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Francia, al via la corsa alle presidenziali, con 12 candidati in lizza

K metro 0 – Parigi – I “magnifici 12” sono ai nastri di partenza. Il Consiglio costituzionale francese ha pubblicato lunedì l’elenco ufficiale dei 12 candidati in regola per la corsa alle elezioni presidenziali che entrerà nel vivo a poco più di un mese di distanza dal primo turno del 10 aprile, per concludersi con

K metro 0 – Parigi – I “magnifici 12” sono ai nastri di partenza. Il Consiglio costituzionale francese ha pubblicato lunedì l’elenco ufficiale dei 12 candidati in regola per la corsa alle elezioni presidenziali che entrerà nel vivo a poco più di un mese di distanza dal primo turno del 10 aprile, per concludersi con l’eventuale ballottaggio previsto per il 24 aprile.

Tutti hanno ottenuto i cosiddetti “parrainages” (le sponsorizzazioni necessarie) ovvero 500 firme di sostegno di rappresentanti istituzionali (parlamentari, sindaci, consiglieri municipali, dipartimentali e regionali), 12 cavalli di razza lanciati verso il traguardo. Ma il favorito resta il presidente uscente Emmanuel Macron, eletto nel 2017, che potrebbe arrivare in testa al ballottaggio del secondo turno il 24 aprile.

Ministro dell’economia sotto l’ex presidente socialista François Hollande, Macron è salito al potere cinque anni fa con un programma centrista e un partito di nuova fondazione (En Marche). Ma le sue politiche hanno generato risentimenti tra i molti che lo hanno accusato di favorire i ricchi e di aver governato in gran parte su posizioni di destra. La sua proposta di aumento della tassa sul carburante ha scatenato le accese proteste dei Gilet Gialli del 2018 e 2019, costringendolo a fare marcia indietro. Parte comunque avvantaggiato dalla frammentazione politica del fronte dei suoi avversari.

A destra, la principale antagonista è Valerie Pécresse. Presidente della regione dell’Île-de-France, ha sorpreso molti vincendo le primarie del suo partito (Les Républicains), diventando la sua prima candidata donna alle presidenziali.

Ministra del Bilancio sotto l’ex presidente Nicolas Sarkozy, ha accusato Macron di dissolutezza fiscale e di debolezza verso la criminalità. Nei sondaggi è al terzo posto, col 14,9%, dopo Marine Le Pen, leader dell’estrema destra al suo terzo tentativo per la presidenza, accreditata al 16,9%.

Sempre a destra, c’è Eric Zemmour, giornalista e opinionista televisivo, che ha ottenuto un seguito significativo per le sue polemiche contro l’immigrazione e il velo islamico, facendo presa su molti sostenitori della Le Pen.

Ha registrato un’impennata nei sondaggi invocando un ritorno alla grandeur perduta della Francia. Poi ha perso terreno, ma rimane appena dietro la Le Pen.

Ancora a destra, c’è Nicolas Dupont-Aignan, il capo euroscettico del partito Debout La France (Alzati Francia) un partito neogollista e sovranista fondato nel 2008 su sua iniziativa.

Sindaco di un sobborgo parigino, animato da spirito donchisciottesco è sceso in campo sognando la presidenza fin dal 2007. Ma nelle due ultime corse per l’Eliseo ha raccolto pochi consensi (l’1,79% nel 2012, il 4,70% nel 2017) .

Si proclama il vero erede del generale Charles de Gaulle e un campione della sovranità francese. Ha promesso di reprimere l’immigrazione e dare “un calcio nel sedere ai pigri, ai fannulloni e ai parassiti” che approfittano del sistema di sicurezza sociale della Francia.

Anche la Gauche è frammentata. A sinistra c’è Anne Hidalgo, che ha raccolto la bandiera del Partito socialista, da quando il suo leader, François Hollande, diventato uno dei presidenti più impopolari della storia recente, ha rinunciato a correre per un secondo mandato all’Eliseo, nel 2017. Rieletta sindaco di Parigi nel 2020, è ora in lizza per le presidenziali. Promette una forma di governo più inclusiva per la nazione insieme ad aumenti salariali generali per i lavoratori a basso reddito. Ma finora non è riuscita a replicare la sua popolarità su scala nazionale. Rischia di non raggiungere nemmeno il 5% al primo turno.

Dopo lo strepitoso successo dei Verdi alle elezioni locali di due anni fa, l’ex attivista di Greenpeace, Yannick Jadot spera di affermarsi nella corsa alle presidenziali, dicendo che i francesi sono pronti ad abbracciare una rivoluzione ambientale. E’ in crescita nei sondaggi, ma ancora non supera il 6,5%.

Ancor più frammentato il fronte della sinistra radicale.

C’è il gauchiste Jean Jean-Luc Mélenchon leader del partito La France Insoumise. In lizza per la terza volta, è al quarto posto nei sondaggi con il 12%.

Famoso per le sue invettive contro la globalizzazione e le “élites”, Mélenchon ha una base di sostenitori convinti che i socialisti hanno perso i contatti con gli elettori al di fuori delle grandi città. Ma con lo spostamento a destra del panorama politico francese, faticherà a eguagliare il successo del 2017, quando ottenne quasi il 20% dei voti al primo turno.

Accreditato al 4% è il leder carismatico del Partito comunista francese, Fabien Roussel, che ha visto aumentare i suoi consensi nelle ultime settimane. Per la prima volta dal 2007, i comunisti avranno un loro candidato, anche se il partito resta ancora lontano dalle percentuali dei decenni precedenti.

Roussel ha promesso di aumentare le tasse sulle imprese e sui redditi più alti per pagare gli aumenti salariali di insegnanti, infermieri e altre professioni a basso salario, e le nazionalizzazioni delle grandi banche e dei colossi dell’energia.

Disperatamente minoritario, il candidato del Nuovo Partito Anticapitalista, Philippe Poutou, che ha raccolto le 500 firme necessarie per correre per le presidenziali sul filo del rasoio. Ex operaio Ford licenziato nel 2019, Poutou ha avviato una campagna che promette di disarmare la polizia e ricostruire la pubblica amministrazione francese dopo anni di restrizioni di bilancio.

Per le terza volta si presenta alle presidenziali anche la rappresentante di Lutte Ouvriére Nathalie Artaud, una trotzkista insegnante di economia che vuole aumentare il salario minimo a 2.000 euro, mettere fuori legge i tagli ai posti di lavoro e abbassare l’età pensionabile da 62 anni a 60.

E infine un outsider, come Jean Lassalle. Uno dei candidati più singolari all’Eliseo. Eletto deputato nel 2002 come rappresentante del collegio dei Pirenei Atlantici, si è candidato alle presidenziali nel 2017 sostenuto dal suo partito Resistons!. Ha raccolto l’1,2% dei voti. Ex pastore, presidente del Parco Nazionale dei Pirenei per dieci anni (dal 1989 al 1999) è un paladino a difesa del mondo agricolo. E’ noto per aver fatto lo sciopero della fame per impedire la chiusura di una fabbrica.

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