K metro 0 – Kabul – “Questo è probabilmente il periodo più pacifico che l’Afghanistan abbia vissuto in quattro decenni”, sostiene Graeme Smith, un vecchio consulente del programma Asia dell’International Crisis Group (un centro di ricerca sui conflitti che propone politiche per risolverli o attenuarli). Sono trascorsi sei mesi da quando Kabul è stata ceduta
K metro 0 – Kabul – “Questo è probabilmente il periodo più pacifico che l’Afghanistan abbia vissuto in quattro decenni”, sostiene Graeme Smith, un vecchio consulente del programma Asia dell’International Crisis Group (un centro di ricerca sui conflitti che propone politiche per risolverli o attenuarli).
Sono trascorsi sei mesi da quando Kabul è stata ceduta ai talebani con l’improvvisa partenza, in segreto, del presidente Ashraf Ghani, sostenuto dagli Stati Uniti, ma dimostratosi incapace di prendere le redini di un governo di corrotti e incompetenti che gli scivolava tra le mani. La conquista della capitale afghana era stata preceduta da una campagna militare talebana durata mesi per prendere il controllo delle aree provinciali, molte delle quali caddero quasi senza combattere.
Sotto il governo talebano, in questi sei mesi, l’Afghanistan ha subito una drammatica trasformazione.
Il paese si sente più sicuro, meno in preda alla violenza di quanto non lo sia stato negli ultimi decenni, ma l’economia un tempo alimentata dagli aiuti esteri, sta precipitando verso il collasso.
Decine di migliaia di afgani sono fuggiti o sono stati evacuati, compreso un gran numero di persone istruite. O temono per il loro futuro economico o la mancanza di libertà. Questo è quadro che emerge da un’inchiesta condotta dalla reporter canadese Kathy Gannon per l’Associated Press.
Oggi la vista di combattenti talebani armati che vagano per le strade ancora stride e spaventa i residenti. Ma le donne sono tornate in strada e molti giovani uomini hanno indossato di nuovo abiti occidentali dopo averli inizialmente riposti indossando il tradizionale shalwar kameez, la camicia lunga e i pantaloni larghi preferiti dai talebani.
Durante il loro precedente governo, alla fine degli anni ’90, i talebani hanno vietato alle ragazze di andare a scuola e alle donne di lavorare.
Oggi invece consentono ad alcune di lavorare. Le donne sono tornate a lavorare nei ministeri della Sanità e dell’Istruzione, così come all’aeroporto internazionale di Kabul, spesso accanto agli uomini. Ma aspettano ancora di tornare a lavorare in altri ministeri.
Migliaia di posti di lavoro sono andati perduti nella spirale discendente dell’economia e le donne sono state le più colpite.
I talebani hanno represso le loro proteste e molestato i giornalisti, tra cui due cronisti stranieri che lavoravano con l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, finiti in prigione, la scorsa settimana, sia pur per poco tempo. Le ragazze dalla prima alla sesta elementare sono andate a scuola, ma quelle delle classi superiori sono ancora bloccate nella maggior parte del paese.
I talebani hanno promesso che tutte le ragazze andranno a scuola dopo il capodanno afghano alla fine di marzo. Le università stanno gradualmente riaprendo e le università e le scuole private non hanno mai chiuso. Ma la povertà si sta aggravando. E anche chi ha soldi fa fatica ad accedervi.
Nelle banche, le file sono lunghe poiché i residenti aspettano ore, a volte anche giorni, per prelevare un limite massimo di 200 dollari a settimana.
Più di 9 miliardi di dollari in attività estere dell’Afghanistan sono stati congelati dopo l’ascesa al potere dei talebani. La scorsa settimana, il presidente americano Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo che prometteva che 3,5 miliardi di dollari – dei 7 miliardi di dollari dei beni dell’Afghanistan congelati negli Stati Uniti – sarebbero stati versati alle famiglie delle vittime statunitensi dell’11 settembre. Gli altri 3,5 miliardi di dollari sarebbero stati destinati agli aiuti per gli afghani.
Questa decisione è stata denunciata da tutte le forze politiche del paese, che hanno accusato gli Stati Uniti di aver preso denaro che appartiene agli afghani.
Martedì, circa 3.000 manifestanti hanno protestato a Kabul contro l’ordine del presidente americano issando cartelli con la scritta “Biden il ladro mondiale del 2022”.
Su altri era scritto: “L’11 settembre non ha nulla a che fare con gli afgani”, o ancora “Vergogna, Biden. Ci uccidi, ci bombardi e ora ci rubi anche i soldi.”
I talebani hanno fatto una campagna per il riconoscimento internazionale del loro governo, composto esclusivamente da uomini. Ma hanno subito pressioni per creare un sistema inclusivo e garantire i diritti delle donne e delle minoranze religiose.
La minaccia di sanzioni è tuttavia controproducente, secondo l’International Crisis Group. “Mantenere la pressione economica sui talebani non eliminerà il loro regime, ma un’economia al collasso potrebbe portare più persone a fuggire dal paese, innescando un’altra crisi migratoria”.
I talebani hanno riaperto l’ufficio passaporti del paese, che è intasato da migliaia di persone ogni giorno. E hanno promesso agli afghani che potranno viaggiare, ma solo con documenti adeguati.
Alam Gul Haqqani, che gestisce gli uffici passaporti a livello nazionale, ha detto martedì all’Associated Press che il governo sta negoziando nuove apparecchiature e ha dovuto reintegrare il 70% degli ex dipendenti, oltre a reclutare nuovo personale tecnico, perché la maggior parte del personale precedente aveva lasciato il paese. Chi cerca di andarsene lo fa per lo più perché teme la crisi economica o è spinto dal desiderio di una maggiore libertà in una società più liberale.
Il dipartimento passaporti a livello nazionale è redditizio, ha spiegato Haqqani. Assicura entrate pari a circa 271.500 dollari al giorno, che la corruzione, in precedenza, aveva largamente dissipato.
Lui invece, ha pagato gli stipendi per tre mesi e ha arrestato o licenziato decine di persone con l’accusa di corruzione.
Negli ultimi sei mesi, secondo la testimonianza di operatori umanitari internazionali, che hanno voluto restare anonimi perché non autorizzati a parlare con i giornalisti, i talebani hanno ridotto in effetti la corruzione. Ciò ha significato un aumento delle entrate in alcuni settori, anche se l’attività economica è in calo. Le entrate doganali, ad esempio, sono aumentate nonostante il nuovo governo talebano stia facendo meno affari.
Diversi funzionari legati all’ex governo afghano sostenuto dagli Stati Uniti sono tornati. Uno dei rimpatriati, l’ex ambasciatore Omar Zakhilwal, ha affermato di non aver riscontrato alcun rancore da parte dei talebani. E spera che questi “troveranno il coraggio” di aprirsi, dar voce in capitolo alle minoranze nel governo e garantire infine i diritti di tutti gli afgani.