K metro 0 – l’intervista – Senese di nascita, studente di medicina all’Humanitas University di Milano, David Fiorentini è stato nominato all’unanimità nuovo presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia. Kmetro0 l’ha interpellato prendendo proprio spunto dal caso dell’eurodeputato bulgaro del gruppo ECR Angel Dzhambazky, che in aula a Strasburgo, nel corso del dibattito sullo Stato di
K metro 0 – l’intervista – Senese di nascita, studente di medicina all’Humanitas University di Milano, David Fiorentini è stato nominato all’unanimità nuovo presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia. Kmetro0 l’ha interpellato prendendo proprio spunto dal caso dell’eurodeputato bulgaro del gruppo ECR Angel Dzhambazky, che in aula a Strasburgo, nel corso del dibattito sullo Stato di diritto in Polonia e Ungheria giovedì scorso ha salutato in maniera polemica il Parlamento europeo facendo platealmente il saluto romano.
“Il Parlamento europeo è uno dei templi della democrazia mondiale, un faro per le nazioni libere dell’Occidente, non è davvero concepibile che proprio in quella sede possa avere luogo un gesto simile. Purtroppo, MEP Dzhambazky non è nuovo a esternazioni di questo tipo, dalle uscite contro la comunità romanés bulgara alla volontà di bandire il Gay Pride di Sofia. Quanto meno, rassicurano le immediate dichiarazioni da parte del vicepresidente Pina Picierno e del Presidente Roberta Metsola, che senza mezzi termini hanno condannato l’avvenimento. Trovo tuttavia che non si tratti di un caso isolato, ma dell’espressione di una più vasta crisi della classe politica europea. In un’epoca in cui il consenso si acquisisce con i like e non più con i dibattiti e i comizi, lo spazio entro il quale si può veicolare un messaggio si riduce solamente a poche righe. Dunque, non vince l’idea migliore, ma chi riesce a pubblicizzarla meglio; in altre parole, chi ha lo slogan più accattivante. Non c’è da stupirsi se ad avere il sopravvento siano le forze più estremiste, perché per le interazioni sui social servono le frasi ad effetto e le provocazioni. Il dibattito moderato, l’approfondimento e la cognizione di causa necessitano di troppo tempo rispetto ai quindici secondi di una storia su Instagram o alla grafica di un volantino”.
Tutto questo non risulta ancora più inaccettabile dato che l’Europarlamento, pochi anni fa, ha votati due risoluzioni che condannano senza mezzi termini i movimenti continentali totalitari?
“Nel momento in cui il dibattito politico si appiattisce così miserabilmente, si apre la strada a banalizzazioni e distorsioni. Le uniche parole del lessico parlamentare con cui molti giovani oggi hanno familiarità sono nazismo/fascismo e comunismo, senza neanche ben capire cosa significhino. Per cui è inevitabile che la prossima generazione di politici, in questo caso rappresentata da Dzhambazky, non sappia manifestare il proprio disappunto se non con un saluto romano o con paragoni sgangherati. Purtroppo, anche in Italia abbiamo assistito a episodi del genere da parte di amministratori locali o addirittura da parlamentari: dai saluti romani in aula, ai rifiuti di partecipare agli eventi commemorativi dell’Olocausto, fino al rifiuto di adottare strategie efficaci per la lotta all’antisemitismo, quali la definizione IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance)”.
I Paesi Ue iniziano appena ad uscire dalla “lunga notte” del Covid con tutte le disastrose conseguenze economico-sociali, quindi oggi sono più sensibili alle lusinghe delle forze di estrema destra. Giocando su questo malcontento, esse potrebbero crescere davvero alle prossime elezioni dell’Europarlamento nel 2024?
“La pandemia ha esacerbato ancor di più queste problematiche, tanto che, ad esempio, alcuni manifestanti no-vax o no-green-pass hanno scelto come paragone per la loro condizione proprio quella degli ebrei nell’Olocausto, sfilando con casacche a righe e sfoggiando stelle di David gialle. In una crisi culturale così profonda, in cui non si conosce più la Storia, ma allo stesso tempo si brama avidamente la visibilità mediatica, diventa naturale paragonare un vaccino a un campo di concentramento e un vigile urbano a un ufficiale delle SS.
Per quanto riguarda le prossime elezioni europee, occorre precisare che in politica due anni sono un’eternità, per cui è probabile che lo scenario europeo possa cambiare radicalmente. Al momento, l’unica considerazione che mi sento di fare si basa sul recente declino da parte di alcune forze populiste a favore di una lenta crescita delle fazioni più moderate. Molte persone si sono rese conto che l’estremismo non conviene, anche per il semplice fatto che spesso non riesce davvero a vincere. Una cosa sono buone percentuali, un’altra è la vittoria di una tornata elettorale. Per il successo, bisogna saper convincere anche l’altra ala del Parlamento: un traguardo raggiungibile solo con abilità di negoziazione e competenza oggettiva. Qualità, tornando alla domanda precedente, che non sono premiate nel sistema ‘a slogan’ con il quale ci siamo confrontati finora”.
Quali valutazioni hanno espresso sinora, su quest’episodio, le comunità ebraiche italiane?
“Storicamente, le comunità ebraiche hanno sempre premiato la moderazione, la cognizione di causa e la competenza. Con una specifica sensibilità riguardo i corsi della storia, sia nazifascista sia sovietica, hanno di continuo tenuto un occhio attento rispetto alla rapida ascesa di nuovi movimenti politici.
Al di là dei singoli episodi, le comunità stanno vivendo un periodo di grande turbamento, perché a distanza di ottant’anni, sentono che la loro sicurezza è messa nuovamente a repentaglio. Oltre all’antisemitismo di matrice etno-biologica, tipica dei movimenti neonazisti, si affiancano lo storico antigiudaismo cristiano, le teorie complottistiche e l’antisionismo proveniente dall’Islam radicale. Numerosi ebrei stanno valutando o hanno già scelto di abbandonare l’Europa, facendo l’Aliyah (=emigrazione in Israele), in particolare quelli francesi, che forse più di tutti stanno soffrendo questa drammatica condizione sociale.
Superare tale crisi non è semplice, richiede una rivoluzione culturale nel modo di fare politica, nel modo di intendere l’istruzione e nel rapporto con il prossimo. Come Unione Giovani Ebrei d’Italia ci stiamo impegnando senza sosta per raggiungere più scuole e università possibili, perché siamo convinti che per avviare il cambiamento siano necessari la dinamicità e l’entusiasmo dei giovani. Crescendo mi sono accorto, soprattutto al liceo, che la politica e altri temi di attualità sono spesso un tabù, perché si teme di politicizzare la lezione o l’ambiente scolastico. Al contrario, penso che la mancanza di informazione e di cognizione di causa a cui ho fatto riferimento in precedenza, derivi proprio da questo. Se le prossime generazioni saranno esposte a dibattiti e approfondimenti in modo coinvolgente ed efficace, seppur in modo acceso, non ci sarà slogan o propaganda che tenga potrà scalfire il loro senso civico e critico”.