K metro 0 – Belgrado – Le autorità del Kosovo hanno deciso di vietare al Patriarca serbo Porfirije di entrare nel Paese in vista del Natale ortodosso. La Chiesa ortodossa serba celebra difatti il Natale il 7 gennaio secondo il calendario gregoriano e la celebrazione dura tre giorni. Il Patriarca ha subito invitato le autorità
K metro 0 – Belgrado – Le autorità del Kosovo hanno deciso di vietare al Patriarca serbo Porfirije di entrare nel Paese in vista del Natale ortodosso. La Chiesa ortodossa serba celebra difatti il Natale il 7 gennaio secondo il calendario gregoriano e la celebrazione dura tre giorni. Il Patriarca ha subito invitato le autorità di Pristina a revocare la decisione discriminatoria, che calpesta i diritti umani.
La notizia, riportata dall’agenzia di stampa turca Anadolu, arriva da un comunicato della Chiesa ortodossa serba, con la quale le autorità di Pristina impediscono dunque al Patriarca Porfirije di entrare nel Monastero di Pec; la decisione è stata accolta con molta tristezza. Il comunicato aggiunge che il Patriarca non rinuncerà a prestare servizio e che la decisione significa “discriminazione” nei confronti dei serbi che vivono nella regione.
Porfirije si aspetta che questa decisione estremamente discriminatoria “venga abrogata” e ha invitato le autorità di Pristina a fermare “il calpestamento dei diritti umani e delle libertà religiose dei serbi ortodossi che vivono nella provincia, nella terra dei loro antenati, dove il popolo serbo vive ininterrottamente da almeno 1.500 anni”, si legge nella dichiarazione.
Il Kosovo, abitato prevalentemente da albanesi, si è staccato dalla Serbia nel 1999 e ha dichiarato l’indipendenza nel 2008. Ma la Serbia non ha mai riconosciuto il movimento e considera la sua ex provincia come parte del suo territorio. Le tensioni tra Kosovo e Serbia sono aumentate dopo la detenzione dell’ex agente di polizia serbo Dejan Pantic. In risposta alla detenzione di Pantic, dal 10 dicembre i serbi del Kosovo sono rimasti a guardia delle barricate erette ai valichi di frontiera di Jarinje e Bernjak.
L’Unione europea, la Nato e gli Stati Uniti hanno chiesto una de-escalation e la rimozione delle barricate nel nord del Kosovo, mentre la Serbia ha chiesto di dispiegare l’esercito e la polizia sulla base di una risoluzione delle Nazioni Unite.
Intanto, la Kfor, la forza Nato in Kosovo, ha confermato in serata le notizie di stampa di una sparatoria avvenuta a Zubin Potok, uno dei quattro maggiori comuni del nord a maggioranza serba, coinvolto nelle proteste della locale popolazione serba con barricate e blocchi stradali. Lo ha riportato Rainews.
Gli spari, ha riferito Kfor, sono avvenuti non lontano da una pattuglia della forza Nato, ma non si sono registrati feriti ne’ danni materiali. Secondo alcuni media a Pristina, la sparatoria sarebbe avvenuta quando la polizia kosovara avrebbe cercato di smantellare una delle barricate erette due settimane fa dai serbi locali per protesta contro l’arresto di alcuni ex agenti serbi dimissionari della polizia kosovara, e contro l’invio nel nord a maggioranza serba di numerose unità della polizia speciale del Kosovo. La notizia della sparatoria, la cui origine e natura restano poco chiare, ha contribuito a far crescere ulteriormente la tensione interetnica nel nord del Kosovo, dove la protesta dei serbi con blocchi stradali e barricate sta creando seri problemi ai trasporti e al sistema di comunicazione.