K metro 0 – Roma – Mercoledì 31 maggio alle ore 18 presso la sala della Regina di Montecitorio si è svolto il convegno “Postumo di me stesso – Giulio Andreotti e l’eterno ritorno alla Prima Repubblica”. Ha introdotto Anna Ascani, vicepresidente della Camera e sono intervenuti Giorgio Silli, Maria Elena Boschi, Pier Ferdinando Casini,
K metro 0 – Roma – Mercoledì 31 maggio alle ore 18 presso la sala della Regina di Montecitorio si è svolto il convegno “Postumo di me stesso – Giulio Andreotti e l’eterno ritorno alla Prima Repubblica”. Ha introdotto Anna Ascani, vicepresidente della Camera e sono intervenuti Giorgio Silli, Maria Elena Boschi, Pier Ferdinando Casini, il professore Francesco Clementi, Paolo Cirino Pomicino. Ha moderato il giornalista politico e collaboratore parlamentare Carmine Abate, autore del libro ‘Giulio Andreotti. La politica di «concretezza» negli anni dell’apertura a sinistra (1956-1963)’. L’incontro è stato trasmesso in diretta web sul canale ufficiale della Camera: https://webtv.camera.it/evento/22600; a dieci anni dalla morte del leader politico più longevo della storia repubblicana italiana. Giulio Andreotti è stato 7 volte premier e 21 volte ministro, è deceduto il 6 maggio 2013 all’età di 94 anni.
Tanti i giovani studenti universitari in sala per ascoltare una lezione di politica, cultura e società, con lo sguardo concreto della Prima Repubblica. È proprio a questi giovani, aspiranti politici di domani, che si rivolgono gli interventi dei partecipanti, tra ricordi di chi lo ha conosciuto e vissuto in prima persona e di chi ne ha raccolto l’eredità umana, cattolica e politica.
Ma che cosa i giovani rimpiangono della politica di oggi? Alla domanda dello speaker risponde Pier Ferdinando Casini, decano della politica italiana e senatore della Repubblica oggi in forza al PD: “La professionalità, la competenza e il radicamento territoriale. I grandi leader della politica italiana come Giulio Andreotti erano intimamente radicati nella realtà territoriale di appartenenza. Andreotti era un grande romano, espressione del suo popolo, estremamente competente, formato negli anni della Fuci (la Federazione degli universitari cattolici) nella palestra del mondo cattolico. Uomo politico vicino a De Gasperi, Andreotti ha difeso il centrismo con concretezza (che è stato anche il nome della sua rivista). Vedete ragazzi, tutte le idee della DC di allora sono il patrimonio fondante anche della Repubblica di oggi. L’europeismo, l’atlantismo e il multilateralismo di cui si parla oggi per la difesa dell’Ucraina vengono da questo patrimonio genetico”. Il presidente Casini ha concluso con il ricordo del processo di mafia in aula bunker a Palermo, in cui fu imputato Andreotti: “I politici sbagliano, sono esseri umani, ma la storia di Andreotti non poteva finire in quell’aula perché contraddiceva un percorso di vita di un uomo che attraverso fasi politiche diverse ha sempre tenuto la bussola dei propri valori. Termino ricordando il politico che ha amato profondamente il Parlamento italiano, con rigore”.
Maria Elena Boschi (Italia Viva), già ministro nel Governo Renzi e sottosegretario di Stato nel Governo Gentiloni, ricorda il primo giorno che è entrata a Palazzo Chigi, non avendolo conosciuto di persona per motivi anagrafici: “La prima volta che sono entrata negli uffici della sotto segreteria del capo dello Stato ho pensato a quando Andreotti, non ancora trentenne, ha varcato la stessa soglia, con la responsabilità di un Paese da ricostruire negli anni del dopoguerra. E mi sono chiesta se avesse avuto lo stesso senso di inadeguatezza, di responsabilità e di serietà. E sicuramente è così, ma non so se gli sono tremati i polsi come è successo a me”. E il ricordo dell’amico, medico, collaboratore politico, ex ministro della Repubblica, che ha condiviso una lunga parte della vita di governo di Andreotti, Paolo Cirino Pomino: “Andreotti si è formato con la Democrazia Cristiana e viceversa. Lui sarebbe stato lo stesso uomo politico senza la DC e la DC che cosa sarebbe stata senza Andreotti? Colgo così l’occasione di dire ai giovani che la politica è una cosa maledettamente seria. Se la politica scompare lascia lo spazio a chi non ha né il titolo né il diritto a governare e a chi non si sottopone mai all’esame della pubblica opinione, al voto”.
Giulio Andreotti, tra chi lo definiva ‘divo’ e chi lo chiamava ‘Belzebù’, ha diviso l’elettorato e l’opinione pubblica, ed è stato il vero mistero della politica italiana della Prima Repubblica. Ma vero è anche che non si può studiare e capire la politica oggi senza conoscere l’uomo che ha influenzato il percorso storico e politico dell’Italia per mezzo secolo. Oggi che la politica italiana ha così bisogno di ricominciare ad avere un dialogo reale con gli elettori.