K metro 0 – Lima – Da mesi, centinaia di attivisti invadono le principali città del Perù con bandiere e cartelli in mano. Chiedono le dimissioni della presidente Dina Boluarte, succeduta al presidente Pedro Castillo, deposto e arrestato il 7 dicembre. “La Costituzione peruviana non mi rappresenta. La mia cultura quechua non vi è inclusa”,
K metro 0 – Lima – Da mesi, centinaia di attivisti invadono le principali città del Perù con bandiere e cartelli in mano. Chiedono le dimissioni della presidente Dina Boluarte, succeduta al presidente Pedro Castillo, deposto e arrestato il 7 dicembre. “La Costituzione peruviana non mi rappresenta. La mia cultura quechua non vi è inclusa”, si legge in alcuni cartelli esibiti con orgoglio. Sui social network, numerosi video mostrano i manifestanti vestiti con scialli colorati e cappelli di paglia.
E così, dallo scorso dicembre, le strade di Lima, Cuzco e Puno sono piene di gente. Le comunità indigene hanno manifestato contro il governo e fatto sentire le loro richieste. Provengono da comunità indigene (il governo peruviano ne elenca 55, che parlano 48 lingue diverse) e sono arrivati da tutto il Paese. Ne ha parlato franceinfo.
“Gli indigeni che manifestano provengono da ogni dove, ma soprattutto dalle Ande”, spiega Valérie Robin Azevedo, docente all’Università di Parigi-Descartes e specialista del Perù e delle comunità andine. “Molti di loro si riuniscono a Lima, la culla delle rivendicazioni politiche”.
Negli ultimi mesi il Paese è stato coinvolto in una crisi che si è pian piano estesa a tutto il Paese. Le popolazioni andine avevano votato in maniera massiccia per Pedro Castillo”, ricorda Valerie Robin Azevedo. Avevano grandi speranze, ma alla fine, come i suoi predecessori, anche lui non ha fatto nulla. Il candidato di estrema sinistra, che proveniva da un ambiente contadino ed era un ex insegnante, aveva promesso una rivoluzione sociale per tutti i peruviani, compresa la popolazione indigena.
L’arrivo al potere di Dina Boluarte non offre dunque una prospettiva migliore: votata al Congresso, dalla fine di marzo è indagata per riciclaggio di denaro e finanziamento illegale della campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2021. Il 10 gennaio, inoltre, la Procura ha aperto un’inchiesta contro la presidente e diversi ministri ed ex ministri del suo governo, con l’accusa di genocidio, omicidio aggravato e lesioni gravi durante le operazioni di polizia.
Oltre a un governo corrotto e a un senso di tradimento, le popolazioni indigene hanno pagato un prezzo pesante durante la pandemia Covid-19. Secondo il Journal of Public Health, infatti, i membri delle comunità amazzoniche avevano una probabilità tre volte superiore di essere infettati dal virus rispetto al resto della popolazione. “Le comunità indigene vorrebbero essere riconosciute, ascoltate e prese in considerazione”, ammonisce Valerie Robin Azevedo.
Fra l’altro, le mobilitazioni in città sono costose per queste popolazioni povere e spesso isolate. “Veniamo a nostre spese, senza l’aiuto di nessuno”, spiega una donna indigena sull’account Instagram della giovane influencer Solischa, che trasmette molti video dei movimenti di protesta. Per raggiungere la capitale o Cuzco (sud-est del Paese), i manifestanti raccolgono fondi, affittano autobus o automobili. “Non abbiamo un posto dove stare a Cuzco, dormiremo nei camion o in rifugi di fortuna”, ha commentato una giovane donna quechua sui social network.