K metro 0 – Roma – “Quel che è più inaccettabile, perché, in un certo senso, ancor più grave del negazionismo, e frutto dell’incultura e dell’imbarbarimento stesso della nostra società, è sentir commentare la tragica vicenda di Norma Cossetto con espressioni del tipo “Beh, ma in fondo se l’è cercata…”! (di uso frequente, quando certa
K metro 0 – Roma – “Quel che è più inaccettabile, perché, in un certo senso, ancor più grave del negazionismo, e frutto dell’incultura e dell’imbarbarimento stesso della nostra società, è sentir commentare la tragica vicenda di Norma Cossetto con espressioni del tipo “Beh, ma in fondo se l’è cercata…”! (di uso frequente, quando certa gente commenta i femminicidi odierni)”. Nella sede della Casa del Ricordo in Via San Teodoro, nei pressi del Circo Massimo, dove la Società di Studi Fiumani- Archivio – Museo storico di Fiume e l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia tengono viva la memoria dell’Esodo istriano, fiumano e dalmata (1945-1956) e della tragedia delle Foibe, è stato presentato il romanzo “Il Quadro di Norma”, di Giuseppina Mellace (Roma, Edicusano ed., 2022). Il libro è dedicato alla storia di Norma Cossetto, la giovane istriana, nativa di Visinada (oggi Vizinada-Croazia), la cui vicenda è assurta un po’ a simbolo di tutta la tragedia delle stragi nelle Foibe: sterminio programmato avviato nell’autunno del’43 in Istria e proseguito, dal maggio del ’45 in poi, a guerra finita, dai partigiani titoisti – con l’alibi della lotta antifascista – contro gli italiani di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia.
Nel suo intervento Donatella Schurzel (Vicepresidente del Comitato Nazionale dell’ANVGD), ha posto in evidenza la narrazione equilibrata, ricca di motivi storici e umani, presente nel libro di Giuseppina Mellace. Norma diventa il simbolo delle sofferenze patite in Istria da tante donne, uccise nelle Foibe o in altri barbari modi. Si tratta di un percorso di conoscenza della vita di una giovane donna istriana, uccisa per odio ideologico e in quanto italiana. Oggi che tanto si parla di femminicidio, la vicenda di Norma torna di attualità. Non si può tollerare la scusante che fosse figlia di un podestà fascista, poiché è stata uccisa e violentata con estrema violenza, senza pietà; e per tale assassinio, nessuno ha mai dovuto rendere conto alla giustizia.
Foibe: un massacro di massa scatenato da un micidiale “cocktail” di fanatismo comunista staliniano, intolleranza etnica e nazionalismo esasperato: “responsabile, in totale”, ha precisato Marino Micich, Direttore dell’Archivio – Museo Storico di Fiume, “di un numero di vittime italiane che gli storici stabiliscono da un minimo di 5.000 a un massimo di 10.000. In tali valutazioni vanno poi comprese anche le vittime nei campi di concentramento jugoslavi, o uccise in altri modi. Ma la cifra esatta delle vittime non la sapremo mai, soprattutto perché non era interesse della polizia segreta jugoslava documentare le stragi.
Sono passati oltre 75 anni da quegli avvenimenti ed è difficile poter indagare”.
“C’è, comunque”, ha proseguito il Dott. Micich, “almeno una lista incompleta, relativa a Trieste e Gorizia, di circa 1260 vittime delle Foibe identificate, compilata a Trieste dal “Comitato recupero salme infoibati”, quando la città, dopo la fine della guerra, grazie agli Alleati diventò territorio libero. Mentre già nell’autunno del ’43, terminata (con la nascita della RSI e l’occupazione tedesca di tutta la zona del litorale adriatico, che ricacciò indietro le truppe partigiane) la prima ondata dei massacri nelle Foibe, c’era stata una relazione del Prefetto di Pola, Bilucaglia, che parlava di circa 365 vittime identificate; ma in quella prima fase possiamo stimarne, in tutta l’Istria, almeno 500/600. Spesso, nei pochi documenti di allora pervenutici, le vittime di sesso femminile, incredibilmente, non venivano neanche citate per nome (si scriveva, cioè, “la moglie di…”, “la figlia di…”). Sappiamo comunque con certezza che la repressione jugoslava uccise almeno 436 donne, gran parte di esse gettate nelle Foibe”.
Norma Cossetto (che, nel 2006, è stata insignita della medaglia d’oro al valor civile alla memoria), figlia di Giuseppe, podestà fascista locale, nata il 17 maggio 1920, viene trucidata, in quella che passerà sinistramente alla storia come la foiba di Villa Surani, nell’altro paese di Antignano, il 5 ottobre 1943. Non va dimenticato che i suoi aguzzini non erano solo slavi: tra loro c’erano anche alcuni italiani, membri dell’ “esercito di liberazione” titoista (circostanza, questa, poi puntualmente ripetutasi, in seguito, nell’eccidio di Porzus del febbraio ’45).
”Ora – precisa l’autrice Giuseppina Mellace, scrittrice e studiosa di storia contemporanea – ho voluto parlare di Norma in un romanzo in quanto mezzo di piu’ facile diffusione, capace di raggiungere un pubblico più vasto di quello dei lettori d’un saggio storico. Già appena uscito, comunque, il mio romanzo non ha avuto vita facile, essendo il tema delle Foibe, nel Triveneto e in Croazia e non solo, ancora un tabù, che troppi s’ostinano a tenere nascosto (quando non inveiscono apertamente contro chiunque osi parlarne dicendo la verità).
Marino Micich e Donatella Schurzel, tra le altre cose, hanno evidenziato l’importanza del Quartiere giuliano-dalmata di Roma come “Museo a cielo aperto”, che con molti edifici ricorda direttamente gli anni, immediatamente postbellici, dell’arrivo dei profughi giuliani, istriani e dalmati (ne vennero accolti, in tutta Roma, circa 10.000). E dove, negli ultimi anni, le varie realtà espressione degli esuli hanno iniziato a installare, in memoria dei caduti, panchine (di cui una, recentemente, dedicata proprio a Norma Cossetto), targhe, lapidi, monumenti, e fondato l’Archivio – Museo Storico di Fiume di Via Cippico, concreti strumenti di memoria cittadina.
“Negli ultimi anni, comunque”, conclude Micich, ”anche la sinistra ha iniziato ad affrontare, con un minimo di autocritica, il tema delle Foibe e dell’ Esodo; personaggi come Walter Veltroni, Luciano Violante, Nicola Zingaretti ci hanno anzi aiutato ad organizzare iniziative importanti”. Vanno sempre riconosciuti, ovviamente, i sostegni dati alla cultura degli esuli dai politici anzitutto di altro schieramento: come Maurizio Gasparri, Fabio Rampelli, Roberto Menia, Carlo Giovanardi. Soprattutto con l’approvazione della fondamentale legge del 2004 sul Giorno del ricordo. Purtroppo, la tendenza a minimìzzare, rimuovere o addirittura negare la realtà di queste tragedie, persiste ancora, in organizzazioni importanti (l’ANPI, ad esempio, da sempre su questi temi è schierata con le ragioni di Tito).