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Spagna, all’Alhambra l’acqua sfida la forza di gravità

Spagna, all’Alhambra l’acqua sfida la forza di gravità

K metro 0 – Madrid – Una fortezza costruita sull’acqua. E’ grazie a quest’ultima, e allamaestria degli architetti arabi, che venne costruito il palazzo dell’Alhambra a Granada, uno dei complessi di architettura moresca più iconici al mondo. Un’impresa idraulica di 1.000 anni fa che impressiona ancora oggi gli ingegneri. Nei meravigliosi giardini di “al–Ḥamrā’” (la

K metro 0 – Madrid – Una fortezza costruita sull’acqua. E’ grazie a quest’ultima, e allamaestria degli architetti arabi, che venne costruito il palazzo dell’Alhambra a Granada, uno dei complessi di architettura moresca più iconici al mondo. Un’impresa idraulica di 1.000 anni fa che impressiona ancora oggi gli ingegneri.

Nei meravigliosi giardini di alḤamrā'” (la Rossa, nome arabo della città fortificata, dentro la città di Granada, nella Spagna moresca) la presenza dell’acqua infatti è dominante. Si trova ovunque, in questo complesso di palazzi in stile Islamico e Mudejar dell’Andalusia moresca, che rimase possesso arabo dei sultani della dinastia dei Nasridi fino alla Reconquista, quando divenne il palazzo reale dei Re Cattolici stregati dal suo incanto. Simbolo del nuovo potere che ne comprese l’importanza, fu così salvato dalla distruzione che toccò a molti altri monumenti dell’epoca.

Dentro le mura della città fortezza, divise nei tre settori dell’Alcazaba (al-qaṣba, la “cittadella”) dei palazzi e della Medina, c’era tutto quanto poteva farla vivere autonomamente: moschee, scuole e tutti i servizi necessari alle persone che ci abitavano.

L’acqua scorre in canali che raffreddano gli edifici; zampilla nelle fontane all’interno di grandi sale e incantevoli cortili; e spruzza in modo tale che, da determinate angolazioni, incornicia perfettamente maestose porte ad arco. Lo stesso intricato sistema colora i famosi giardini del Generalife, l’ex palazzo estivo adiacente. All’epoca, questa era una delle reti idrauliche più sofisticate al mondo, in grado di sfidare la gravità e sollevare l’acqua, dal fiume quasi un chilometro più in basso, sul colle della Sabika che domina la città.

L’impresa millenaria colpisce ancora oggi gli ingegneri: in una ricerca sui momenti chiave della storia dell’acqua nella civiltà, il Programma idrologico internazionale dell’UNESCO ha rilevato che “la moderna tecnologia idrica è debitrice dell’eredità di [questi] giardini acquatici e piscine”.

Per millenni, le grandi città sono spuntate sulle rive di fiumi, laghi e mari. Così è stato anche per il grande Regno di Granada, che si sviluppò lungo i fiumi Darro e Genil in quella che sarebbe diventata la comunità autonoma spagnola dell’Andalusia. Per i governanti islamici che hanno controllato questa e altre parti della Spagna per quasi 800 anni, l’acqua ha svolto una funzione fondamentale nella società, non solo per la sopravvivenza, ma anche per scopi religiosi ed estetici:

“e nell’acqua che Dio fa scender dal cielo vivificandone la terra morta[…] vi son Segni per gente dotata d’intelletto” [Corano Sura 2:164]

“Nell’Islam, l’acqua è l’origine della vita, è un simbolo di purezza e agisce come purificatore sia del corpo che dell’anima”, spiega Rocío Díaz Jiménez, direttore generale del Consiglio di fondazione dell’Alhambra.

Le fontane pubbliche, decorate con piastrelle di ceramica, erano abbondanti nelle strade delle città andaluse. Erano installate vicino alle moschee per le abluzioni, o vicino alle porte della città per dissetare i viaggiatori. Anche nelle case, l’acqua era al centro. “Era raro che un patio andaluso non avesse una fontana centrale, non importa quanto umile o sontuosa” aggiunge Díaz. “Anche l’acqua fa parte dell’essenza dell’Alhambra, un elemento fondamentale per la sua esistenza.”

Ma non è sempre stato così. Gli storici ritengono che l’Alhambra sia stata commissionata come fortezza nel IX secolo da un uomo di nome Sawwar ben Hamdun, durante le guerre tra musulmani e cristiani che si convertirono all’Islam. Ma fu solo con l’arrivo, nel XIII secolo, di Maometto I, il primo re della dinastia dei Nasridi – che avrebbe governato dal 1230 fino alla conquista cattolica spagnola del 1492 – che gli ingegneri vinsero la sfida della posizione elevata dell’Alhambra a 840 metri sulla collina di Sabika, trasformandola in una città palatina abitabile di una trentina di ettari con accesso ad acqua corrente fresca.

Mentre in precedenza i Mori utilizzavano da secoli semplici acequias, o piccoli canali, nelle aree circostanti, grazie a tecniche di irrigazione apprese dai persiani e dai romani durante la loro espansione attraverso il Mediterraneo e la penisola iberica, la grande innovazione dei Nasridi fu quella di progettarne una che sollevasse l’acqua dal fiume più vicino, fino al loro complesso di cortili, giardini e hammam (bagni termali).

Il cardine della loro innovazione è stato l’Acequia Real, un canale di 6 km che attingeva dal fiume Darro. Fu costruita una diga (azud) per deviare il flusso del fiume a monte, trasportato dalla sua potenza lungo il fianco della collina prima di distribuire l’acqua in canali più piccoli. Le ruote idrauliche (na’ura), furono aggiunte per elevare l’acqua a diversi livelli. E attraverso una complessa struttura idraulica di grandi vasche, cisterne e una rete di tubi perfettamente intrecciata, veniva trasportata nei giardini del Generalife e fino al palazzo dell’Alhambra, tramite un acquedotto.

L’acqua che scorre dà all’Alhambra una sensazione magica, che i visitatori colgono, godendo lo spettacolo del palazzo e del cielo riflessi nelle lunghe vasche dei cortili interni.

Nel tempo, il sistema di irrigazione del palazzo-città fu ampliato: furono costruite più ruote idrauliche e albercas (grandi piscine) e furono aggiunte cisterne per raccogliere l’acqua piovana. Successivamente fu biforcato un altro canale al largo dell’Acequia Real principale, detto Acequia Tercio, che portava l’acqua ancora più in alto e irrigava i frutteti sopra il Generalife.

Uno degli esempi più ingegnosi dell’acquedotto dell’Alhambra si trova nel Palacio de los Leones. Al centro di un ampio cortile luminoso, si erge la Fontana dei Leoni in splendente marmo bianco, circondata da colonne riccamente scolpite: 12 mitici leoni che simboleggiano le Dodici tribù di Israele.

Ogni bestia sputa acqua dalla bocca, alimentando quattro canali nel pavimento in marmo del patio (simboli dei quattro fiumi del paradiso) che poi corrono per tutto il palazzo per rinfrescare le stanze.

La Fontana dei Leoni, spiega Diaz, è il compendio del sistema nel suo insieme. “Riunisce la conoscenza di una tradizione tecnica, frutto di studi ed esperienze costruttive nel corso di molti secoli, che ha permesso la creazione dell’Alhambra”.

Mentre l’Acequia Real è stata continuamente aggiornata e ampliata nel corso dei secoli, altre acequia della zona caddero in uno stato di abbandono nel XX secolo, come la Fontana delle lacrime (il canale Aynadamar dell’XI secolo) la più antica acequia della città, che ha permesso lo sviluppo del quartiere medievale di Albaicín di Granada, parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO della zona.

Quest’anno José María Martín Civantos, dell’Università di Granada, specializzato in storia medievale e antiche tecniche di irrigazione, e la Fundación Agua Granada (un’organizzazione no profit per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile) guidano un progetto per ripristinare il canale Aynadamar, e preservare il patrimonio di conoscenze tecniche dei Mori.

Con tutta la nostra moderna tecnologia, ancora oggi resta molto da imparare da questi antichi sistemi idrici. Ecco perché, come ha precisato Civantos, i lavori “verranno eseguiti secondo le tecniche tradizionali, nel rispetto dell’impianto originario” per ripristinare il canale e il suo ambiente originale.

“L’acqua irrigherà le aree con ecosistemi semi-aridi e l’Aynadamar diventerà un corridoio ecologico per lo sviluppo della vegetazione autoctona e un habitat per molti animali”, ha spiegato Sebastián Pérez Ortiz (amministratore delegato della Fundación Agua Granada).

Questo potenziale di conoscenza – e di benefici ambientali – è anche il motivo per cui l’Associazione internazionale per l’ingegneria e la ricerca idroambientali terrà il suo Congresso mondiale a Granada quest’anno. Gli scienziati dell’Associazione studieranno, oltre all’elaborato sistema idraulico dell’Alhambra, anche questi antichi sistemi di irrigazione e gli ecosistemi associati, per vedere cosa possono imparare oggi.

“Le ingegnose tecniche dei Mori ci mostrano che innovazione e tecnologia non devono essere in contrasto con la conservazione, tanto meno con la sostenibilità”, ha spiegato Civantos. “I sistemi di irrigazione ci forniscono un vasto ecosistema da cui dipendono molti dei nostri paesaggi culturali”.

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