K metro 0 – Roma – Se si osservano da vicino i dati 2020 relativi alla formazione dei dipendenti pubblici del comparto funzioni locali, emergono differenze territoriali più marcate rispetto all’anno precedente. A evidenziarlo il Centro Studi Enti Locali (Csel) che, per Adnkronos, ha elaborato i dati del conto annuale riferiti al 2020, rilasciati dal
K metro 0 – Roma – Se si osservano da vicino i dati 2020 relativi alla formazione dei dipendenti pubblici del comparto funzioni locali, emergono differenze territoriali più marcate rispetto all’anno precedente. A evidenziarlo il Centro Studi Enti Locali (Csel) che, per Adnkronos, ha elaborato i dati del conto annuale riferiti al 2020, rilasciati dal ministero dell’Economia e delle finanze pochi giorni fa. La forbice si è ampliata notevolmente e vede ai due estremi i dipendenti degli enti territoriali della virtuosa Valle d’Aosta, che hanno trascorso mediamente 3,16 giorni in aula, e quelli calabresi, fermi a quota 0,16. Si tratta di circa 1 ora e 28 minuti in un anno, praticamente l’equivalente della durata di un film.
Si collocano al di sopra della media nazionale, insieme alla Valle d’Aosta, altre 7 regioni. Nell’ordine, Lombardia (1,78 giorni), Friuli Venezia Giulia (1,70), Emilia Romagna (1,65), Toscana (1,46), Piemonte (1,44), Liguria (1,14) ed Umbria (1,13). Al di sotto della media nazionale, le restanti regioni e, in particolare, poco più su del caso limite calabrese (0,16), si collocano: Sicilia (0,19 giorni), Basilicata (0,27), Molise (0,41), Provincia autonoma di Bolzano (0,42), Abruzzo (0,46), Campania (0,47), Puglia (0,54), Marche (0,56), Lazio (0,61), Sardegna (0,72) e Provincia autonoma di Trento (0,97).
L’analisi dei dati relativi alle ore dedicate nell’arco del 2020 alla formazione da parte dei dipendenti degli enti territoriali italiani fa emergere anche una differenza marcata dal punto di vista del genere. In generale, gli uomini hanno passato la metà del tempo in aula rispetto alle colleghe donne: 0,72 giorni gli uomini contro 1,19 delle donne. Un caso particolarmente eclatante da questo punto di vista è quello del Friuli Venezia Giulia. Le dipendenti degli enti locali hanno passato in aula circa 2 giorni e mezzo contro le 4 ore e mezzo circa dei colleghi uomini. Fanno eccezione, rispetto a questo andamento generalizzato, soltanto Lazio, Bolzano, Trento e Toscana, dove i rapporti sono invece invertiti.
Crollo verticale delle ore passate a formarsi da parte dei dipendenti pubblici: tra i molti volti dell’impatto della pandemia, c’è anche questo. I dati del conto annuale riferiti al 2020 hanno fatto emergere come le ore passate in aula, soprattutto dai dipendenti delle amministrazioni centrali e dal personale sanitario, si siano ridotte drasticamente in corrispondenza dell’insorgere dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Complessivamente, i giorni dedicati alla formazione nell’arco del 2020 da parte degli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici italiani sono stati 2,6 milioni, circa 6 ore a testa in un anno. Si tratta del punto più basso mai toccato nell’arco di tempo sul quale sono disponibili gli open data del Mef, che coprono un totale di 13 anni.
Considerata la mole di lavoro incredibile che si sono trovati a gestire e i ritmi massacranti imposti dalla gestione dell’emergenza, non sorprende scoprire – osserva Csel – che uno dei comparti nei quali questo calo è stato più marcato sia quello sanitario. È a quest’ambito che sono riconducibili oltre metà del milione e 99.221 giorni di formazione mancanti all’appello nel 2020 rispetto all’anno precedente. “Va detto che il problema dello scarso tempo dedicato a corsi di aggiornamento e formazione da parte dei dipendenti pubblici – avverte Cse – è una questione atavica e trasversale a tutti i rami della Pa, che affonda le radici in una prassi consolidata già ben prima dell’insorgere della pandemia”.
In questo scenario in generale non roseo, i dipendenti del comparto sanità, nell’ultimo anno pre-emergenza, si erano però collocati sopra la media del settore pubblico in generale, con circa un giorno e mezzo all’anno passato in aula contro una media di circa un giorno. Il Covid ha falcidiato ulteriormente questo ammontare di tempo, già modesto, passato mediamente in aula da parte di medici, infermieri e affini, riducendolo a circa mezza giornata (-60%).
L’unico comparto in cui il calo è stato percentualmente ancora più elevato (-62%) è stato quello delle funzioni centrali, che mette insieme gli oltre 225mila dipendenti dei ministeri, delle Agenzie fiscali e degli Enti pubblici non economici come Inps, Inail, Enac o Agid.
Non sono state influenzate dal calo generale registrato nella pubblica amministrazione, durante la pandemia, le ore dedicate alla formazione da parte dei dipendenti di Comuni, Province, Regioni e città metropolitane, che hanno, al contrario, fatto registrare un timido aumento del 2% nel 2020. “Un segnale positivo – sottolinea Csel – che è però lontano dal poter destare rallegramento, posto che, nonostante questo leggerissimo incremento, ciò che i dati indicano è che un dipendente di un ente locale passa mediamente 7 ore e 50 minuti all’anno a formarsi. Un dato evidentemente sconfortante che non è sfuggito al governo che, non a caso, si sta mobilitando su più fronti per tentare di invertire la rotta, rafforzando le competenze senza le quali non sarà possibile dare attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Lo scorso gennaio, ad esempio, il ministro per la Pubblica amministrazione, riferisce Csel, ha mandato una mail ad ognuno dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani proprio per chiedere una massiccia adesione alle iniziative formative attivate su tutto il territorio nazionale nell’ambito del Piano strategico denominato ‘Ri-formare la Pa. Persone qualificate per qualificare il Paese’. Un piano che affonda le radici su più filoni: ‘Pa 110 e lode’, Syllabus per la formazione digitale e strumenti preesistenti come il programma Inps ‘Valore Pa’. La comunicazione si apriva con questo passaggio, riporta Csel: “Gentilissima/o, la Pubblica amministrazione, con i suoi 3,2 milioni di dipendenti, è il perno della ricostruzione del Paese e il Piano nazionale di ripresa e resilienza individua nelle persone, prima ancora che nelle tecnologie, il motore del cambiamento. L’innovazione si produce con le conoscenze e le competenze che già possedete e con quelle, anche tecniche, organizzative e manageriali, che le transizioni amministrativa, digitale ed ecologica richiedono di acquisire. Ciascuno di voi, oggi, può davvero fare la differenza”.
“L’auspicio è che questi input e queste opportunità vengano accolte con favore e che questo si rifletta in un aumento decisamente più marcato negli anni a venire del tempo investito dalle amministrazioni locali e non nella formazione del proprio organico”, conclude Csel.