K metro 0 – Roma – “Le stime Istat confermano un anno record per l’inflazione, in corrispondenza di un forte rischio di recessione alle porte”. È quanto afferma, in una nota, la vicesegretaria generale della Cgil Gianna Fracassi. “Il rialzo dei tassi – prosegue la dirigente sindacale – non sembra funzionare a contenere i prezzi, soprattutto visto che
K metro 0 – Roma – “Le stime Istat confermano un anno record per l’inflazione, in corrispondenza di un forte rischio di recessione alle porte”. È quanto afferma, in una nota, la vicesegretaria generale della Cgil Gianna Fracassi. “Il rialzo dei tassi – prosegue la dirigente sindacale – non sembra funzionare a contenere i prezzi, soprattutto visto che l’inflazione sorge dall’offerta e, in particolare, dalle materie prime energetiche. In Italia non sembra rallentare la corsa dei prezzi e, anzi, dobbiamo aspettarci un 2023 di crisi e ancora inflazione alta”.
“Il problema – spiega Fracassi – risiede nel modello economico produttivo del nostro Paese, che compete sui costi e scommette sulle esportazioni, importando a sua volta moltissimo, inclusa l’inflazione. Occorre aumentare i salari – sostiene – e, in generale, i redditi da lavoro, lordi e netti, per spingere la domanda interna e scacciare l’inflazione importata salvaguardando il potere d’acquisto e in questo modo impedendo avvitamenti depressivi”.
Per Fracassi “occorre anche fermare la speculazione che trasferisce e moltiplica i maggiori oneri delle imprese sul carrello della spesa, sulle bollette e sui servizi. Serve un maggiore controllo dei prezzi e dei profitti, specialmente in alcuni settori, affinché i nuovi incrementi dei costi non vengano sistematicamente scaricati sul lavoro e sulle persone, che finora si sono fatte carico della tenuta del sistema e continuano a pagare il più alto dei prezzi, la povertà e le disuguaglianze. Ad oggi non esiste nessuna spirale salari-prezzi, bensì una spirale profitti-prezzi, che va interrotta. Per invertire la rotta occorre poi stabilizzare l’economia ripartendo dalla domanda pubblica e da un maggior peso economico dello Stato (centrale, non certo differenziato), attraverso quindi la promozione dell’occupazione, di un fisco equo e progressivo nuovo welfare e di nuovi diritti, soprattutto per i giovani e per le donne, che restano i soggetti più esposti e invece sono proprio coloro su cui rifondare un nuovo modello di sviluppo, in Italia come in Europa”, conclude la sindacalista.