K metro 0 – Reykjavík – E’ stata il primo paese ad eleggere una donna presidente nel 1980. E domenica è diventata il primo paese in Europa ad avere più donne che uomini in parlamento, il giorno dopo le elezioni politiche che ha lasciato in dubbio il futuro della coalizione sinistra-destra al governo nonostante la
K metro 0 – Reykjavík – E’ stata il primo paese ad eleggere una donna presidente nel 1980. E domenica è diventata il primo paese in Europa ad avere più donne che uomini in parlamento, il giorno dopo le elezioni politiche che ha lasciato in dubbio il futuro della coalizione sinistra-destra al governo nonostante la conquista di una netta maggioranza.
Una coalizione guidata anch’essa da un premier donna, Katrin Jakobsdottir, espressione del Movimento dei Verdi di Sinistra.
Oggi, 33 dei 63 seggi complessivi dell’Althing, il parlamento unicamerale islandese, sono stati vinti da donne, secondo le proiezioni basate sui risultati finali del voto di sabato. Una maggioranza femminile, dunque, del 52%.
Nessun altro paese europeo ha avuto più del 50% di donne parlamentari, con la Svezia che si avvicina di più al 47%, secondo i dati di Banca Mondiale.
Altri cinque paesi nel mondo hanno attualmente parlamenti in cui le donne detengono almeno la metà dei seggi, secondo l’Unione interparlamentare: Ruanda (61%), Cuba (53%), Nicaragua (51%) e Messico ed Emirati Arabi Uniti (50%).
A differenza di altri paesi, l’Islanda non ha quote rosa legali in parlamento, sebbene alcuni partiti richiedano un numero minimo di candidati donne.
La “terra del ghiaccio” (366mila abitanti, di cui un terzo concentrati nella capitale, a Reykjavik), l’isola in mezzo all’Atlantico fra Inghilterra e Groenlandia, è stato a lungo un pioniere dell’uguaglianza di genere e dei diritti delle donne e negli ultimi 12 anni è stato in cima alla classifica dei paesi più egualitari compilata dal World Economic Forum.
Sul piano politico, resta ora da vedere se i tre partiti della coalizione sinistra-destra della premier Katrin Jakobsdottir, che ha ottenuto la maggioranza nel voto di sabato, continueranno a governare insieme.
La coalizione ha portato all’Islanda quattro anni di stabilità dopo un decennio di crisi politiche, ma il Movimento Sinistra-Verdi di Jakobsdottir ha perso terreno a favore dei suoi partner di destra, che hanno entrambi ottenuto importanti risultati.
Insieme, il Movimento Sinistra-Verdi, il Partito dell’Indipendenza (conservatore) e il Partito Progressista (ironia dei nomi!) di centrodestra, hanno vinto 37 dei 63 seggi in parlamento, contro i 33 che avevano prima del voto.
Ma il Movimento Sinistra-Verdi ne ha vinti solo otto, tre in meno rispetto al 2017, sollevando interrogativi sul futuro di Jakobsdottir come primo ministro.
Il partito più numeroso (un quarto dei voti, 16 seggi) è rimasto il Partito dell’Indipendenza, il cui leader Bjarni Benediktsson – l’attuale ministro delle finanze ed ex primo ministro – sta puntando a prendere il posto della Jakobsdottir.
Ma la sorpresa delle elezioni è stato il Partito Progressista di centrodestra, che ha guadagnato 13 seggi, cinque in più di prima.
Dopo quattro anni di concessioni da parte di tutti per mantenere la pace nella coalizione, è ipotizzabile che i due partiti di destra mirino a formare un governo senza i Verdi di sinistra.
In una sua dichiarazione post-voto, domenica, Jakobsdottir ha rifiutato di essere coinvolta nelle future discussioni della coalizione, dicendo solo che il suo governo aveva ricevuto un sostegno “notevole” nelle elezioni.
Valutazione, questa, condivisa anche dai leader degli altri due partiti conservatori della coalizione, Sigurdur Ingi Johannsson e Bjarni Benediktsson, aperti entrambi all’ipotesi di una continuazione dell’alleanza.
Un’alleanza insolita, nata dopo le elezioni del 2017, per assicurare stabilità al paese dopo anni di sconvolgimenti politici.
La profonda sfiducia verso i politici per i ripetuti scandali aveva portato gli islandesi alle urne cinque volte dal 2007 al 2017.
Questa è solo la seconda volta, dal 2008, che un governo è arrivato alla fine del suo mandato di quattro anni nell’isola, e la prima volta dal 2003 che un governo ha mantenuto la sua maggioranza.
Ampiamente popolare durante il suo mandato quadriennale, Jakobsdottir ha introdotto un sistema progressivo di imposta sul reddito, ha aumentato il budget per l’edilizia sociale e ha esteso il congedo parentale per entrambi i genitori.
È stata anche acclamata per la sua gestione della crisi della pandemia, che ha fatto solo 33 morti in un paese di 370.000 abitanti.
(AFP)