K metro 0 – Copenaghen – L’European Islamophobia Report 2022 ha indicato la Danimarca come il Paese oggi più difficile per i musulmani, insieme a Francia e Austria. Il problema, chiaramente, pur in misura diversa secondo i singoli contesti nazionali, riguarda un po’ tutti i Paesi scandinavi. Caso emblematico, anzitutto la Svezia, dove, dal 2009, da un
K metro 0 – Copenaghen – L’European Islamophobia Report 2022 ha indicato la Danimarca come il Paese oggi più difficile per i musulmani, insieme a Francia e Austria. Il problema, chiaramente, pur in misura diversa secondo i singoli contesti nazionali, riguarda un po’ tutti i Paesi scandinavi. Caso emblematico, anzitutto la Svezia, dove, dal 2009, da un lato è proseguita la volontà di rispettare i princìpi di solidarietà e ospitalità tipici della politica svedese del dopoguerra; dall’altro, la crisi del Welfare ha causato una maggiore pressione dei governi sul diritto d’asilo e sulle politiche di integrazione dei rifugiati e degli immigrati in genere (da qui, le vere e proprie rivolte urbane avvenute dal 2012 in poi). In Danimarca, negli ultimi anni ci sono stati anche dibattiti politici e controversie riguardanti l’integrazione dei musulmani nella società danese, pure su questioni come l’uso dell’hijab e la macellazione halal. Gli esperti – riferisce l’agenzia turca “Anadolu” – suggeriscono che le radici di tutto questo dibattito risalgono a un problema che spesso non è ammesso nello “spettro politico” mainstream: l’islamofobia.
Secondo Amna Hassani, Direttrice della ricerca presso il Centro per i diritti dei musulmani in Danimarca, intervistata sempre da Anadolu, nel Paese di Andersen i musulmani – che, così come i rifugiati in genere, si trovano sul gradino più basso della scala sociale ed economica – subiscono discriminazioni a causa non solo dei crescenti sentimenti anti-Islam, ma anche delle norme sull’acquisizione della cittadinanza, oggi più rigorose, e della complessiva “politica dei ghetti” da anni prevalente, nel Paese, nei confronti delle comunità musulmane a reddito più basso. L’islamofobia, insomma, sostiene la Hassani, in Danimarca sta togliendo ai musulmani la possibilità di avere una voce nella società; mentre, anche in un Paese civilissimo come questo, la comunità musulmana oggi può sperimentare vari tipi di discriminazione, comprese le aggressioni (“micro” e non) da parte di persone che mettono in dubbio l’appartenenza dei musulmani alla Danimarca e alla sua società, anche quando residenti nel Paese da anni. “Abbiamo assistito a un aumento dei crimini d’odio contro i musulmani negli ultimi anni”, afferma ancora Hassani. Un rapporto del 2018 della polizia nazionale danese, in effetti indica che su 112 crimini d’odio motivatireligiosamente, il 56% riguardava vittime di fede islamica.
Sino ad arrivare alla discriminazione “strutturale” che si riscontra nelle politiche di Stato ed enti locali, che rendono più difficile l’accesso all’alloggio o al lavoro specialmente a chi proviene da nazioni a maggioranza musulmana.
Un esempio concreto di tutte queste situazioni riguarda il poco più che trentenne Cemal Mathias, che si è convertito all’Islam nel gennaio 2021, attualmente vive nella città di Aarhus e fa il camionista di professione: così si è presentato in una moschea turca poche ore prima dell’Iftar. Ama stare nella moschea: perché è qui che ha trovato la sua nuova comunità, una comunità che apprezza la sua presenza, lo fa sentire parte di sé e gli fa dimenticare la sua solitudine, anche se solo per poche ore. “Il Ramadan è diverso per un musulmano convertito”, ha detto Mathias ad Anadolu. Perché “Le persone di fede provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, anche se vivono in Paesi non musulmani trovano i loro sistemi di supporto, come la famiglia e gli amici. Ma per i musulmani convertiti come me, provenienti da Paesi a minoranza musulmana, non ci sono davvero sistemi di supporto oltre le moschee, come la famiglia e gli amici, che possono capire o condividere la nostra consapevolezza religiosa. E questa sensazione di solitudine si fa sentire di più durante il Ramadan”.
Si stima che il 5% della popolazione danese sia di fede islamica. La maggior parte dei musulmani in Danimarca è composta da immigrati o discendenti di immigrati provenienti da Paesi come Turchia, Pakistan, Iraq e Somalia, insieme a un numero considerevole di danesi di etnia convertita. Ma per Mathias, nella società danese si sta insinuando una vera e propria ondata anti-musulmana: nonostante le ripetute affermazioni di alcuni politici locali, secondo cui, all’interno dei confini nazionali, non c’è spazio per l’islamofobia. Iluminanti, alcune sue personali esperienze: “Per strada, due uomini di mezza età mi hanno sputato addosso dopo che mi hanno visto pregare in un angolo. Mi è stato detto in una riunione di famiglia, in modo noncurante, che forse mi piace opprimere le donne, ed è per questo che sono tornato all’Islam”. Per tutto questo, conclude, “Cerco di passare più tempo possibile qui”, in moschea. “Tornerò a casa tardi. Sono felice qui.”