K metro 0 – New York – Il surriscaldamento globale del pianeta sta trasformando i paesaggi in polveriere pronte ad esplodere in incendi devastanti a causa di eventi climatici estremi sempre più frequenti. Venti più forti, più caldi e più secchi alimentano le fiamme. Nei prossimi anni, il numero di grandi incendi in tutto il
K metro 0 – New York – Il surriscaldamento globale del pianeta sta trasformando i paesaggi in polveriere pronte ad esplodere in incendi devastanti a causa di eventi climatici estremi sempre più frequenti.
Venti più forti, più caldi e più secchi alimentano le fiamme. Nei prossimi anni, il numero di grandi incendi in tutto il mondo aumenterà drasticamente. Ma i governi sono mal preparati a far fronte ai danni che provocheranno. E’ uno scenario inquietante quello prospettato dal nuovo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep).
Anche gli sforzi più ambiziosi per ridurre le emissioni di gas serra non impediranno un drammatico aumento della frequenza degli incendi estremi, conclude il Rapporto, con una nota pessimistica. Cambiamento climatico e incendi si alimentano a vicenda. “Entro la fine del secolo, è probabile che incendi simili all’estate nera australiana del 2019-2020 o ai vasti incendi dell’Artico nel 2020” saranno più frequenti.
Grandi incendi, che possono divampare incontrollati per giorni o settimane, causano problemi respiratori e cardiaci, soprattutto per gli anziani e i giovanissimi. Un recente studio sulla prestigiosa rivista scientifica “The Lancet” ha concluso che l’esposizione al fumo di incendi provoca, in media, più di 30.000 morti ogni anno in 43 nazioni per le quali erano disponibili dati.
I danni economici negli Stati Uniti, uno dei pochi paesi a calcolare questi costi, sono variati tra i 71 e i 348 miliardi di dollari negli ultimi anni.
I grandi incendi possono anche essere devastanti per la fauna selvatica, spingendo alcune specie in via di estinzione più vicine alla scomparsa definitiva. Quasi tre miliardi di mammiferi, rettili, uccelli e rane sono stati uccisi o danneggiati, ad esempio, dai devastanti incendi boschivi del 2019-20 in Australia.
Ondate di caldo, siccità e ridotta umidità del suolo hanno contribuito a incendi senza precedenti negli Stati Uniti occidentali, in Australia e nel bacino del Mediterraneo solo negli ultimi tre anni. Anche l’Artico – in precedenza quasi immune a questi fenomeni – ha assistito a un drammatico aumento degli incendi, inclusi i cosiddetti “fuochi zombie”: fiamme che covavano sotto uno strato di neve e ghiaccio per tutto l’inverno prima di divampare di nuovo. L’anno scorso, le foreste in fiamme hanno emesso più di 2,5 miliardi di tonnellate di CO2 nei soli mesi di luglio e agosto, equivalenti alle emissioni annuali dell’India da tutte le fonti, ha riferito il Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) dell’Ue.
Compilato da 50 massimi esperti, il rapporto esorta a ripensare ai rimedi necessari ad affrontare il problema.
In prospettiva gli incendi saranno più frequenti e intensi, con un aumento globale di quelli estremi fino al 14% entro i, 2030, del 30% entro la fine del 2050 e del 50& entro la fine del secolo.
Ma le attuali risposte dei governi “spesso mettono i soldi nel posto sbagliato”. Le risposte dirette agli incendi, “ricevono più della metà delle relative spese, mentre la pianificazione e la prevenzione ricevono meno dell’1%”, osserva il Rapporto.
Si dovrebbe invece adottare una nuova “formula antincendio”, con “due terzi della spesa dedicati a pianificazione, prevenzione, preparazione e ripresa e un terzo impiegato per la risposta” all’evento.
Il Rapporto osserva infine che “gli incendi colpiscono in modo sproporzionato le nazioni più povere del mondo. E suggerisce, per la prevenzione, di investire, fra l’altro “nel ripristino degli ecosistemi e delle zone umide, nella reintroduzione di specie come i castori (che migliorano le condizioni dei fiumi e lo imitano gli effetti della siccità, N.d.R.) edificare a distanza dalla vegetazione e mantenere spazi aperti”.
AFP/Swissinfo