K metro 0 – Bruxelles – Il parlamento europeo è sotto shock dopo l’incarcerazione per corruzione della sua vicepresidente greca Eva Kaili, e di altre tre persone avvenuta domenica 11 dicembre. Due giorni prima, erano stati sottoposti a un interrogatorio nell’ambito di un’indagine su cospicue somme di denaro versate, si presume, dal Qatar per influenzare
K metro 0 – Bruxelles – Il parlamento europeo è sotto shock dopo l’incarcerazione per corruzione della sua vicepresidente greca Eva Kaili, e di altre tre persone avvenuta domenica 11 dicembre. Due giorni prima, erano stati sottoposti a un interrogatorio nell’ambito di un’indagine su cospicue somme di denaro versate, si presume, dal Qatar per influenzare la politica europea.
Lo scandalo, evidenzia la mancanza di regole e sanzioni circa l’intervento di Stati terzi, non membri dell’Ue. E getta una luce cruda sul ruolo delle lobby nell’europarlamento.
La sua presidente, la maltese Roberta Metsola, ha promesso una riforma della regolamentazione delle attività delle lobby e “maggiore trasparenza”. E nella seduta plenaria dell’europarlamento, lunedì a Strasburgo, ha denunciato “un attacco alla democrazia europea”.
Ma il ruolo delle lobby nella politica europea è ben noto e denunciato da tempo. E ormai da tempo si invoca più chiarezza sui rapporti fra le lobby e l’Ue, le cui istituzioni (Commissione e Consiglio) hanno approvato, nel 2018, la riforma del “Registro per la Trasparenza” (istituito da Parlamento e Commissione nel 2011) con la lista dei lobbisti che lavorano a contatto con le istituzioni europee.
I “gruppi di interesse” sono molto presenti a Bruxelles. Le organizzazioni iscritte nel Registro per la Trasparenza (dati di aprile 2021) sono 12.489. E le persone attive nel lobbying verso l’Ue sono più di 49.000, di cui la metà a tempo pieno.
Al momento non esiste un unico modo di regolamentare le lobby in Europa. Gli Stati membri dell’UE hanno seguito approcci diversi. Di fronte alle critiche del peso delle lobby, le autorità europee hanno invitato i “rappresentanti di gruppi di interesse” a iscriversi al Registro per la Trasparenza. E ad adottare un codice di condotta che prescrive ai lobbisti che vogliono ottenere l’accesso al Parlamento, l’impegno a rivelare la propria identità, ma anche a non corrompere gli eurodeputati, come ha spiegato a franceinfo Cécile Robert, un’esperta di istituzioni e politiche europee.
Le regole valgono anche per le condotte del “personale amministrativo e politico del Parlamento”. “È loro esplicitamente vietato ricevere denaro e ricompense in cambio di buoni uffici politici. E in caso di rischio di conflitto di interessi devono farsi da parte”. Ad esempio, un deputato europeo che detiene quote di un’azienda metallurgica non può partecipare a una votazione riguardante questo settore. Gli europarlamentari devono inoltre dichiarare l’origine dei loro sostegni finanziari.
Quanto alla trasparenza, se i commissari europei devono specificare, nel loro calendario, gli appuntamenti con i rappresentanti dei gruppi di influenza, questo non vale invece per tutti i parlamentari. “Solo i relatori e i presidenti di commissione hanno l’obbligo di farlo”, precisa Cécile Robert. Alcuni gruppi politici lo fanno volontariamente, ma non tutti gli eletti lo fanno.
Un sistema completamente passivo
Ma secondo molti europarlamentari e rappresentanti di ONG, queste regole sono tutt’altro che sufficienti, soprattutto in assenza di un quadro di regolamentazione delle attività degli Stati non membri dell’Ue. “Qualsiasi discussione tra uno Stato terzo e parlamentari europei è considerata uno scambio diplomatico”, e quindi non ha l’obbligo di essere dichiarata, spiega Vitor Teixeira, un esperto di questioni europee di Transparency International. E questo “aumenta il rischio di conflitto di interessi e di corruzione”.
L’eurodeputato socialista Raphaël Glucksmann lo conferma. “Da quando ho presieduto la commissione speciale contro le interferenze straniere – ha ammesso – ho costantemente avvertito che la corruzione e la penetrazione di interessi stranieri toccano tutti i paesi europei e tutti i partiti politici”.
Ma al di là di questo, c’è poi il controllo degli eurodeputati. “Attualmente è il Comitato consultivo sulla condotta dei paesi membri, composto da eurodeputati, che indaga sul mancato rispetto delle regole. Ma può farlo solo su richiesta del presidente del Parlamento e può fornire solo una semplice raccomandazione”, spiega Teixeira.
Un sistema, dunque, completamente passivo. Molto criticata è inoltre la facoltà concessa agli eurodeputati di svolgere un’attività accessoria, a determinate condizioni.
Proteggere meglio gli informatori
Vitor Teixeira chiede anche una migliore protezione “per gli informatori”, invocata anche da Transparency International Eu: l’europarlamento deve “riformare immediatamente le sue regole interne di segnalazione e allinearsi alla Direttiva europea sul whistleblowing” (la segnalazione di illeciti di interesse generale da parte di un dipendente pubblico).
Transparency International Eu ha presentato al parlamento europeo dieci proposte di azioni immediate ed efficaci per l’accertamento delle responsabilità e la riforma dei sistemi di “supervisione etica indipendente”.
Secondo Transparency Eu il Comitato consultivo per la condotta dei deputati “dovrebbe essere sciolto e sostituito da un nuovo organismo che includa un elemento esterno indipendente”. Il Parlamento dovrebbe inoltre introdurre immediatamente “regole rigorose di controllo finanziario in relazione a tutte le indennità dei deputati”. I governi di paesi terzi “che esercitano pressioni sulle istituzioni dell’Ue dovrebbero essere inclusi nel registro per la trasparenza” e i deputati, gli assistenti e il personale del Parlamento Ue che incontrano rappresentanti di paesi terzi “dovrebbero rendere pubblici i loro incontri e riunioni”.
Resta da vedere se questi messaggi verranno ascoltati. Roberta Metsola ha promesso riforme al funzionamento del Parlamento, senza specificarne il contenuto. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto lunedì di istituire un comitato etico “per tutte le istituzioni europee”, sul modello di quello esistente c presso la Commissione. Ma la proposta, sul tavolo da tre anni, è accolta con freddezza perché ritenuta poco ambiziosa.
(franceinfo e Transparency International Eu)