K metro 0 – Agenzia Nova – Roma – Il primo ministro uscente del governo del Libano, Najib Miqati, ha invitato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a visitare il Paese durante il colloquio avvenuto oggi a Palazzo Chigi in occasione della visita premier del Paese dei Cedri a Roma. Lo riferisce l’agenzia di stampa libanese “Nna”.
K metro 0 – Agenzia Nova – Roma – Il primo ministro uscente del governo del Libano, Najib Miqati, ha invitato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a visitare il Paese durante il colloquio avvenuto oggi a Palazzo Chigi in occasione della visita premier del Paese dei Cedri a Roma. Lo riferisce l’agenzia di stampa libanese “Nna”. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa, Miqati ha ringraziato Meloni per il sostegno dell’Italia al Libano attraverso il contingente italiano operante all’interno della Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (Unifil), oltre che per il supporto alle Forze armate libanesi e a settori vitali per il Paese come sanità, sviluppo sociale e sostenibile. Durante il colloquio, Miqati e Meloni hanno anche parlato del ruolo della compagnia energetica Eni, che insieme a TotalEnergies e QatarEnergy partecipa all’esplorazione dei Blocchi 4 e 9 al largo delle coste del Libano, dei possibili investimenti delle aziende italiane nel Paese dei cedri, della cooperazione nella regione del Mediterraneo.
Al presidente Najib Mikati “ho confermato il sostegno dell’Italia alla sicurezza e alla stabilità del Libano”, ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Molto apprezzata – prosegue Meloni – la nostra partecipazione in Unifil. Abbiamo discusso di politiche migratorie e di come accrescere la nostra cooperazione in campo economico ed energetico”.
Il capo dell’esecutivo libanese, in carica per il disbrigo degli affari correnti, era stato ricevuto stamane da papa Francesco in Vaticano, il quale aveva ribadito la preoccupazione della Santa Sede per la difficile situazione socio-economica che la popolazione libanese sta vivendo, aggravata anche dallo stallo istituzionale in cui versa il Paese, che attende con urgenza l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica. Per Miqati si tratta del primo faccia a faccia con Meloni e di un’occasione per una prima presa di contatto con i vertici del governo italiano.
I temi del colloquio tra Meloni e Miqati, che si tiene su iniziativa e su richiesta dell’ufficio del primo ministro del Paese dei cedri, non sono ancora noti. Tuttavia, in tutti i suoi incontri internazionali, il primo ministro ribadisce la preoccupazione per la situazione libanese e, al tempo stesso, chiede l’assistenza dei partner internazionali per non abbassare il livello di attenzione nei confronti della disastrata situazione del Libano. La politica libanese è in fase di stallo a causa dell’impossibilità di eleggere un nuovo presidente della Repubblica, passaggio imprescindibile per consentire la nascita di un nuovo governo. E’ opportuno ricordare che il Libano sta attraversando la più grave crisi economica della sua storia con un esecutivo dalle armi spuntate. Miqati guida infatti un governo dimissionario, incapace persino di raggiungere il quorum necessario per approvare i provvedimenti più semplici. A tal riguardo, il recente accordo tra l’Arabia Saudita e l’Iran mediato dalla Cina per la ripresa delle reazioni tra le due potenze rivali potrebbe avere un impatto positivo anche in Libano, sebbene sia ancora prematuro fare previsioni sullo sblocco dell’elezione di un nuovo capo dello Stato.
Cosa può fare dunque l’Italia per aiutare il Libano? Innanzitutto continuare a incoraggiare la classe politica libanese ad assumersi le proprie responsabilità e a procedere con urgenza all’elezione di un nuovo presidente. Un incoraggiamento, a ben vedere, che non dovrebbe provenire solo dall’Italia ma dall’Unione Europea nel suo complesso. In secondo luogo, Roma può proseguire e ulteriormente rafforzare l’assistenza fornita sia tramite l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, sia tramite la collaborazione sul piano militare attraverso la Forza di interposizione delle Nazioni Unite in Libano (Unfil) ma anche attraverso la Missione militare bilaterale (Mibil). L’Italia, in definitiva, possiede gli strumenti per aiutare il Libano, ma è il Libano stesso a doversi mettere nelle condizioni di poter essere aiutato.
Dal 2019, il Libano è alle prese con una grave crisi economica aggravata dalle conseguenze dell’esplosione avvenuta il 4 agosto 2020 al porto di Beirut e dalla guerra in Ucraina. In seguito alla scadenza del mandato dell’ex presidente libanese, Michel Aoun, lo scorso 31 agosto, l’ex “Svizzera del Medio Oriente” è senza un capo dello Stato a causa del mancato accordo tra i blocchi politici presenti in Parlamento. Nel periodo gennaio-ottobre 2022, l’Italia è stato il quinto fornitore del Libano (il primo tra i Paesi europei), con una quota di mercato del 4,7 per cento, e il 16esimo mercato di destinazione dell’export del Libano, secondo i dati più recenti diffusi dal sito “Infomercatiesteri”. Nel periodo gennaio-novembre 2022, l’interscambio bilaterale ha toccato quota 996 milioni di euro, in crescita del 99,7 per cento rispetto ai primi undici mesi del 2021, con un saldo a favore dell’Italia di 877 milioni di euro. La composizione merceologica delle esportazioni italiane vede al primo posto coke e prodotti petroliferi raffinati (491,4 milioni di euro), seguiti da prodotti manifatturieri (83,7 milioni di euro) e macchinari e apparecchi (60 milioni di euro).
Oltre a una storica relazione culturale, Italia e Libano vantano rapporti anche nel settore energetico. Eni, infatti, fa parte del consorzio formato da Total Energies e QatarEnergy per l’esplorazione dei blocchi 4 e 9 nell’offshore libanese, resa possibile dopo l’intesa sulla demarcazione dei confini marittimi siglata lo scorso autunno tra Libano e Israele. Al riguardo, lo scorso gennaio, il premier Miqati ha detto che l’avvio del processo di esplorazione di petrolio e gas nelle acque libanesi avrà un impatto positivo a breve e medio termine sulla creazione di posti di lavoro e di opportunità per le imprese libanesi che operano nel settore.
Con un Pil di 26,50 miliardi di euro atteso nel 2023, il Paese dei cedri è tra quelli con una crisi economica peggiore al mondo. L’indice dei prezzi al consumo in Libano ha registrato un aumento dell’8,43 per cento a gennaio rispetto a dicembre 2022, passando da 2045.46 a 2217.99 punti, secondo quanto emerge dai dati diffusi dall’agenzia centrale di statistica libanese. Su base annua, a gennaio il tasso d’inflazione ha toccato il 123,53 per cento. Su base mensile, i prezzi dei ristoranti e degli hotel sono aumentati maggiormente (+18,01 per cento). Seguono abbigliamento (+11,38 per cento), alimenti e bevande alcoliche (+11,29 per cento) e salute (+11,03 per cento). Il settore delle telecomunicazioni ha registrato un aumento del 331,07 per cento, seguito da sanità (+175,95 per cento), ristoranti e alberghi (173,66 per cento), acqua, luce, gas e altri combustibili (+162,82 per cento).
Lo scorso 14 marzo, inoltre, la valuta libanese, la lira, ha toccato un nuovo minimo storico, con un tasso di cambio rispetto al dollaro pari a 100.000 lire sul mercato parallelo. Nello specifico, secondo la piattaforma online lirarate.org, il dollaro è stato acquistato a 100.000 lire e venduto a 99.500 lire intorno alle 10:00 (ora locale), mentre il tasso sulla piattaforma di scambio elettronico regolamentata dalla Banque du Liban (Bdl), Sayrafa, è di 75.800 lire. Di conseguenza, è stato registrato un ulteriore aumento per i prezzi di carburante.