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Grecia e Turchia ai ferri corti per i migranti ritrovati quasi nudi al confine

K metro 0 – Ankara – Domenica scorsa, 92 migranti sono stati trovati quasi nudi e in pessime condizioni di salute dopo essere stati costretti con ogni probabilità ad attraversare il fiume Evros dalla Turchia al confine con la Grecia. Costretti dalla Tirchia secondo quanto dichiarato dal governo di Atene. Un’accusa decisamente respinta da Ankara.

K metro 0 – Ankara – Domenica scorsa, 92 migranti sono stati trovati quasi nudi e in pessime condizioni di salute dopo essere stati costretti con ogni probabilità ad attraversare il fiume Evros dalla Turchia al confine con la Grecia. Costretti dalla Tirchia secondo quanto dichiarato dal governo di Atene. Un’accusa decisamente respinta da Ankara. Lo ha riportato France 24.

L’agenzia di frontiera dell’Ue Frontex ha confermato l’arrivo del gruppo di disperati in circostanze che, secondo il ministero greco per la protezione civile, hanno trasmesso un’”immagine disumana”.

Paulina Bakula, portavoce di Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), ha confermato che “i migranti sono stati trovati quasi nudi e alcuni di loro con ferite visibili”. Immediato lo sdegno dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, UNHCR, che in un tweet ha commentato di essere “profondamente angosciata dalle notizie e dalle immagini scioccanti di 92 persone trovate al confine terrestre greco-turco spogliate dei loro vestiti”.

Bakula, parlando dal quartier generale di Frontex a Varsavia, ha detto che i funzionari di Frontex hanno lavorato con le autorità greche per fornire ai migranti – soprattutto afghani e siriani – assistenza immediata. Ha aggiunto che l’organizzazione ha informato il responsabile dell’agenzia per i diritti fondamentali di una potenziale violazione dei diritti.

Il ministro greco per la Protezione civile Takis Theodorikakos ha accusato subito la Turchia di “strumentalizzare l’immigrazione clandestina”, nell’ultima di una serie di recriminazioni sull’immigrazione tra i vicini. E ha aggiunto che “tre veicoli dell’esercito turco hanno trasferito i migranti sul fiume che funge da confine naturale”.

Sempre su Twitter, la presidenza turca ha negato ogni responsabilità per i migranti e ha incolpato la Grecia per la situazione “disumana”.

“Esortiamo la Grecia ad abbandonare al più presto il duro trattamento dei rifugiati e a cessare le sue accuse infondate e false contro la Turchia”, ha scritto il principale collaboratore del presidente Recep Tayyip Erdogan, Fahrettin Altun.

Il viceministro turco degli Interni Ismail Catakli ha poi invitato la Grecia a fermare quelle che in un tweet ha definito “manipolazioni e disonestà”.

Il ministro greco per la migrazione e l’asilo, Notis Mitarachi, aveva già bollato l’incidente come una “vergogna per la civiltà”. Atene affronta e nega dunque regolarmente le accuse delle ONG e dei media di aver cercato in molte occasioni di respingere illegalmente i migranti in Turchia, a volte usando la forza.

Ricordiamo che a settembre il presidente Erdogan, in un discorso alle Nazioni Unite, ha accusato la Grecia di aver trasformato il Mar Egeo in un “cimitero” con “politiche oppressive” sull’immigrazione. Il gruppo per i diritti Mare Liberum, con sede a Berlino, ha twittato: “Nella regione di Evros, crimini sistematici contro i diritti umani delle persone in movimento sono commessi quotidianamente sia dalla Turchia sia dalla Grecia”.

Infine, in un rapporto sulla Lettonia pubblicato da Amnesty International, sono denunciati violenti respingimenti di migranti e rifugiati al confine con la Bielorussia e gravi violazioni dei diritti umani nei loro confronti, tra cui detenzioni segrete e persino la tortura. Lo riporta la testata onuitalia.com.

Si tratta di testimonianze raccolte da Amnesty che provengono dunque da uno stato membro dell’Unione europea, la Lettonia, appunto. Il rapporto, intitolato: “O tornerai a casa tua o non lascerai mai la foresta”, rivela il brutale trattamento di migranti e rifugiati, bambini compresi, trattenuti arbitrariamente in strutture segrete all’interno della foresta e costretti illegalmente e con la violenza a tornare in Bielorussia.

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