K metro 0 – Parigi – Con il riscaldamento globale che aumenta la frequenza delle siccità, ci sarà mai una carenza di acqua per raffreddare le centrali nucleari? Il rischio della scarsità d’acqua preoccupa seriamente l’opposizione francese, come riporta franceinfo. Il testo, già adottato difatti al Senato e discusso lunedì 13 marzo all’Assemblea nazionale, mira
K metro 0 – Parigi – Con il riscaldamento globale che aumenta la frequenza delle siccità, ci sarà mai una carenza di acqua per raffreddare le centrali nucleari? Il rischio della scarsità d’acqua preoccupa seriamente l’opposizione francese, come riporta franceinfo. Il testo, già adottato difatti al Senato e discusso lunedì 13 marzo all’Assemblea nazionale, mira in particolare ad accelerare l’installazione di sei nuovi reattori atomici EPR 2.
Il timore di una mancanza d’acqua sembra infondato per la relatrice del testo, Maud Bregeon, deputata di Renaissance dell’Hauts-de-Seine. “Nelle ultime settimane ho sentito dire che le centrali consumano acqua. L’acqua scarseggia, quindi non dovremmo costruire centrali. Contrariamente a quanto afferma l’EELV/LFI, quella necessaria per raffreddare le centrali nucleari non viene consumata, ma prelevata e restituita”, ha insistito il deputato dell’Hauts-de-Seine il 2 marzo in commissione Affari economici.
Il segretario nazionale dell’EEVL, Marine Tondelier, ha però giudicato queste osservazioni “false”. “Quasi un terzo dell’acqua consumata in Francia è destinata alle centrali nucleari”, ha replicato su Twitter il 7 marzo. Quindi, “una volta per tutte, diciamolo con semplicità e fermezza: di questo passo, presto non ci sarà abbastanza acqua nei nostri fiumi per raffreddare le centrali”. I reattori nucleari rischiano davvero di rimanere senza acqua per il raffreddamento?
L’energia nucleare consuma in effetti centinaia di milioni di tonnellate d’acqua. Il raffreddamento di un reattore, come sottolinea Marine Tondelier, richiede quantità colossali di “oro blu”. Secondo i dati del ministero della Transizione ecologica, nel 2009 sono stati prelevati quasi 21,5 miliardi di m3 di acqua per il raffreddamento delle centrali, che in Francia sono per lo più nucleari. Secondo la stessa fonte, il settore energetico è responsabile di quasi due terzi dei prelievi d’acqua nel Paese, molto più dei prelievi per l’acqua potabile (17%). Questa risorsa viene restituita alla natura, come sostiene Maud Bregeon? EDF assicura che “il 98,5% dell’acqua prelevata dalle 18 centrali nucleari viene restituita all’ambiente naturale e vicino al luogo di estrazione”.
Tuttavia, il volume di acqua prelevata ma non restituita all’ambiente acquatico – soprattutto acqua dolce – rimane significativo. Secondo EDF, nel 2021 le 13 centrali situate sulle rive dei fiumi hanno consumato 407,6 milioni di m3 di acqua. Un articolo archiviato sul sito web del ministero della Transizione ecologica afferma che il raffreddamento delle centrali, soprattutto nucleari, rappresenta quasi un terzo (31%) del consumo annuale di acqua in Francia, il che dà credito alla tesi di Marine Tondelier. Il ministero ha aggiunto che questa cifra, che non viene aggiornata “da 14 anni”, dovrebbe comunque essere aggiornata perché “non riflette la realtà dei consumi”. Nella versione attualmente online dell’articolo in questione si legge inoltre che il contenuto è “in fase di revisione”.
Negli ultimi anni, le ricorrenti ondate di calore hanno già costretto le centrali nucleari ad adattare la loro produzione. Non per mancanza di acqua, ma piuttosto perché gli scarichi delle loro acque di raffreddamento sono troppo caldi. “Gli scarichi delle centrali devono rispettare una temperatura massima dei fiumi a valle”, spiega Eric Gaume, idrologo presso l’Ecole des Ponts ParisTech. I reattori restituiscono alla natura acqua più calda “fino a circa 10 gradi”, spiega Olivier Dubois, vicedirettore delle competenze in materia di sicurezza presso l’Istituto per la protezione radiologica e la sicurezza nucleare (IRSN).
Ciò rappresenta un problema durante le ondate di calore. Durante la siccità della scorsa estate, le centrali elettriche sul Rodano hanno dovuto chiedere una deroga all’Autorità per la sicurezza nucleare (ASN) per continuare a scaricare le loro acque reflue, poiché la temperatura del fiume a valle degli impianti era superiore agli standard ambientali.
“Le centrali devono anche rispettare i vincoli di portata minima del fiume”, aggiunge Nicolas Goldberg, partner di Colombus Consulting, una società che fornisce servizi di consulenza alle aziende del settore energetico.
Cosa possiamo aspettarci in futuro? Secondo il rapporto Futurs Energétiques 2050 pubblicato da RTE lo scorso giugno, nel 2050, per le centrali elettriche situate sulle rive dei fiumi, “il riscaldamento globale aumenterà di “due o tre” il rischio di indisponibilità, cioè di riduzione della produzione o di arresto dei reattori”. “Con la diminuzione dei flussi fluviali, le centrali avranno meno margine per rispettare le indicazioni ambientali sulla temperatura degli scarichi idrici”, conclude Eric Gaume.
Intanto, secondo lo studio condotto all’Università dello Utah, negli Stati Uniti d’America e riportato da dinnamoderna.com, sparare milioni di tonnellate di polvere lunare nell’atmosfera potrebbe mitigare il riscaldamento globale. Scott Kenyon, coautore dello studio, ha spiegato: “La polvere lunare ha impiegato più di quattro miliardi di anni per generarsi. Per quanto ci riguarda, è sorprendente constatate come essa stessa potrebbe aiutare a rallentare l’aumento della temperatura sulla Terra, un problema che si è prodotto in meno di trecento anni”.
Secondo gli studiosi, la polvere lunare ha una “alta porosità ed è soffice”, dunque sarebbe più facile da lanciare rispetto alla polvere terrestre, poiché ha una massa più leggera. Tutto questo richiederebbe però un lancio di circa dieci miliardi di chili di polvere all’anno, circa 700 volte più massa di quanto gli umani abbiano mai lanciato nello spazio. Insomma, un’impresa ardua. La soluzione più praticabile sembra al momento quella di scavare e bruciare meno combustibili fossili possibili.