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Caso Eriksen, parla lo specialista in cardiologia e medicina dello sport Ivo Pulcini

Caso Eriksen, parla lo specialista in cardiologia e medicina dello sport Ivo Pulcini

K metro 0 – Roma – A proposito del caso Eriksen, esploso drammaticamente in quel pomeriggio del 12 giugno sul prato dello stadio Parken di Copenhagen, il Dr. Ivo Pulcini, specialista in cardiologia e medicina dello sport e consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma, intervistato dall’agenzia “Dire” ha fatto il punto sulla situazione dell’atleta, sul

K metro 0 – Roma – A proposito del caso Eriksen, esploso drammaticamente in quel pomeriggio del 12 giugno sul prato dello stadio Parken di Copenhagen, il Dr. Ivo Pulcini, specialista in cardiologia e medicina dello sport e consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma, intervistato dall’agenzia “Dire” ha fatto il punto sulla situazione dell’atleta, sul piano sia clinico che sportivo-professionale.

Se il problema di salute di Eriksen fosse legato a una miocardite”, ha precisato Pulcini, “il giocatore danese potrebbe anche tornare in campo, sempre che tutte le commissioni mediche addette a questo giudizio diano una idoneità”. “Viceversa”, prosegue lo specialista, “qualora non si tratti di miocardite ma di una canalopatia congenita che richiede l’impianto sottocutaneo di un defibrillatore, in tal caso in Italia il calciatore non potrà avere il certificato di idoneità agonistica”.

L’Italia – spiega infatti Pulcini – è stato il primo Paese al mondo, grazie alla Legge 1099 del 1951, a cercare di tutelare l’attività sportiva degli atleti… Poi ci sono stati la Legge 833 del 1978 (di riforma sanitaria, N.d.-R.) e il Decreto ministeriale del 1982, tuttora vigente nonostante alcune modifiche regionali. In più, nel 2014, abbiamo avuto il Decreto Balduzzi, che prevede la distribuzione nazionale dei defibrillatori in tutte le strutture sportive”, pubbliche e private.

Pulcini è stato uno dei primi medici in Italia ad utilizzare un elettrocardiografo che adotta il ‘Sudden Death Screening’, uno screening della morte improvvisa. Con qualche anno di anticipo, il Sistema Sds permette di capire se il paziente andrà o meno incontro a una morte del genere. “Oltre ad essere il primo Paese al mondo per la tutela della salute degli atleti”, informa sempre il dottore, “non solo seguiamo le leggi e il Codice deontologico che l’Ordine dei Medici applica e fa applicare a tutti gli iscritti, ma seguiamo anche i protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico, secondo il Comitato organizzativo cardiologico per l’idoneità allo sport (Cocis), che raggruppa quasi tutte le associazioni cardiologiche in Italia”.

Tutto questo ha fatto sì che il nostro, secondo la statistica di Barry J. Maron, professore presso Tufts University School di Boston (Massachusetts), centro di cardiomiopatia ipertrofica, è il Paese con il numero più basso di morti improvvise nell’ambito sportivo dovute a patologie congenite.

“Tuttavia, ogni anno si registrano 70.000 morti improvvise”, si rammarica lo specialista: “persone che potrebbero essere salvate con il defibrillatore. Il mio auspicio è che venga presto approvata la Legge Mulè, che prevede la distribuzione dei defibrillatori anche all’interno dei condomìni, e la preparazione di tutti, atleti compresi, che devono essere in grado di realizzare le operazioni di primo soccorso in attesa del defibrillatore e del medico. Sarebbe un segno di grande qualità non solo sportiva ma anche umana e culturale”.

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