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Armenia – Azerbaigian: Tregua dopo scontri mortali lungo i confini

Armenia – Azerbaigian: Tregua dopo scontri mortali lungo i confini

K metro 0 – Baku – Regge (per il momento…) il cessate il fuoco fra armeni e azeri all’indomani degli scontri mortali fra i due arcinemici che avevano scatenato i timori di un’altra fiammata nella loro disputa sul Nagorno Karabakh. I combattimenti si sono conclusi grazie alla mediazione del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu.

K metro 0 – Baku – Regge (per il momento…) il cessate il fuoco fra armeni e azeri all’indomani degli scontri mortali fra i due arcinemici che avevano scatenato i timori di un’altra fiammata nella loro disputa sul Nagorno Karabakh.

I combattimenti si sono conclusi grazie alla mediazione del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu. Martedì, Yerevan aveva fatto sapere che 15 soldati armeni erano stati uccisi e altri 12 catturati dalle forze azere durante un attacco lungo la frontiera sconfinato nel territorio nazionale.

“L’Azerbaijian e i suoi sostenitori leggi: la Turchia stanno prendendo di mira la nostra sovranità e la nostra indipendenza tra il silenzio dei nostri partner della comunità internazionale”, ha detto il primo ministro armeno Nikol Pshinyan.

Una valutazione contestata ufficialmente dal portavoce del ministero della Difesa dell’Azerbaijan, Anar Aivazov: “Per prevenire un attacco da parte delle forze armate armene, le nostre unità nel sud ovest hanno immediatamente preso delle misure. Inizialmente, è stato limitato il movimento degli armeni, danneggiando anche i loro mezzi”.

Di fatto, sono stati i peggiori scontri dagli ultimi combattimenti dell’anno scorso per la regione a lungo contesa del Nagorno Karabah, nel sud ovest dell’Azerbaijian.

Una prima guerra per il suo possesso si è svolta tra il gennaio 1992 e il maggio 1994. Un conflitto costato circa 30.000 morti, 80.000 feriti e centinaia di migliaia di profughi. Concluso con la vittoria delle forze armate autonome del Nagorno Karabakh e dell’Armenia e la conseguente perdita del controllo di una parte consistente del suo territorio da parte dell’Azerbaijan.

Il secondo conflitto armato fra azeri e armeni, iniziato il 27 settembre 2020 si era concluso il 20 novembre dello stesso anno – dopo una tregua mediata da Mosca – con una vittoria azera.

Dopo sei settimane di aspri combattimenti, costati la vita a oltre 6.500 persone, il conflitto è terminato con un accordo fra Yerevan e Baku che ha visto l’Armenia cedere porzioni di territorio azero che controllava da decenni.

Occasionali scontri a fuoco fra armeni e azeri hanno continuato a rinfocolare le tensioni dopo quell’accordo. E si sono trascinati fino ieri.

Sette militari sono morti e altri 10 sono rimasti feriti negli scontri provocati martedì dall’Armenia“, ha reso noto il ministero della Difesa dell’Azerbaijan, aggiungendo che la situazione al confine “si è stabilizzata martedì sera”, dopo il cessate il fuoco.

Una situazione confermata anche dal ministero della Difesa dell’Armenia, che ha dichiarato, mercoledì mattina: “La situazione nel settore orientale del confine era relativamente calma e il cessate il fuoco veniva rispettato“.

L’Armenia ha fatto appello al suo alleato russo per il sostegno militare nell’ambito del patto dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, che obbliga Mosca a proteggerla in caso di invasione straniera.

Lo stesso giorno, il presidente russo Vladimir Putin ha discusso telefonicamente della situazione con il premier armeno Pashinyan, ha dichiarato il Cremlino in una nota, e ha accettato di “continuare le consultazioni” sulla questione.

Prima che fosse annunciato il cessate il fuoco, l’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno invitato entrambe le parti a cessare le ostilità.

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha chiesto, via Twitter, “una de-escalation e un cessate il fuoco totale”, mentre le Nazioni Unite hanno esortato Baku e Yerevan a “mostrare moderazione”.

Il ministero degli Esteri francese ha espresso in una nota “profonda preoccupazione” e ha invitato tutte le parti a rispettare gli accordi del novembre 2020.

(AFP/Euronews)

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