K metro 0 – Tokyo – “È probabile che il Giappone diventi una società senza un’età pensionabile confortevole”. E’ un garbato understatement, un’attenuazione del vero, questo pronostico formulato da Hiroki Manabe, editorialista dell’“Asahi Shimbun”, il principale quotidiano del paese. La cruda verità è che se la previsione di Manabe si avverasse, in un futuro non
K metro 0 – Tokyo – “È probabile che il Giappone diventi una società senza un’età pensionabile confortevole”. E’ un garbato understatement, un’attenuazione del vero, questo pronostico formulato da Hiroki Manabe, editorialista dell’“Asahi Shimbun”, il principale quotidiano del paese.
La cruda verità è che se la previsione di Manabe si avverasse, in un futuro non troppo lontano, forse un anziano su due dovrà continuare a lavorare fino allo sfinimento, fisico e mentale.
Da tempo, il Sol Levante è primo in classifica per la percentuale di popolazione che continua a lavorare oltre l’età pensionabile. Ormai in un’azienda su quattro si continua a lavorare anche oltre i 70 anni.
Nell’aprile 2021 era stata emanata una legge che chiedeva alle aziende di fare il possibile per trattenere i dipendenti almeno fino all’età di 70 anni. Cinque anni in più rispetto all’età pensionabile nel paese (65 anni).
Dati del giugno 2022, ci dicono che su 230mila aziende (con più di 21 dipendenti) il 25,6% dichiarava di aver introdotto sistemi per consentire al personale di lavorare anche oltre i 70 anni. Il 20% dichiarava invece che non applicava regole rigide per gli occupati, lasciandoli liberi di scegliere se continuare a lavorare una volta raggiunta l’età pensionabile. Il 4% aveva abolito qualsiasi obbligo di scelta, e il 2% aveva invece aumentato i limiti di età prima della pensione.
Ma se c’è qualcuno che preferisce davvero continuare a lavorare, la maggior parte si trova a dover scegliere fra restare in attività o, per dirla con un altro eufemismo, affrontare la prospettiva di una povertà non così dignitosa.
Secondo i dati del ministero dell’Interno, il numero di lavoratori sopra i 65 anni è in aumento da 18 anni consecutivi. Nel 2021 la quota di occupati nella fascia di età tra i 65 e i 69 anni ha superato la soglia del 50%.
Anche nella fascia immediatamente superiore (dai 70 ai 74 anni), circa una persona su tre lavora ancora.
Il guaio è che in un paese con la più alta aspettativa di vita al mondo (84,3 anni: tre in più della media OCSE) il quadro è in peggioramento. Secondo una ricerca dell’Istituto nazionale della popolazione e della sicurezza sociale, entro il 2053 i giapponesi saranno meno di 100 milioni, rispetto ai circa 125 milioni nel 2021. E con il calo della natalità cresce l’innalzamento dell’età media: gli anziani rappresenteranno il 30% della popolazione complessiva nel 2025, e il 35,3% nel 2040.
Negli anni del dopoguerra, quando il Giappone era diventato la seconda economia più grande del mondo, l’età pensionabile obbligatoria si raggiungeva a 60 anni.
Ma poi c’è stato lo scoppio bolla economica negli anni ’90, la crisi finanziaria mondiale del 2008. E infine la recente svalutazione dello yen e l’aumento dei prezzi dell’energia. E addio al sogno di una comoda pensione…
Secondo un sondaggio condotto dalla Federazione sindacale giapponese nel 2019, il 46,2% degli intervistati dichiarava di voler continuare a lavorare “per mantenersi in salute”. Altri per “innalzare la qualità della vita” (33,9%) e “perché una persona vive per lavorare” (28,8%). Ma la risposta più frequente, fornita dal 77%, è stata per “vivere meglio”.
Nel 2019, l’Agenzia nazionale per i servizi finanziari calcolava che una coppia anziana media avrà bisogno di almeno 20 milioni di yen di risparmi per finanziare una vita post-pensionamento di 30 anni. Ma nel 2022, il 20,8% dei nuclei familiari con un capofamiglia sui 60 anni e più non aveva risparmi.
Oltre il 70% dei lavoratori temporanei o part-time presso negozi e supermercati, guardie giurate, personale di sorveglianza, operatori sanitari, addetti ai call center e così via hanno più di 65 anni.
Con la carenza di lavoratori in alcuni settori, alcune aziende hanno avviato programmi per trattenere i dipendenti più anziani con competenze specialistiche, anche fino all’età di 75 anni, come nel caso di una fabbrica di droni di Tokyo.
Anche le compagnie di taxi assumono sempre più anziani. A marzo 2022, circa 50.000 conducenti avevano fra i 70 e i 74 anni e altri 20.000 più di 75 anni.
Circa un operatore sanitario su quattro a casa o in istituto ha più di 60 anni. In qualche caso, donne ultraottantenni vengono assistite da badanti anch’esse ottantenni.
Il terzo lunedì di settembre si celebra in Giappone la Giornata del Rispetto per gli Anziani. Ma la loro vita quotidiana è tutt’altro che semplice.
Non sempre avere più di 65 anni in Giappone, significa godere di una serena vecchiaia. Non tutti ricevono una pensione e chi la riceve, riesce a stento a mantenersi. La vita degli anziani giapponesi è sempre di più una battaglia contro povertà, malattia e soprattutto solitudine. Al punto che molti preferiscono rinunciare alla libertà e farsi arrestare.
Sì. Proprio così: preferiscono finire in prigione. Compiendo piccoli reati. Li chiamano “crimini d’argento”: in genere furti di cibo. Rubare un sandwich da 200 yen (circa 1 dollaro e 40 cent) per esempio, può portare fino a una multa da 8,4 milioni di yen (cioè 58.000 dollari), convertibile in due anni di carcere. Il taccheggio è il reato più diffuso tra gli over 65, per un valore in media di venti dollari a furto. Gli arresti che coinvolgono gli anziani in Giappone avvengono a tassi superiori a quelli di qualsiasi altro gruppo demografico. Le condanne inoltre, secondo gli ultimi dati della polizia, sono raddoppiate negli ultimi dieci anni passando da una media di 80 ogni 100 mila residenti tra il 1995 e il 2005 a 162 ogni 100 mila residenti tra il 2005 e il 2015.
Il carcere offre la sicurezza di un pasto quotidiano, un letto, cure mediche e compagnia. Molti anziani per questo, sono disposti ad accettare il compromesso di stare dietro alle sbarre. Molte sono donne, le più vulnerabili nella società giapponese, tradizionalmente molto maschilista. Ad oggi, una su cinque in carcere ha 65 anni o più, mentre nove su dieci sono state condannate almeno una volta per il reato di taccheggio.
(Japan Today, Magzine, Ministero del lavoro giapponese)