K metro 0 – Nova – Roma – Mantenere un dialogo aperto, trasparente e regolare con le confessioni religiose e con i governi, fondato sul riconoscimento della loro identità e del loro contributo specifico. È questo l’obiettivo del Forum sulla libertà religiosa, nato su iniziativa dell’inviato speciale del ministero degli Esteri per la promozione della
K metro 0 – Nova – Roma – Mantenere un dialogo aperto, trasparente e regolare con le confessioni religiose e con i governi, fondato sul riconoscimento della loro identità e del loro contributo specifico. È questo l’obiettivo del Forum sulla libertà religiosa, nato su iniziativa dell’inviato speciale del ministero degli Esteri per la promozione della libertà religiosa e per la tutela delle minoranze religiose, Davide Dionisi. La prima conferenza nell’ambito del Forum, tenuta oggi presso Palazzo Chigi, è stata incentrata sul Pakistan e sulla condizione della comunità cristiana nel Paese. In apertura dei lavori è stato trasmesso un messaggio del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha definito una “priorità strategica” dell’Italia “l’impegno a favorire le condizioni all’esercizio dei diritti umani e delle loro libertà fondamentali”. La decisione di nominare un inviato speciale per la promozione della libertà religiosa e per la tutela delle minoranze religiose “indica chiaramente che il governo italiano e, nello specifico, il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, intende impegnarsi direttamente nella difesa e nel rispetto della libertà religiosa, che da sempre considera un’esigenza inalienabile della dignità di ogni uomo”, ha detto Tajani.
“Ogni attentato al libero convincimento religioso, ovunque e comunque perpetrato, è negazione della democrazia ed offesa alla libertà del pensiero, alla dignità di ogni popolo e di ciascun essere umano”, ha evidenziato il ministro. “Purtroppo – ha aggiunto – continuiamo a registrare la sofferenza di decine di milioni di uomini e di donne che si trovano nell’impossibilità di vivere secondo le proprie tradizioni religiose. Per questo auspico una migliore e mutua conoscenza con quei Paesi dove esistono problemi di questa levatura, perché sono convinto che un confronto franco e aperto permetta una più precisa comprensione di quello che, ritengo essere, il primo dei diritti umani”. Il titolare della Farnesina ha indicato nella libertà religiosa “una condizione e un mezzo privilegiato per il raggiungimento della pace, per la pacifica convivenza e per l’unità tra i popoli”, evidenziando come lo Stato “non possa arrogarsi il diritto di imporre o di impedire la professione o la pratica pubblica” dei culti.
Le sue parole hanno trovato seguito negli interventi del deputato Paolo Formentini e della senatrice Stefania Pucciarelli, che hanno ribadito l’attenzione prestata dall’Italia alla promozione della libertà religiosa a livello globale. Formentini ha ricordato l’istituzione del Fondo sui cristiani perseguitati, un’iniziativa “dall’iter complesso” ma che oggi è pienamente operativa e che trova applicazione in 21 Paesi. Pucciarelli, da parte sua, ha insistito sull’importanza di “avere molti momenti di confronto” come quello offerto dalla conferenza, oltre che sul ruolo della diplomazia per promuovere il rispetto dei diritti umani, con particolare riferimento al Pakistan. L’importanza di incentivare la conoscenza e il rispetto tra i praticanti di diverse fedi è stata sottolineata anche dal coordinatore della Farnesina per il dialogo interreligioso, Andrea Benzo, il quale ha invitato a una riflessione sul “preoccupante deterioramento dei livelli di libertà religiosa a livello globale”.
Il direttore della sezione italiana dell’organizzazione cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre, Alessandro Monteduro, ha evidenziato la vastità del problema della discriminazione religiosa, che interessa 61 Paesi e tra le nazioni più popolose al mondo: Cina, India, Nigeria e Bangladesh. In riferimento al Pakistan, Monteduro ha rilevato “forme discriminatorie” nei confronti delle minoranze religiose “poco accettabili e comprensibili”, che hanno origine dallo specifico assetto normativo del Paese, nonché dalla strumentalizzazione di tale impianto da parte dei gruppi estremisti. A tal proposito è stata citata l’applicazione della Legge sulla blasfemia, in nome della quale non sono state eseguite condanne a morte per via giudiziale ma molte per via extra-giudiziale.
Benché il Pakistan sia “nato come luogo di convivenza tra le minoranze, che desideravano sottrarsi al dominio della maggioranza induista”, Valeria Martano, della Comunità di Sant’Egidio, ha rilevato una forte discriminazione subita dai cristiani. L’emarginazione origina dalla differenza religiosa ma anche da “una condizione di svantaggio socio-economico molto evidente”, ha spiegato, notando inoltre come la comunità cristiana sia uno dei “gruppi con il più basso tasso di scolarizzazione” in Pakistan. “Diverse fonti concordano nell’affermare che solo il 25 per cento della minoranza cristiana, quindi circa 500 mila persone, ha ricevuto l’istruzione di base, mentre il restante 75 per cento non è scolarizzato”. Dal momento che la “povertà educativa si traduce nell’impossibilità ad accedere a lavori di livello medio-alto”, è dunque importante “restituire dignità ai cristiani attraverso l’accesso ai livelli alti dell’istruzione”, ha spiegato Martano.
Proprio questo è stato uno degli obiettivi primari della Comunità di Sant’Egidio, che ha promosso programmi d’intervento incentrati su tre direttrici: promozione dell’istruzione superiore, educazione alla pace e alla convivenza religiosa e promozione del dialogo interreligioso a livello di comunità e di leader. A tal proposito, sono stati ricordati i risultati raggiunti dal programma “Diritto alla scuola, diritto al futuro”, avviato da Sant’Egidio nel 2014 con il sostegno della Conferenza episcopale italiana (Cei). Tramite accordi con undici istituti di istruzione superiore in tre importanti diocesi (Lahore, Islamabad e Karachi) è stato promosso l’accesso a livelli elevati d’istruzione a oltre 500 giovani cristiani, economicamente e socialmente svantaggiati. Il 50 per cento era costituito da donne.
Una riflessione sui legami tra la discriminazione religiosa e le questioni di genere è stata sollevata da Daniela Canclini, esponente del comitato scientifico della cattedra sull’evangelizzazione e diritti umani della Pontificia Università Urbaniana. “In Pakistan, quattro donne cristiane su dieci ammettono di avere subito una qualche forma di discriminazione religiosa”, ha affermato Canclini, secondo cui “più di un terzo delle donne cristiane in Pakistan considera la propria religione come un rischio fisico e un’aggravante della disuguaglianza socio-economica”. Durante la conferenza è stato evidenziato anche il sostegno ai cristiani perseguitati in Pakistan da parte dell’Umanitaria Padana, un’organizzazione laica e gratuita di volontariato fondata nel 1999, rappresentata al Forum dalla direttrice esecutiva Sara Fumagalli.
Al Forum sulla libertà religiosa, sono intervenuti anche l’avvocata Tabassum Yousaf, patrocinante presso l’Alta Corte della provincia pachistana del Sindh, e Mobeen Shahid, docente presso la Pontificia Università Urbaniana. La libertà religiosa è fondamentale per il sano sviluppo della società, ha detto Yousaf, invocando “la protezione dei diritti di tutti i gruppi religiosi, specie quelli più vulnerabili”. L’evento si è concluso con l’intervento dell’ambasciatore del Pakistan in Italia, Ali Javed, che ha invitato a non cadere nella “trappola dell’industria della paura” e a delineare con precisione i fenomeni che riguardano il Pakistan, non sovrapponendo la sfera religiosa con problematiche puramente sociali. L’ambasciatore ha dunque evidenziato l’importanza dell’educazione ai valori nell’attuale panorama globale, che con l’avvento di Internet ha assistito alla proliferazione di modelli poco edificanti. “Pur vivendo in un mondo globalizzato siamo diventati schiavi dei media e dell’industria della paura, che diffonde odio e notizie false”, ha evidenziato il diplomatico pachistano. Javed ha ringraziato sentitamente il governo italiano per l’attenzione dedicata al tema del dialogo interreligioso, chiudendo con l’appello a “non confondere religione e politica”.