K metro 0 – Stoccolma – Un’équipe di “cervelli” del Karolinska Institutet in Svezia ha individuato una variante genetica specifica che protegge dall’infezione grave da Covid-19. Il gruppo di ricercatori della prestigiosa università medica di Solna, nei pressi di Stoccolma, ha coordinato uno studio internazionale in collaborazione con il Lady Davis Institute del Jewish General
K metro 0 – Stoccolma – Un’équipe di “cervelli” del Karolinska Institutet in Svezia ha individuato una variante genetica specifica che protegge dall’infezione grave da Covid-19.
Il gruppo di ricercatori della prestigiosa università medica di Solna, nei pressi di Stoccolma, ha coordinato uno studio internazionale in collaborazione con il Lady Davis Institute del Jewish General Hospital in Canada e del VA Boston Healthcare System, un complesso di ospedali gestito dal Department of Veterans Affairs (il dicastero degli ex combattenti delle forze armate USA).
Lo studio ha esaminato i dati genetici raccolti da persone di origini diverse e ha dimostrato che la genetica è in grado di influenzare il livello di gravità di infezione di Sars Cov2 da lieve, moderato a grave.
Pubblicato sulla rivista “Nature Genetics”, lo studio ha analizzato 2.787 pazienti ricoverati per COVID-19 di origine africana e 130.997 persone in un gruppo di controllo da sei studi di coorte (gruppi di persone che condividono una caratteristica o un’esperienza in comune all’interno di un periodo definito, per esempio dalla nascita, o durante l’esposizione a un farmaco o in seguito alla somministrazione di un vaccino).
L’80% degli individui di origine africana portava la variante protettiva. Il risultato è stato in seguito confrontato con uno studio precedente su individui di origine europea.
“Il fatto che gli individui di origine africana avessero la stessa protezione ci ha permesso di identificare la variante unica nel DNA che effettivamente protegge dall’infezione da COVID-19”, ha affermato Jennfer Huffman, ricercatrice del VA Boston Healthcare System, che è anche il primo autore dello studio.
E’ stato così accertato che un particolare segmento del DNA (la variante del gene protettivo rs10774671-G) determina un rischio inferiore del 20% di sviluppare un’infezione grave da Covid-19.
In sostanza, si è scoperto che un piccolo tratto di questa regione del DNA è lo stesso sia nelle persone di origine africana che in quelle europee. Pertanto, gli individui di origine prevalentemente africana avevano la stessa protezione di quelli di origine europea.
“Questo studio mostra quanto sia importante includere individui di origini diverse. Se avessimo studiato un solo gruppo, non saremmo riusciti a identificare la variante genetica in questo caso”, ha affermato Hugo Zeberg, del Dipartimento di Neuroscienze del Karolinska Institutet.
“Il fatto che stiamo iniziando a comprendere meglio i fattori di rischio genetici è la chiave per lo sviluppo di nuovi farmaci contro il COVID-19”, secondo il coautore dello studio, Brent Richards, ricercatore senior presso il Lady Davis Institute del Jewish General Hospital e professore presso la McGill University del Canada.
Questo dimostra che la pandemia ha migliorato la collaborazione fra ricercatori di diversi paesi consentendo di studiare i fattori di rischio genetici in una più ampia diversità di individui rispetto a molti studi precedenti.