K metro 0 – Madrid – Per la prima volta dal 2014 il parlamento spagnolo riesce a varare una legge di Bilancio per due anni consecutivi, segnata da un livello record di spesa e da numerose misure sociali, e finanziata per più del 10 per cento da fondi europei. Un bilancio da 240 miliardi di
K metro 0 – Madrid – Per la prima volta dal 2014 il parlamento spagnolo riesce a varare una legge di Bilancio per due anni consecutivi, segnata da un livello record di spesa e da numerose misure sociali, e finanziata per più del 10 per cento da fondi europei. Un bilancio da 240 miliardi di euro, nella speranza di iniziare a voltare pagina nella pandemia di Covid-19. E’ il secondo anno di fila, dunque, che il governo di minoranza di sinistra è riuscito ad approvare un bilancio. Un evento che riveste un’importanza dell’evento politica ed economica, poiché l’approvazione per il 2022 garantisce che il governo del socialista Pedro Sánchez rimarrà in carica fino alla fine della legislatura nel 2023: egli potrà difatti rinnovare il bilancio per un altro anno, se necessario.
Il comunicato del governo afferma che tra la Camera bassa e il Senato, 15 partiti hanno votato a favore. I deputati che avevano approvato la legge di bilancio il 25 novembre, hanno votato solo oggi un piccolo emendamento di 1,6 milioni di euro aggiunto la settimana scorsa al Senato, rendendo necessaria una nuova votazione nel Congresso dei deputati. Il testo è stato dunque deliberato a larga maggioranza con 281 voti su 344, contro 62 voti e un’astensione, come annunciato da Alfredo Rodríguez, il vicepresidente del Congresso che sostituiva il presidente Meritxell Batet, colpito da Covid.
Sánchez ha auspicato per la Spagna nel 2022 “un clima di serenità e accordi che siano il più ampi possibili“. In mattinata, aveva presieduto il Consiglio dei ministri, che aveva approvato una riforma del mercato del lavoro negoziata con i datori di lavoro e i sindacati dei lavoratori.
In dettaglio il bilancio – con un livello di spesa senza precedenti – di 240 miliardi di euro, sarà finanziato per 26,3 miliardi dal mega piano europeo di recupero, di cui Madrid dovrebbe essere uno dei principali beneficiari con 140 miliardi in sei anni. C’è da dire che la Spagna ha già ricevuto una prima rata di 10 miliardi di euro quest’anno, che include diverse misure di rilievo come l’aumento delle pensioni e dei salari dei dipendenti pubblici, che saliranno del 2% il 1 gennaio; non solo, l’esecutivo s’impegna a combattere pure la precarietà dei giovani. Come? Con misure che includono un sussidio per l’affitto di 250 euro al mese per la fascia d’età dai 18 ai 35 anni a basso reddito, e un buono per la cultura di 400 euro per i 18enni. Per ottenere l’appoggio necessario dei piccoli partiti pro-indipendenza, il governo ha dovuto però accettare diverse contropartite, tra cui una misura che obbliga le piattaforme audiovisive a fornire almeno il 6% della loro produzione in lingue regionali (basco, catalano o galiziano) o l’impegno ad abolire i pedaggi su alcune autostrade. Su richiesta del suo partner di governo, il partito di sinistra radicale Podemos, i socialisti hanno anche accettato di introdurre controlli sugli affitti per i grandi proprietari nelle aree sotto pressione.
Il bilancio, che include pertanto una significativa componente sociale, mira ad aiutare la Spagna a consolidare la sua ripresa economica, minacciata dall’impennata dell’inflazione (5,5% a novembre su base annua) e da una ripresa più lenta del previsto del settore turistico, da cui dipende il 13% dei posti di lavoro del paese. L’economia spagnola, una delle più colpite dalla pandemia Covid-19, (insieme con l’Italia), con un calo del suo prodotto interno lordo del 10,8% nel 2020, non dovrebbe tornare al suo livello pre-crisi prima del 2023 secondo la Commissione europea. L’aumento dei casi di coronavirus alla fine dell’anno, con l’arrivo della variante Omicron, ha spinto diverse regioni a introdurre nuove restrizioni che potrebbero avere un impatto molto negativo sulla ripresa economica. L’esecutivo prevede anche di ridurre il deficit pubblico al 5% del Pil l’anno prossimo, rispetto all’8,4% del 2021. Ma questo obiettivo ambizioso si basa su una previsione di crescita del 7% nel 2022, che molti economisti considerano irrealistica.