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Bis per Mattarella bis, di Vincenzo Vita

K metro 0 – Roma – Il discorso di insediamento per il nuovo settennato tenuto davanti alle Camere riunite da Sergio Mattarella è stato un atto di notevole valore. Lasciamo stare i 54 applausi che l’hanno accompagnato, figli evidenti di un vasto desiderio di espiazione di colpe ed omissioni che albergava nei partiti e nei

K metro 0 – Roma – Il discorso di insediamento per il nuovo settennato tenuto davanti alle Camere riunite da Sergio Mattarella è stato un atto di notevole valore.

Lasciamo stare i 54 applausi che l’hanno accompagnato, figli evidenti di un vasto desiderio di espiazione di colpe ed omissioni che albergava nei partiti e nei gruppi parlamentari. Più realistica è risultata, se mai, la standing ovation finale di tre minuti. Più sincera e certamente dovuta.

Del resto, il bis gridato coralmente lo scorso 7 dicembre all’inaugurazione dell’anno artistico della Scala di Milano fu un presagio che meritava maggiore attenzione, perché moto sincero e convinto. In un teatro il bis in genere è dedicato ad un’opera o ad una rappresentazione. Quell’eccezione fu un sintomo tutt’altro che irrilevante.

Nel discorso del Presidente si colgono numerosi punti cruciali: dal desiderio di un mondo di pace, al lavoro, alla giustizia, alla solidarietà. “Dignità” la parola chiave. Trentotto minuti di intelligenza ed apertura, non senza un richiamo gentile ma fermo a chi non ha operato bene.

L’articolo 21 della Costituzione è una delle bussole dell’impianto argomentativo di Mattarella: “ …dignità è garantire e assicurare il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente…”. Si riassume in poche espressioni il senso di un punto cruciale della vita democratica. Ci si può augurare che lo stesso Parlamento adorante voglia utilizzare l’ultima parte della legislatura per varare – chissà- almeno una decente normativa contro le querele temerarie, nonché per il superamento del precariato dilagante e sempre più schiavistico.

L’attenzione del Presidente a tali temi è antica e solida. Non dimentichiamo che, dopo l’approvazione il 6 agosto del 1990 della legge 223 (conosciuta con il cognome del titolare del ministero competente, Mammì) che legalizzò definitivamente i canali della Fininvest, l’allora ministro della Pubblica istruzione insieme ad altri quattro colleghi della sinistra democristiana si dimise dal governo presieduto da Giulio Andreotti.

Non solo vecchi media. Mattarella ha evocato l’urgenza di lottare contro il digital divide, che rappresenta la negazione dell’eguaglianza delle e nelle opportunità, vista la velocità dell’innovazione e il rischio del formarsi di due società dell’informazione divaricate per censo ed istruzione. Nell’età della comunicazione con la banda larga e ultralarga, dell’amministrazione pubblica online, del ricorso quotidiano al Web il pericolo di finire in una “periferia esistenziale” (cit. dal discorso) è altissimo. Insomma, è una questione delicata, storicamente rilevante.

Inoltre, si è affermato che “…poteri economici sovranazionali tendono a imporsi, aggirando il processo democratico…”. Chiara allusione agli oligarchi della rete e al nuovo capitalismo delle piattaforme, ai proprietari dei nostri dati e dei profili delle persone. E qui si apre un enorme territorio di iniziative da assumere, prima che sia troppo tardi. Il ritardo è spaventoso, ancorché qualche sintomo di inversione di rotta giunga dall’Europa con le proposte del Digital Services Act e del Digital Markets Act. O l’Europa va bene a corrente alternata?

Complimenti, Presidente. Speriamo che la si ascolti, senza applausi, ma con opere di bene.

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Vincenzo Vita
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