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Ue divisa su pagamento gas in rublo

Ue divisa su pagamento gas in rublo

K metro 0 – Bruxelles – La Commissione europea si divide, seguendo linee di faglia nazionali, sulla questione del pagamento delle forniture di gas dalla Russia secondo le modalità decise per volere di Vladimir Putin, che ha imposto per decreto alle imprese europee che comprano metano da Gazprom di aprire un conto denominato in rubli

K metro 0 – Bruxelles – La Commissione europea si divide, seguendo linee di faglia nazionali, sulla questione del pagamento delle forniture di gas dalla Russia secondo le modalità decise per volere di Vladimir Putin, che ha imposto per decreto alle imprese europee che comprano metano da Gazprom di aprire un conto denominato in rubli presso Gazprombank, la banca del colosso guidato da Aleksey Miller che è l’erede diretto del ministero del Gas dell’Unione Sovietica.

Il vicepresidente esecutivo Frans Timmermans, olandese, e il commissario all’Economia, l’italiano Paolo Gentiloni, hanno fornito due letture in apparenza diverse, se non opposte, della decisione di Eni (e di altre compagnie clienti di Gazprom) di allinearsi, in via cautelativa e riservandosi di ricorrere nelle sedi opportune di fronte ad una modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, alle modalità imposte da Mosca per pagare il gas a Gazprom.

La compagnia italiana non è la sola ad aver agito in questo modo: anche altre società europee lo hanno fatto, per evitare di mettere a repentaglio le forniture di gas. Con uno stop improvviso del metano russo, secondo quanto ha previsto la stessa Commissione, l’Europa finirebbe sicuramente in recessione e l’inflazione, già molto elevata, salirebbe sopra il 9% nel 2022.

Di fatto ieri Eni ha comunicato che aprirà un conto denominato in rubli, come preteso dalle autorità russe, chiarendo però che le fatture riportano prezzi in euro, che il rischio di cambio non è a suo carico e che il pagamento del gas viene considerato concluso al momento del versamento del corrispettivo nella valuta comunitaria.

A quanto hanno detto a più riprese i portavoce della Commissione, e a quanto ha affermato Timmermans, la mera apertura di un conto in rubli parrebbe configurare una violazione delle sanzioni. “Voglio essere molto, molto chiaro su questo: pagare il gas in rubli viola le sanzioni Ue, è molto semplice”, ha scandito il laburista olandese, interrogato sulla decisione di molte compagnie Ue, tra cui Eni, di adeguarsi in via cautelativa alle richieste russe.

Il numero due della Commissione ha aggiunto che il pagamento in rubli costituisce “in ogni caso una violazione dei contratti, nei quali è indicata chiaramente la valuta nella quale il corrispettivo deve essere pagato. E’ chiaro nei contratti: si dice euro o dollari, mai rubli. Quindi, semplicemente” pagare le forniture in valuta russa “non è in linea con i contratti e non è in linea con il regime di sanzioni” adottato dall’Ue contro Mosca per la guerra in Ucraina.

Le cose, forse, non sono così semplici: basta aprire un secondo conto in rubli per affermare che il pagamento viene fatto in rubli? Gentiloni, che è commissario all’Economia e che è stato presidente del Consiglio (è l’unico ex premier della Commissione insieme al lettone Valdis Dombrovskis), ha dato una risposta diversa da quella del collega, socialista come lui. “Che noi sappiamo – ha detto – la quasi totalità dei contratti” per l’acquisto di gas naturale dalla Russia “sono denominati in euro o in dollari. I pagamenti delle compagnie europee avvengono secondo questi contratti e avvengono in euro e in dollari. Punto. E questo non costituisce una violazione delle sanzioni”.

“Se mi chiedessero ‘stanno pagando in rubli: questa è una violazione?’ – ha continuato Gentiloni – naturalmente la risposta sarebbe diversa. Ma non è quello che sta succedendo con le compagnie europee. E penso, per quanto ne so, che il modo di pagare sia piuttosto simile, forse identico, tra le diverse compagnie energetiche”.

Il punto pare essere una questione da avvocati d’affari, ovvero qual è il momento in cui si considera perfezionato il pagamento, e quindi se basti o meno la mera apertura di un conto in rubli presso Gazprombank, imposto dalle autorità russe, per configurare un pagamento in rubli, ergo una violazione delle sanzioni.

L’Eni, che agisce d’accordo con il governo italiano, ritiene che non sia così, e non è la sola, dato che altre compagnie europee si stanno adeguando al decreto voluto dal Cremlino. Una parte della Commissione, a partire dal portavoce capo Eric Mamer (che si presume esprima la posizione della presidente) e dal vicepresidente esecutivo, sembra essere di avviso diverso. Oggi la commissaria all’Energia Kadri Simson ha lasciato la conferenza stampa anzitempo e non c’è stato modo di interrogarla sul punto.

Il Cane a Sei Zampe ha chiarito ieri di aver avviato le procedure per aprire i due conti ‘K’, previsti dal decreto russo, in virtù di una “pretesa unilaterale di modifica” dei contratti in essere di Gazprom Export. Anzitutto, Eni ricorda di avere “già da tempo rigettato tali modifiche”. Pertanto, l’apertura dei conti avviene “su base temporanea” e “senza pregiudizio alcuno dei diritti contrattuali della società”, che prevedono “il soddisfacimento dell’obbligo di pagare a fronte del versamento in euro. Tale espressa riserva – sottolinea Eni – accompagnerà anche l’esecuzione dei relativi pagamenti”.

La decisione, ha specificato il gruppo, è stata “condivisa con le istituzioni italiane” ed è stata presa “nel rispetto dell’attuale quadro sanzionatorio internazionale”. E inoltre in corso un confronto con Gazprom Export “per confermare espressamente l’allocazione a carico di Gazprom Export stessa di ogni eventuale costo o rischio connesso alla diversa modalità esecutiva dei pagamenti”. Quindi, il rischio di cambio non è carico del compratore.

Gazprom Export e le autorità russe competenti hanno confermato tra l’altro che “la fatturazione (effettivamente giunta ad Eni nei giorni scorsi nella valuta contrattualmente corretta) e il relativo versamento da parte di Eni continueranno a essere eseguiti in euro, così come contrattualmente previsto”. Quindi, secondo Eni, il pagamento avviene in euro, non in rubli.

Gazprom e le autorità russe hanno anche confermato che “le attività operative di conversione della valuta da euro a rubli saranno svolte da un clearing agent operativo presso la Borsa di Mosca entro 48 ore dall’accredito e senza coinvolgimento della Banca Centrale Russa”. Inoltre, “nel caso di ritardi o impossibilità tecniche nel completare la conversione nei tempi previsti non ci saranno impatti sulle forniture”.

Per il gruppo di San Donato Milanese la procedura appare “neutrale in termini di costi e rischi” e “non incompatibile con il quadro sanzionatorio in vigore”. Eni, tuttavia, “in assenza di future risposte complete, esaustive e contrattualmente fondate da parte di Gazprom Export, avvierà un arbitrato internazionale sulla base della legge svedese (come previsto dai contratti in essere) per dirimere i dubbi rispetto alle modifiche contrattuali richieste dalla nuova procedura di pagamento e alla corretta allocazione di costi e rischi”.

In ogni caso, “Eni ribadisce fermamente che rispetterà qualsiasi eventuale futuro provvedimento normativo che dovesse intervenire a sanzionare il trading del gas o le attuali controparti”. Per l’azienda, dunque, che non è sola, queste modalità di pagamento non violano le sanzioni Ue. Anche il presidente del Consiglio Mario Draghi ha tenuto la stessa linea, parlando di una “zona grigia”, nella quale il quadro sanzionatorio Ue non viene violato.

Il punto, spiega all’AdnKronos Simone Tagliapietra, senior fellow del think tank bruxellese Bruegel, è che “paradossalmente”, Gentiloni e Timmermans “dicono la stessa cosa, anche se può apparire contraddittorio. E appare tale – continua – perché attualmente ci troviamo ancora in una zona grigia, dove non si è chiarito se vi saranno ripercussioni per quelle aziende che, pur pagando in euro/dollari, aprono un conto in rubli. Ci si attende che la Commissione Europea faccia presto chiarezza su questo fronte, con una posizione chiara e risolutoria”.

Il ‘chicken game’ multilaterale sul gas avviato da Vladimir Putin dunque continua, tra Bruxelles, Mosca e le tante capitali dell’Ue. Intanto, il sesto pacchetto di sanzioni, che prevede un embargo graduale alle importazioni di petrolio dalla Russia, rimane fermo, bloccato dal veto dell’Ungheria di Viktor Orban, oltre due settimane dopo che Ursula von der Leyen ha annunciato in Parlamento a Strasburgo la sua imminente approvazione.

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