Sulla base di un disegno, a Ghedi (Brescia), una mamma rischia di vedersi sottratto il proprio figlio K metro 0 – Brescia – Una mamma disperata di Ghedi (Brescia) lancia un appello all’opinione pubblica ed ai media perché rischia di vedersi sottratto il figlio a causa di un episodio di mala giustizia. Questa la lettera
Sulla base di un disegno, a Ghedi (Brescia), una mamma rischia di vedersi sottratto il proprio figlio
K metro 0 – Brescia – Una mamma disperata di Ghedi (Brescia) lancia un appello all’opinione pubblica ed ai media perché rischia di vedersi sottratto il figlio a causa di un episodio di mala giustizia. Questa la lettera che la mamma ha diffuso ai media:
“Mio figlio ha 6 anni e lo Stato gli sta negando il diritto a frequentare la prima elementare in maniera serena in quanto siamo vittime di mala giustizia. Al momento ho un verdetto di prelievo forzoso dal 15 di maggio 2021 ed i miei figli non possono uscire di casa in quanto dovrebbero essere portati in una struttura protetta, grazie a clamorosi falsi prodotti dalle assistenti sociali, fra cui un disegno dietro al quale verte una ipotesi di alienazione parentale.
A causa di questo mio figlio ha paura ad andare a scuola, sa che rischierebbe di essere prelevato il primo giorno dall’istituto per essere condotto in struttura protetta senza più vedere la mamma, i nonni, gli zii, i suoi giocattoli, i suoi amici, tutto il suo mondo.
A causa di cosa è stata disposta una misura tanto drastica?
Falsi in atto pubblico. Il giudice di primo grado lo decreta, utilizzando la relazione delle assistenti sociali del consultorio di Ghedi che verte su un disegno che non è mai stato fatto da mio figlio del quale esiste una perizia del grafologo che conferma che quel disegno non appartiene a mio figlio.
Disegno di una semplice barchetta attribuito al mio secondo genito di 4 anni. Persino in CTU era già stato rilevato che il bambino non fosse in grado di fare un disegno ma solo dei basici scarabocchi.
A riprova della cattiva fede messa in opera, possiedo altri dati che mostrerebbero l’incoerenza della relazione della psicologa dei servizi sociali che cercherebbe di far emergere la figura di un bambino alienato e confuso, incapace di illogicità nei discorsi relativamente a mio figlio maggiore.
Peccato che il riportato della dottoressa sia ricco di frasi omesse e cambiate di senso che non collimano con il profilo del bambino Da questi incontri “falsati” nasce una relazione confezionata dalla psicologa del servizio che è stata utilizzata dal giudice per decidere di sottrarmi i figli.
Il mio caso è stato messo a conoscenza della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio ed è stato inserito fra i casi esemplari in analisi al fine di accertare possibili incongruità e carenze della normativa vigente.
Perché allora continuare a vivere tutto questo? Perché produrre falsi? Perché negare a due bambini il diritto di avere una madre ed ora anche il diritto all’istruzione?”.
Francesca Cornale