K metro 0 – Budapest – Incontrai un viaggiatore, veniva da un’antica terra e mi disse: Due immense gambe di pietra s’ergono nel deserto, senza tronco…Vicino, sulla sabbia, giace a metà sepolto un viso smozzicato, e il cipiglio, le labbra corrugate e il suo ghigno di freddo comando… Nient’altro resta. Attorno alle rovine di quell’enorme relitto,
K metro 0 – Budapest – Incontrai un viaggiatore, veniva da un’antica terra e mi disse: Due immense gambe di pietra s’ergono nel deserto, senza tronco…Vicino, sulla sabbia, giace a metà sepolto un viso smozzicato, e il cipiglio, le labbra corrugate e il suo ghigno di freddo comando… Nient’altro resta. Attorno alle rovine di quell’enorme relitto, le nude e sconfinate sabbie deserte e piatte si stendono lontano. (Percy Shelly, “Ozymandias”, 1817)
Sic transit gloria mundi: così passa la gloria del mondo. Le rovine della statua di Ramses II, mezze coperte dalla sabbia del deserto, che ispirarono al poeta inglese Percy Selly il v sonetto intitolato “Ozymandias” (soprannome del grande faraone egizio) fungono da metafora per la transitorietà del potere e della vita umana più in generale.
I versi di Shelly potrebbero essere incisi sull’ingresso di Memento Park, il cimitero che ospita a Budapest le statue dell’era comunista cadute e rovesciate in Ungheria. Un cimitero di dittatori che offre un luogo per riflettere e ricordare, ma non per idealizzare, come scrive Richard Collet, scrittore e fotografo inglese, in un suo reportage per la BBC.
Anche qui, a Budapest, nel cimitero delle statue, un paio di giganteschi stivali di bronzo arroccati su un piedistallo di mattoni rossi fanno la loro apparizione: sono gli stivali di Stalin, quel che resta di un’enorme statua del famigerato dittatore sovietico, che un tempo si ergeva nel centro di Budapest, e che fu abbattuta con rabbia nel 1956, tre anni dopo la sua morte. E’ l’eredità di “Ozymandias” di un regime che attanagliò l’Ungheria per decenni.
All’esterno di un ex palazzetto dello sport in un sobborgo di Budapest, quei grandi stivali sembravano posti nel luogo più improbabile. Ma in realtà si trattava dell’ingresso di quella che potrebbe essere una delle attrazioni turistiche più curiose del mondo. Primo museo tematico dell’Europa centrale che ricorda alla gente una dittatura e la sua caduta, Memento Park è una testimonianza della transizione del paese alla democrazia.
Un museo all’aperto, dove giganteschi monumenti di soldati dell’Armata Rossa affiancano i busti di Lenin, mentre eroici rilievi di lavoratori ungheresi stanno accanto a statue di ex leader comunisti. C’è materia per riflettere sul significato e lo scopo dei monumenti storici, piuttosto che semplicemente rimuoverli.
Nel 1989, la Repubblica popolare ungherese si è dissolta pacificamente e dopo 50 anni di regime comunista, le statue che commemorano i leader e l’ideologia comunisti hanno cominciato a cadere, mentre a Budapest si discuteva se dovessero essere distrutte e dimenticate o conservate come monito sui pericoli della dittatura.
Il nuovo governo ungherese decise di trasferirle in un vecchio campo sportivo alla periferia di Budapest, incaricando l’architetto Ákos Eleőd di creare un museo open air, inaugurato nel 1993.
“Questo parco parla di dittatura”, ha scritto Eleőd sul sito web di Memento Park. “Ma al tempo stesso, poiché se ne può parlare, e lo si può descrivere e costruire, parla anche di democrazia”.
Lo scopo del museo sembrava essere educativo, ma la prima impressione di Collett quando è arrivato allo stravagante ingresso in mattoni rossi è stata che Memento Park fosse una Disneyland per i nostalgici sovietici.
Una statua monumentale di Lenin campeggiava sotto un arco, mentre una rappresentazione artistica di Karl Marx e Friedrich Engels fissava con aria assente gli stivali mostruosamente sovradimensionati di Stalin.
Musica dell’era comunista ungherese usciva da un vecchio jukebox accanto alla biglietteria; una lucida Trabant (la cosiddetta “auto del popolo”, un trabiccolo fabbricato nella Germania Est) era circondata da turisti che scattavano selfie; mentre nel negozio di articoli da regalo erano in vendita tazze da caffè e manifesti con l’effigie di Lenin.
Ma quando Judit Holp, che lavora al Memento Park da più di un decennio, ha iniziato la sua visita guidata, ha subito dissolto qualsiasi idealizzazione del passato.
E ha spiegato come gli stivali di Stalin siano stati collocati su una gigantesca piattaforma di cemento all’esterno del museo come avvertimento. La statua intera fu abbattuta infatti durante la rivoluzione anticomunista del 1956, rapidamente schiacciata dai carri armati sovietici.
Eleőd ha progettato meticolosamente la struttura di Memento Park per rappresentare i lati oscuri e inquietanti della dittatura. Un lungo sentiero centrale conduceva all’estremità del parco. E al centro del percorso era stata posta una grande stella rossa mentre tre percorsi più brevi fiancheggiati da statue cadute si diramavano verso l’esterno. L’architetto li ha progettati come un “ciclo infinito” che riporta sempre allo stesso percorso centrale. Come a significare che l’unico modo per andare avanti era conformarsi e seguire lo stesso percorso di tutti gli altri.
Un luogo opprimente e, al tempo stesso, liberatorio. Le 41 statue di Memento Park hanno lo scopo di provocare un riesame del passato dittatoriale dell’Ungheria.
Non solo ungheresi, ma anche cechi, ex jugoslavi e tedeschi dell’est vengono qui, si uniscono ai tour e ne consludono che ogni paese avrebbe bisogno di un posto come questo dove puoi venire con tutti i tuoi problemi e andartene purificato.
La sezione finale del parco, dove statue colossali progettate nello stile del “realismo socialista” dominavano attraverso la loro grande mole, conduceva a un alto muro di mattoni rossi che rappresentava il vicolo cieco delle dittature.
Memento Park vuole essere un museo apolitico dove il passato può essere riesaminato e discusso apertamente. Ma ha sempre avuto i suoi critici. C’è chi si chiede a che serve in realtà.
Molti ungheresi avrebbero preferito dimenticare l’era comunista, e le rappresaglie che seguirono la rivoluzione del 1956. Ora che il passare del tempo ha reso più facile dimenticare, molti sono semplicemente indifferenti al loro passato. “Gli ungheresi non visitano più molto Memento Park”, racconta una guida, Agnes Molnar, spiegando che è diventato più un’attrazione turistica che locale.
Tuttavia, credeva che il sito offrisse un ammonimento. “Se i politici vogliono costruire statue giganti di se stessi, dovrebbero pensarci due volte”, ha detto. “Se qualcuno vuole fare grandi statue come quella di Stalin, dovremmo avere paura. Memento Park è un monito della storia”.