K metro 0 – Roma – Nei Balcani ed in alcuni paesi europei si inizia a pensare che l’attuale blocco dei negoziati con Albania e Macedonia del Nord stia minando la credibilità dell’UE e va contro l’interesse strategico che l’Unione ha nell’assicurarsi stabilità dei Balcani occidentali. L’Unione europea e la NATO continuano ad essere la
K metro 0 – Roma – Nei Balcani ed in alcuni paesi europei si inizia a pensare che l’attuale blocco dei negoziati con Albania e Macedonia del Nord stia minando la credibilità dell’UE e va contro l’interesse strategico che l’Unione ha nell’assicurarsi stabilità dei Balcani occidentali.
L’Unione europea e la NATO continuano ad essere la migliore garanzia di pace, democrazia e prosperità che per oltre 70 anni, ha aiutato a superare le nostre differenze e ad aumentare la coesione del Vecchio Continente.
È fuor di dubbio che un allargamento dell’UE è uno degli elementi che su cui potrebbe basarsi un futuro fondato su un impegno e una visione condivisa. Fino ad oggi, sostenuto dai valori dell’Unione e soggetto a condizioni chiare, l’allargamento si è rivelato uno degli strumenti di maggior successo nella promozione della pace e della stabilità, nonché delle riforme politiche, economiche e sociali. Nonostante lo “scossone” della Brexit la politica di allargamento è stata essenziale anche per rafforzare la presenza dell’UE sulla scena mondiale, garantendo così la sicurezza collettiva.
L’UE potrebbe ora seriamente pensare di integrare i Balcani occidentali, situati nel cuore del nostro continente. A questa regione è stata offerta per la prima volta la prospettiva dell’adesione all’UE al Consiglio europeo tenutosi a Feira nel giugno 2000, sotto la presidenza portoghese del Consiglio dell’UE, quando i capi di Stato e di governo hanno riconosciuto che i paesi dei Balcani occidentali partecipanti al processo di stabilizzazione e associazione erano potenziali candidati. Da allora, questo principio, sancito dall'”Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali” e riconfermato a Sofia nel 2018 e a Zagabria nel 2020, è rimasto la pietra angolare della politica dell’UE nei confronti della martoriata regione.
Attualmente sono in corso i negoziati di adesione con il Montenegro e la Serbia. Nel marzo 2020 il Consiglio Europeo ha deciso di avviare i negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania ma questo non è ancora avvenuto. Entrambi i paesi hanno realizzato una serie di riforme e la Macedonia del Nord ha investito molto in questa direzione, cambiando anche il proprio nome , nella certezza che il processo di allargamento e la prospettiva di adesione all’UE sia il miglior modo possibile per superare le divergenze di vedute tra tutti i partner dei Balcani occidentali.
Entrami i paesi si sono impegnati a proseguire le riforme e sostenere i loro sforzi per rafforzare la democrazia, combattere la corruzione e rafforzare lo Stato di diritto, le relazioni di buon vicinato e la cooperazione regionale, migliorando nel contempo la libertà dei media e la società civile.
Ricordo che l’UE è il primo partner commerciale dei Balcani e le relazioni dell’UE con i Balcani occidentali vanno ben oltre questo in quanto l’UE ha fornito sostegno finanziario e tecnico per rafforzare il funzionamento delle istituzioni democratiche e migliorare la connettività nella regione e, quasi certamente, continuerà a farlo nell’ambito dello strumento di assistenza preadesione che vede comunque il Kosovo come l’unico territorio senza la liberalizzazione dei visti nella regione.
I paesi membri dell’Unione hanno anche dato spazio di solidarietà. Dall’inizio della pandemia proveniente da Wuhan, l’UE ha risposto all’invito all’azione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e ha contribuito a raccogliere fondi per finanziare la produzione di vaccini attraverso accordi di acquisto con le aziende farmaceutiche, che andranno a beneficio dei cittadini di tutto il mondo, compresi i Balcani occidentali. Una prima aliquota di dosi è stata già consegnata, altre devono ancora venire. Inoltre, l’UE ha sostenuto la regione sin dall’inizio della crisi, mobilitando un cospicuo pacchetto di 3,3 miliardi di euro per affrontare l’emergenza sanitaria immediata e mitigarne gli effetti socioeconomici del virus cinese. Inoltre, è stato previsto un pacchetto di investimenti fino a 9 miliardi di euro per la ripresa e lo sviluppo, a medio termine, della regione.
Dall’altra parte dell’Atlantico il Presidente degli Stati Uniti Biden ritiene che ci siano azioni che stanno destabilizzando i Balcani occidentali. C’è profonda preoccupazione di Washington per la direzione presa dalla regione, la crescente influenza della Cina e della Russia e la già citata attuale incertezza politica dell’UE.
Washington si preoccupa della corruzione nei Balcani, nonché l’ostruzione agli accordi di pace, al progredire dei processi democratici e al rispetto diritti umani della regione. Un ruolo di destabilizzazione importante in tal senso viene condotto dal regime turco sfruttando anche l’aspetto religioso della contesa nell’area balcanica.
Al momento, alcuni analisti supportano la visione per cui sia gli Stati Uniti sia l’UE privilegino e la Serbia nel processo di allargamento e attuino una modalità più rigorosa per gli altri paesi “aspiranti” confinanti con la Serbia soprattutto nella richiesta di lotta alla corruzione.
Lo scorso febbraio, il Presidente Biden ha comunque scritto al leader serbo Vucic invitandolo a riconoscere l’indipendenza del Kosovo.
Il Kosovo, che è guidato dal primo ministro Albin Kurti, continua, inoltre, ad essere invitato dalla comunità internazionale a continuare il dialogo, guidato dall’UE, con la Serbia. Tra le altre cose, Kurti è sollecitato ad autorizzare una forma di autonomia per i serbi del Kosovo. Questo riconoscimento potrebbe aprire la strada a una collaborazione fattiva tra i comuni a maggioranza serba e albanese, secondo le modalità di convivenza raggiunte nella vicina Macedonia del Nord.
Per quanto riguarda il nostro paese continua l’impegno nel perseguire la pace e stabilità dei Balcani utilizzando quando di meglio abbiamo per mostrare la nostra efficienza e solidarietà. L’Italia, infatti, manifesta il suo impegno in Kosovo con un contingente nazionale impiegato nella missione di pace pari a più di 600 soldati e circa 200 mezzi.
Dal 6 settembre 2013 il nostro Paese ha assunto, e proseguito senza soluzione di continuità, il comando dell’intera missione NATO KFOR. L’attuale Comandante di KFOR è il Generale di Divisione dell’Esercito Franco Federici.
di Giuseppe Morabito
Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation