K metro 0 – Atene – Nuove rivelazioni della BBC gettano ulteriori dubbi sulla versione della guardia costiera greca circa il naufragio di una barca di migranti nel Mar Egeo, al largo di Pylos, un mese fa. Due testimoni sopravvissuti hanno denunciato le sue responsabilità nella tragedia, costata la vita, a più di 600 persone (di
K metro 0 – Atene – Nuove rivelazioni della BBC gettano ulteriori dubbi sulla versione della guardia costiera greca circa il naufragio di una barca di migranti nel Mar Egeo, al largo di Pylos, un mese fa. Due testimoni sopravvissuti hanno denunciato le sue responsabilità nella tragedia, costata la vita, a più di 600 persone (di cui 300 pakistani), rivelando le pressioni esercitate su di loro per identificare nove egiziani a bordo come trafficanti.
Il resoconto della Guardia Costiera greca è smentito anche da un nuovo video del peschereccio sovraffollato che naufraga nelle acque del Peloponneso. È stato girato dalla stessa Guardia Costiera quando affermava che la barca non aveva bisogno di soccorsi.
Il resoconto ufficiale della guardia costiera greca era già stato contestato in un report della BBC. Ma ora sono emerse, da documenti del tribunale, gravi discrepanze tra le dichiarazioni di alcuni sopravvissuti raccolte dalla Guardia Costiera e quelle rese davanti ai giudici nel processo penale in corso che non combaciano con quelle redatte dalla Guardia Costiera greca.
Secondo la prima versione ufficiale delle autorità greche, il peschereccio si è ribaltato accidentalmente a causa dei bruschi movimenti a bordo da parte dei passeggeri. Ma in realtà, gli stessi sopravvissuti hanno fornito al giudice una versione diversa.
Le rivelazioni sollevano nuove domande su come le autorità greche affrontano questi disastri. Ma sia la guardia costiera greca che il governo di Atene non hanno commentato e hanno rifiutato le richieste di interviste della BBC.
Subito dopo il naufragio del 14 giugno, nove egiziani sono stati arrestati e accusati di omicidio colposo e traffico di esseri umani.
Ma due sopravvissuti affermano che i migranti sono stati messi a tacere e intimiditi dalle autorità greche, dopo che avevano insinuato responsabilità della Guardia Costiera nella tragedia.
I due superstiti hanno confermato le accuse avanzate in quest’ultimo mese secondo cui la Guardia Costiera avrebbe utilizzato una fune per trainare il peschereccio, facendolo affondare.
“La nave greca ha gettato una corda che è stata legata alla nostra prua – ha spiegato Abdul Rahman Alhaz, 24 anni, palestinese che è riuscito a salvarsi – e dopo hanno iniziato a muoversi e a tirare, per poco più di due minuti”.
La corda era stata attaccata alla parte destra dell’imbarcazione. Così tutti migranti a bordo si sono spostati sulla destra per riequilibrarla. La nave greca si è poi allontanata rapidamente causando il capovolgimento del peschereccio, continuando a trascinarlo per una certa distanza.
Da Atene le autorità avevano dichiarato che i naufraghi avevano più volte rifiutato il loro intervento perché volevano proseguire verso l’Italia. Ma diverse testimonianze dei naufraghi smentiscono questa versione.
Una volta a terra, nel porto di Kalamata, i 104 naufraghi sono stati confinati in un complesso recintato. E approfittando di questa loro mobilità limitata e scarso accesso alle comunicazioni, le autorità greche hanno imposto il silenzio ai sopravvissuti, non appena, durante l’interrogatorio, avanzavano il sospetto che la guardia costiera greca fosse la causa del naufragio. Anche il quotidiano spagnolo El Pais aveva già accusato le autorità greche di “imporre il silenzio” ai sopravvissuti.
Per un posto sulla barca, i due testimoni sopravvissuti avevano pagato 4.500 dollari. Le Nazioni Unite stimano che circa 600 persone abbiano perso la vita nel naufragio. Secondo le autorità greche i nove egiziani accusati di essere membri dell’equipaggio del peschereccio e trafficanti di esseri umani, sono imputati di omicidio colposo, naufragio e partecipazione a un’organizzazione criminale. Ma tutti e nove hanno negato le accuse in tribunale affermando di essere essi stessi naufraghi. Rischiano l’ergastolo se giudicati colpevoli.
I due sopravvissuti, intervistati dalla BBC, sostengono che sono stati imprigionati e accusati ingiustamente dalle autorità greche di aver tentato di coprire il loro crimine.
La storia si ripete. Un caso analogo era accaduto l’anno scorso in seguito al naufragio di una barca di migranti (iraniani e afghani) proveniente dalla Turchia. Anche in quel caso, due superstiti iraniani vennero accusati, dalla Guardia Costiera Greca, di traffico di esseri umani, come ha riferito alla BBC Farzi Khavand, un cittadino britannico che parla farsi e vive nella zona di Kalamata da 20 anni. Khavand ha fatto da interprete durante l’interrogatorio dei 32 superstiti rimasti in mare otto giorni prima di essere soccorsi. Il motore della loro barca era esploso durante il tragitto dalla Turchia. Le persone a bordo si erano alternate per cercare di portare in salvo l’imbarcazione, compresi i due iraniani accusati dalla Guardia Costiera greca, che avevano pagato per essere a bordo come tutti gli altri e avevano ripetuto all’interprete che non avevano mai nemmeno visto un mare prima di partire per la Turchia. “Non sappiamo niente della barca. Non sappiamo nemmeno nuotare”, avevano dichiarato a Khavand, che aveva poi trasmesso i loro resoconti alla Guardia Costiera, esattamente come gli era stato detto. Ma quando ha visto le trascrizioni, la testimonianza degli afghani era cambiata. Teme che abbiano alterato le loro storie dopo le pressioni delle autorità greche.
Chrysanthi Kaouni, un’ avvocata di Kalamata, afferma di aver visto altri inquietanti procedimenti penali avviati contro presunti trafficanti di persone. “Le mie preoccupazioni riguardano le traduzioni, il modo in cui vengono raccolte le prove e – in seguito – la capacità degli imputati di contestare queste prove”, ha affermato.
A suo giudizio, non ci sono sufficienti garanzie secondo il diritto internazionale, e alla fine non è certo che giustizia sia fatta.