si riunivano ad Abuja per un vertice straordinario convocato dal presidente nigeriano Bola Tinubu. Nel comunicato congiunto diffuso al termine del vertice, i leader regionali hanno concesso un ultimatum alla giunta militare, imponendo sanzioni immediate e minacciando l’uso della forza.

Alla giunta nigerina, si legge nel comunicato, è stato inoltre chiesto di rilasciare immediatamente il presidente eletto democraticamente, Mohamed Bazoum, ed è stata concessa una settimana di tempo per cedere il potere. In caso contrario saranno prese le misure necessarie, che potranno includere l’impiego della forza. Sono state annunciate con effetto immediato la chiusura delle frontiere aeree e terrestri dei Paesi membri e l’interdizione di sorvolo degli aerei commerciali provenienti dal Niger o diretti in Niger. Sono state sospese, anch’esse con effetto immediato, tutte le transazioni commerciali e finanziarie tra gli Stati membri e il Niger, e congelate tutte le risorse statali nigerine nelle banche centrali dei Paesi Cedeao, così come gli asset delle imprese statali nelle banche commerciali. Tra le misure c’è anche il divieto di ingresso e il congelamento dei beni per i militari nigerini coinvolti nel colpo di Stato, per i loro familiari e per i civili che accettano di assumere incarichi nel governo militare.

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