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Luci della città. I paesaggi urbani di Tommaso Ottieri alla Galleria Russo di Roma

Luci della città. I paesaggi urbani di Tommaso Ottieri alla Galleria Russo di Roma

K metro 0 – Roma – Paesaggi urbani come paesaggi dell’anima. Innamorarsi della città, distruggerla e ricostruirla. Fare e disfare. Per riscoprirne la bellezza, nascosta dalla nostra abitudine. Architetto e pittore, Ottieri espone a Roma fino al 6 novembre, alla storica Galleria Russo di via Alibert (due passi da Piazza di Spagna) le sue “Cosmologie

K metro 0 – Roma – Paesaggi urbani come paesaggi dell’anima. Innamorarsi della città, distruggerla e ricostruirla. Fare e disfare. Per riscoprirne la bellezza, nascosta dalla nostra abitudine.

Architetto e pittore, Ottieri espone a Roma fino al 6 novembre, alla storica Galleria Russo di via Alibert (due passi da Piazza di Spagna) le sue “Cosmologie Urbane”, l’ultima della lunga serie di occasioni espositive – in spazi istituzionali o privati, in Italia e all’estero – che hanno contribuito a consolidare il suo successo in campo artistico dal 2000: da quando la pittura è diventata la sua attività prevalente rispetto a quella di pur valente architetto (specializzato nelle discipline della bioarchitettura).

Roma, Parigi, Londra, Milano, Venezia, New York, Istanbul, Praga, Oporto… Il suo attraversare le città, i grandi teatri d’opera (dal San Carlo di Napoli all’Opera Garnier di Parigi, dall’Opera di Praga al Festspielhaus di Bayreuth il tempio della musica di Wagner) e altri luoghi del mondo, ha impresso nella sua memoria immagini e scorci che solo l’occhio di un artista riesce a cogliere con tale intensità.

Fare e disfare. Ricostruire città e luoghi. Dalla riproduzione con la matita su un foglio, a centinaia di scatti fotografici, fino alla rielaborazione digitale per comporre e “finalizzare” quell’insieme di dettagli in un’unica immagine che desta meraviglia. Poi è la pittura, nella sua tecnica più tradizionale, a far emergere una realtà che esprime tutta la potenza creativa dell’artista.

E così, le metropoli del mondo ci appaiono come complessi architettonici strappati all’oscurità da incendi di luce artificiale, come scrive Gabriele Simongini nella sua introduzione al prezioso catalogo della mostra.

Nei quadri di Ottieri non si affaccia mai la luce del sole, ma solo quella artificiale, dell’illuminazione delle città, che squarcia l’oscurità naturale. La potenza esplosiva delle luci che le rischiara e ce ne fa riscoprire la bellezza.

Ma nei quadri di Ottieri le forme architettoniche sembrano essere protagoniste solo ad un primo sguardo superficiale.

Come ha sempre chiarito lui stesso, le architetture non sono il primo interesse delle sue composizioni pittoriche: “Mi interessa testimoniare l’effetto stupefacente (proprio come un doping) di certe atmosfere architettoniche. Cerco di far sembrare maestoso quello che dipingo, enorme ed avvolgente”.

“Coloro tutto di oro, di blu, meno spesso ormai di rosso sangue” ha spiegato. “Vedo spesso le persone cogliere l’incanto di quello che costruisco/ricostruisco nelle scene. Le prospettive sono più o meno ardite, la staticità a dire il vero sempre un po’ traballante, ma anche questo contribuisce all’effetto di spaesamento fantastico, che di fatto ammalia”.

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