K metro 0 – Roma – Per i giornalisti non c’è più il carcere per il reato di diffamazione. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della legge sulla stampa che prevedeva in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa compiuta mediante l’attribuzione di un fatto determinato, la reclusione
K metro 0 – Roma – Per i giornalisti non c’è più il carcere per il reato di diffamazione. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della legge sulla stampa che prevedeva in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa compiuta mediante l’attribuzione di un fatto determinato, la reclusione da uno a sei anni più il pagamento di una multa. Resta solo per eccezionale gravità.
Subito dopo l’annuncio riportato anche da alcune agenzie, si è espresso il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Verna: “La Corte Costituzionale ha fatto la sua parte portando l’Italia nel solco della giurisprudenza di Strasburgo. Una svolta storica perché l’incubo del carcere in via ordinaria svanisce, mentre l’ipotesi dell’eccezionale gravità è residuale e comincia in concreto a porre dei distinguo tra colpa e dolo. Grazie a quanti hanno avanzato la questione e all’avvocato Giuseppe Vitiello che ha patrocinato le ragioni del nostro Ordine”.
La Corte costituzionale ha esaminato oggi le questioni sollevate dai tribunali di Salerno e di Bari sulla legittimità costituzionale della pena detentiva prevista per la diffamazione a mezzo stampa, per contrasto, tra l’altro, con l’articolo 21 della Costituzione e con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Le questioni sono tornate all’esame della Corte un anno dopo l’ordinanza del 2020 con cui i “giudici delle leggi” avevano sollecitato il legislatore a una complessiva riforma della materia.
La sentenza con le motivazioni sarà depositata nelle prossime settimane, ma Palazzo della Consulta, nel frattempo, fa sapere che la Corte, preso atto del mancato intervento del legislatore, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della legge sulla stampa (la 47/1948).
È stato invece ritenuto compatibile con la Costituzione l’articolo 595, terzo comma, del codice penale, che prevede, per le ordinarie ipotesi di diffamazione compiute a mezzo della stampa o di un’altra forma di pubblicità, la reclusione da sei mesi a tre anni oppure, in alternativa, il pagamento di una multa: quest’ultima norma consente infatti al giudice di sanzionare con la pena detentiva i soli casi di eccezionale gravità.
La sentenza emessa stasera dalla Corte Costituzionale non riguarderebbe soltanto i giornalisti ma tutti i casi di diffamazione aggravata a mezzo stampa.
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