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Kazakhistan: esplode la rivolta contro il rincaro del gas

Kazakhistan: esplode la rivolta contro il rincaro del gas

K metro 0 – Nur-Sultan – Otto morti e 317 feriti, a un primo bilancio, ancora provvisorio, nella guerriglia urbana che ha incendiato le strade di Almaty, la città più popolosa del paese (quasi 2 milioni di abitanti) ed ex capitale dello Stato fino al 1997. I manifestanti hanno preso d’assalto il municipio e il

K metro 0 – Nur-Sultan – Otto morti e 317 feriti, a un primo bilancio, ancora provvisorio, nella guerriglia urbana che ha incendiato le strade di Almaty, la città più popolosa del paese (quasi 2 milioni di abitanti) ed ex capitale dello Stato fino al 1997.

I manifestanti hanno preso d’assalto il municipio e il palazzo del presidente Kassym-Zhomart Tokayev, dando alle fiamme entrambi gli edifici.

E’ l’inverno del malcontento. E del paradosso: quello di un paese con ingenti riserve di gas e petrolio, che insorge contro il loro rincaro sul mercato domestico…

Le proteste contro il raddoppio del gas liquefatto ampiamente usato per i veicoli sono iniziate nei giorni scorsi. E sono sfociate nella dichiarazione dello stato di emergenza e nelle dimissioni del governo, accettate dal presidente Tokayev, che ha però invocato misure più dure per reprimere la rivolta. Secondo stime del ministero dell’Interno sarebbero circa 200 le persone arrestate e 95 gli agenti feriti.

Lo stato di emergenza è stato esteso a tutto il paese, in preda a un malcontento non solo per l’aumento del gas ma anche per l’insofferenza sempre più diffusa contro il dominio dello stesso partito al potere (Nur Otan, che in kazakho significa “patria radiosa”) dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991.

Il Kazakhistan, nono paese più grande del mondo, confina con la Russia a nord e con la Cina a sud e possiede ampie riserve di petrolio che lo rendono strategicamente ed economicamente importante.

Ma nonostante queste ingenti risorse, in molte parti del paese non si vive bene e mal si sopporta questa condizione.

Le proteste sono iniziate domenica a Zhanaozen, una città dell’ovest dove il risentimento contro il governo raggiunse l’acme dopo lo sciopero dei lavoratori del petrolio nel 2011 durante il quale la polizia uccise 15 dimostranti.

Da lì si sono diffuse in tutto il paese e martedì sono esplose manifestazioni nella capitale, Nur-Sultan, e ad Almaty. I dimostranti non sembrano guidati da un leader ben identificabile né animati da una chiara ispirazione.

Il presidente Tokayev ha promesso riforme politiche e annunciato che stava assumendo il controllo del consiglio nazionale di sicurezza, il potente organismo presieduto da Nursultan Nazarbayev, che è tato presidente del Kazakhistan dal 1991 fino a quando non ha rassegnato le dimissioni nel 2019.

Dopo il dilagare delle proteste ad Almaty e nella capitale, il governo ha annunciato le dimissioni. Ma il presidente kazakho ha detto che i ministri dovrebbero rimanere ai loro posti fino a quando non verrà formato un nuovo governo.

Tokayev ha proclamato uno stato di emergenza di due settimane per la capitale e per Almaty, e ha imposto il coprifuoco notturno e limitazioni ai movimenti dentro e intorno alle città.

Intanto molti siti d’informazione nel paese sono diventati inaccessibili. E il portale di monitoraggio globale dio Internet Netblocks ha rilevato che nel paese è in corso un diffuso blackout del web. Anche le linee telefoniche di Nur Sultan e Almaty sarebbero saltate, secondo alcuni media locali. Ma mentre la protesta dilagava, sui social comparivano video provenienti da molte città del paese con strade che si riempivano di dimostranti.

Il governo russo ha fatto sentire la sua voce attraverso le dichiarazioni del ministro degli Esteri: “Seguendo da vicino gli eventi – ha detto Lavrov – siamo per una soluzione pacifica a tutti i problemi nel quadro costituzionale e legale e del dialogo, non attraverso rivolte di piazza o violazioni di legge”.

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