K metro 0 – Mosca – Le esercitazioni di “guerra” avviate giovedì 9 settembre da Russia e Bielorussia nella città di Baltiysk nel Mar Baltico nella regione di Kaliningrad, preoccupano seriamente la Nato. Un esercizio militare – che durerà fino al 16 settembre – attraverso il territorio di entrambi i paesi e nel Mar Baltico
K metro 0 – Mosca – Le esercitazioni di “guerra” avviate giovedì 9 settembre da Russia e Bielorussia nella città di Baltiysk nel Mar Baltico nella regione di Kaliningrad, preoccupano seriamente la Nato. Un esercizio militare – che durerà fino al 16 settembre – attraverso il territorio di entrambi i paesi e nel Mar Baltico che ha procurato grande allarme in alcuni paesi della Nato. Gli alti dirigenti militari delle due nazioni coinvolte hanno partecipato alla cerimonia di apertura delle “manovre di guerra” chiamate “Zapad-2021” nella Russia occidentale. L’esercitazione arriva proprio in un momento di forti tensioni tra l’Occidente e la Bielorussia a causa di una repressione dell’opposizione al regime del dittatore Lukashenko.
Il ministero della Difesa russo ha precisato che parteciperanno fino a 200.000 militari, circa 80 aerei ed elicotteri, fino a 15 navi e quasi 300 carri armati. Esercitazioni che rappresenteranno il culmine di una più grande esercitazione di tre mesi. Lo stesso ministero della difesa russo ha chiarito che parteciperà anche personale militare di Armenia, India, Kazakistan, Kirghizistan e Mongolia.
I funzionari della Nato hanno prontamente avvertito che le esercitazioni accrescono il rischio di un incidente o di un errore di calcolo che potrebbe scatenare una vera e propria crisi, ma il vice ministro della Difesa russo Nikolai Pankov ha risposto che le esercitazioni sono di natura puramente difensiva e che daranno a Mosca e Minsk la possibilità di migliorare il modo in cui i loro rispettivi eserciti lavorano insieme.
Eppure gli analisti dicono che il coinvolgimento di Minsk evidenzia i legami sempre più stretti tra il paese e Mosca. Il Cremlino si è dimostrato difatti un alleato essenziale per la Bielorussia dopo che l’Occidente ha imposto sanzioni a Minsk per la violenta repressione seguita alle contestatisssime elezioni che hanno conferito al presidente Alexander Lukashenko il suo sesto mandato. “Lukashenko è passato dal non essere realmente disposto a partecipare alle esercitazioni nel 2017 a vantare invece quanto sia importante questa esercitazione in termini di intimidazione che essa rappresenta contro l’Occidente”, ha dichiarato Mathieu Boulegue, un ricercatore presso il think tank Chatham House. La cerimonia di giovedì coincide, fra l’altro, con i colloqui tra il presidente russo Vladimir Putin e Lukashenko al Cremlino. Alle preoccupazioni del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che aveva chiesto alla Russia una maggiore trasparenza in merito al numero delle truppe inviate, sono seguite quelle ancor più allarmanti della Polonia, sicura di come gli ingenti spostamenti militari non possano che alzare ancor più il livello della tensione al confine. Gli aerei da combattimento Sukhoi Su-30 di fabbricazione sovietica sono solo gli ultimi fatti recapitare a Minsk. Altri reparti missilistici erano stati inviati a fine agosto a Grodno, proprio a ridosso del confine polacco, mentre diversi caccia multiruolo russi sono stati accolti nella base area di Baranavichy. Il numero di soldati da dispiegare ammonterebbe a circa 12.400, di cui 2.500 russi. Il fine ultimo dichiarato dal Ministero della Difesa bielorusso è quello di dar vita a un centro di addestramento comune ai due eserciti, così da valutare la capacità di risposta in caso di attacco esterno. D’altronde, “l’integrazione militare tra i due Paesi è sempre più stretta, specie dopo le sanzioni occidentali”, spiega la dottoressa Tafuro che, al contrario, tende a escludere nel futuro più prossimo una cessione di sovranità a favore di Mosca in cambio di maggiore protezione. Niente di tutto questo si realizzerà, non nel medio termine almeno. Inizialmente, infatti, il presidente Lukashenko era riluttante a firmare questi patti con Mosca, preoccupato che maggiori concessioni al suo alleato significassero una perdita di leadership all’interno del suo Paese. L’aiuto, però, appare reciproco e “la partnership tra Russia e Bielorussia è una costante”, sostiene Tafuro. Mentre per Alexander Lukashenko il Cremlino rappresenta un alleato fondamentale per proteggersi dalle accuse piovute sul suo governo e sulla gestione dell’opposizione interna, “la Bielorussia rimane centrale per Mosca. Dopo quello che è successo in Ucraina, non esistono altri Stati nel continente europeo alleati della Russia”. Minsk, quindi, assume “un valore molto alto per Vladimir Putin, un valore determinato anche dalla strategicità geopolitica, rilevante ad esempio per il trasporto del petrolio russo”.