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La spia che venne dal caldo, di Vincenzo Vita

La spia che venne dal caldo, di Vincenzo Vita

K metro 0 – Roma – La domanda è lecita. La vicenda del programma Pegasus approntato dall’azienda israeliana Nso, che ha messo sotto controllo numerose migliaia di persone in giro per il mondo, è un accidente sfuggito di mano o la fisiologia del nuovo ordine? Quello che la studiosa Shoshana Zuboff chiamò nel 2019 il

K metro 0 – Roma – La domanda è lecita. La vicenda del programma Pegasus approntato dall’azienda israeliana Nso, che ha messo sotto controllo numerose migliaia di persone in giro per il mondo, è un accidente sfuggito di mano o la fisiologia del nuovo ordine? Quello che la studiosa Shoshana Zuboff chiamò nel 2019 il capitalismo della sorveglianza.

Insomma, è per lo meno opinabile che si tratti di qualche patologia acuta o di una mera eccezione. Quanto hanno riportato 17 testate giornalistiche, tra cui The Guardian e The Wasghington Post, non sembra essere una vicenda orribile e tuttavia circoscritta. Sembra, piuttosto, l’epifania di un intero modello di controllo delle persone – potenti o meno che siano- che costituisce una caratteristica saliente dell’universo dominante delle piattaforme. I cicli produttivi e riproduttivi dell’età digitale fanno uso massivo dei dati e della profilazione delle identità. Il controllo capillare, reso assai agevole dall’intelligenza artificiale e dai software chiamati spyware capaci di installarsi nei vari dispositivi carpendone attività e connessioni, fino fotografare e riprendere ogni frammento delle vite degli altri, è la normalità. Al confronto, l’attività dei servizi segreti del novecento celebrata dai libri di Le Carré è roba minima, da dilettanti.

L’ultima avventura emersa, quindi, è la punta di un enorme iceberg, deflagrato per l’enormità delle implicazioni, ma immanente e attivo.

Orban in Ungheria, Modi in India, il governo messicano e chissà quanti altri fruiscono del servigio. Giornalisti, oppositori politici, attivisti, cittadini comuni o persino Hatice Cengiz prossima sposa di Jamal Khashoggi selvaggiamente ucciso nel consolato saudita di Istanbul stanno nel mirino. Una rete mostruosa di spionaggio, che va dai punti caldi della geopolitica, a storiacce come Cambridge Analytica, al riconoscimento facciale, alla routine della National Security Agency (NSA) degli Stati uniti, alla gara a chi spia di più tra americani, russi e cinesi. Con i loro lacché.

L’azienda israeliana si tira fuori dalla contesa, asserendo la sua estraneità rispetto alle scelte dei clienti. C’è da dubitarne, visto che persino un rivenditore di computer in genere si occupa anche dell’avvio dell’apparecchio.

Non a caso in Israele c’è fibrillazione, perché persino lì il troppo è troppo. Il partito Meretz e il ministro della salute Horowitz vogliono capire dal titolare della difesa Gantz se il commercio di tali strumenti fosse autorizzato. Niente di che, ma è comunque un sintomo di un disagio.

Probabilmente l’imbarazzo deriva da un pasticcio maldestramente emerso, che doveva rimanere segreto come altri omologhi imperanti nel villaggio globale.

Non solo. Come si fa ora a giustificare la cinica detenzione nel carcere speciale londinese di Belmarsh (in attesa di un’estradizione negli Stati uniti con una potenziale condanna a 175 anni di detenzione) di Julian Assange? In fondo, WikiLeaks, di cui il giornalista australiano è fondatore, non ha rivelato qualcosa di simile? Sì, certo, Orban e Modi sono meno blasonati di Bush o di Blair, ma stiamo parlando di storie contigue.

La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen ha protestato. Del resto, Bruxelles emanò nel 2016 un regolamento di notevole rilevanza, riferimento di una possibile iniziativa di risposta, almeno per coloro come Orban che stanno nel territorio comunitario.

E le Nazioni unite che fanno? Il capitalismo delle piattaforme e della sorveglianza ha già cancellato le istituzioni multilaterali?

Bene ha fatto la federazione della stampa con il presidente Giulietti a richiedere la convocazione del comitato che si occupa dei cronisti minacciati, per conoscere chi sono gli italiani spiati.

E ancora si attende l’esito parlamentare dei progetti depositati sulle querele temerarie e sul segreto delle fonti di informazione. Ne va dell’autonomia e dell’indipendenza di coloro che quotidianamente rischiano la vita per raccontare la verità.

La società israeliana sia costretta a rivelare traffici e contraenti.

Siamo di fronte ad un moderno leviatano, con i suoi algoritmi.

PS: il dibattito in corso su privacy e tracciamento dei contagi appare grottesco.

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Vincenzo Vita
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