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Ue sconosciuta agli spagnoli: l’istituzione gode di fiducia ma se ne sa poco

Kmetro 0 – Madrid – Sabato 1° luglio la Spagna ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, epppure quasi la metà degli spagnoli ad aprile scorso non ne era nemmeno a conoscenza. Secondo il barometro dell’Istituto Reale Elcano, il 44% degli spagnoli non sapeva che ciò sarebbe accaduto, mentre il 48% delle 1.000 persone

Kmetro 0 – Madrid – Sabato 1° luglio la Spagna ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, epppure quasi la metà degli spagnoli ad aprile scorso non ne era nemmeno a conoscenza. Secondo il barometro dell’Istituto Reale Elcano, il 44% degli spagnoli non sapeva che ciò sarebbe accaduto, mentre il 48% delle 1.000 persone intervistate ha ammesso di non comprendere il funzionamento dell’Ue. Lo riporta RTVE.es.

Tuttavia, i dati sulla conoscenza si scontrano con il modo in cui percepiamo l’Unione europea. Secondo l’Eurobarometro di marzo per la Spagna, circa l’86% degli spagnoli – nove su dieci – si sente cittadino europeo. La percentuale di identità europea, tuttavia, scende nell’ultimo CIS sulle identità culturali, nazionali ed europee di maggio. Circa il 21,9% degli intervistati si sente molto identificato con l’Europa. Tuttavia, in questo campione di 7.643 casi, l’81,7% degli intervistati ritiene che l’appartenenza all’Unione abbia portato benefici al Paese iberico. Questi dati inducono a chiedersi perché in Spagna l’Europa è vista con favore, ma suscita scarso interesse e molti non hanno una conoscenza approfondita del suo funzionamento o dei suoi organi.

Antonio Moreno, professore di storia all’Università Complutense di Madrid, ha dichiarato a RTVE.es che “ci sono molte ‘Europe’, quella del nord e quella del sud, per esempio. Qui abbiamo visto le conseguenze della crisi economica e credo che ci siano delle differenze”. Pertanto, secondo Moreno, la posizione geografica e le circostanze politiche influenzano il concetto di Ue di ogni Stato.

Per il giornalista e docente della Facoltà di Scienze dell’Informazione dell’Università Complutense di Madrid, Sergio Príncipe, anche la “capitale” di Bruxelles genera distanza. Príncipe, che insegna la materia Politiche dell’informazione e della comunicazione nell’Unione europea, sottolinea che “il branding del processo decisionale è sempre fatto con la metafora di Bruxelles, come se tutto emanasse da lì”.

Una realtà che si riflette sull’affluenza alle urne nelle elezioni europee. Il Belgio e il Lussemburgo, che ospitano le sedi dell’Ue, registrano la più alta affluenza alle urne della storia, con oltre il 90% di affluenza, ad esempio, nelle elezioni del 2009.

Tuttavia, la lontananza può anche, in una certa misura, aumentare la fiducia nelle istituzioni europee. Secondo il sondaggio Elcano, gli intervistati hanno più fiducia nella Commissione europea, che ottiene 5,7 punti su una scala da 0 a 10, che nel governo spagnolo, che merita solo 4,8.

Il modo in cui vediamo l’Europa ha anche radici nel passato. È questa l’opinione del professore di storia Antonio Moreno, secondo il quale, per la Spagna, “ha sempre significato l’idea di democrazia o di sviluppo economico, con un valore molto positivo nella cultura politica del XX secolo”. Una percezione che è stata attuata, dice, “durante gli anni della transizione alla democrazia, con la premessa di porre fine al “la Spagna è diversa””, in modo che il Paese fosse “come qualsiasi altro Stato europeo”.

Ma più che di identità, dice Eva Sotomayor, si tratta di legittimità. Secondo il barometro del Real Instituto Elcano, l’87% degli spagnoli crede che l’Ue continuerà a esistere senza grandi cambiamenti a lungo termine, il che rafforza l’idea della sociologa che gli spagnoli “legittimano un’istituzione che non conoscono, o che conoscono solo in minima parte, ma che non mettono in pericolo”. Inoltre, la sociologa sostiene che ciò ha una spiegazione generazionale: “Ci sono giovani che sono nati con le istituzioni europee già legittimate, e persone più anziane che hanno vissuto questo cambiamento e ne sono più consapevoli”.

Un handicap che potrebbe spiegare la scarsa conoscenza delle istituzioni europee potrebbe essere il loro funzionamento. Príncipe sottolinea questa idea, evidenziando che l’Unione europea “ha impiegato molto tempo a costruirsi e poco a spiegarsi. Se a questo si aggiunge il fatto che il suo funzionamento è molto complesso, è molto difficile ottenere una narrazione”.

Moreno ritiene inoltre che comunicare ciò che è l’Ue “a volte diventa troppo complesso e tecnocratico”. Non aiuta il grande “apparato burocratico” dell’istituzione, come lo descrive il professor Sergio Principe, a raggiungere gli europei, che spesso la vedono come un “agente distante”. Quest’ultimo ritiene che le istituzioni europee debbano impegnarsi maggiormente nella comunicazione di ciò che fanno e nel raggiungere i cittadini, proseguendo l’idea del “Libro bianco su una politica europea di comunicazione” del 2006.

Ma per comunicare è importante anche educare. “Lavorare per informare le scuole, gli istituti superiori e le università sul contesto dell’Ue è essenziale”, conclude Príncipe.

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