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Israele: Netanyahu spodestato da una coalizione arcobaleno di otto partiti diversi

Israele: Netanyahu spodestato da una coalizione arcobaleno di otto partiti diversi

K metro 0 – Tel Aviv – Per un voto Bibi perse la cappa. E’ bastato un solo voto di differenza alla Knesset, il parlamento israeliano, per porre fine al lungo regno di Benjamin Nethanyahu, Bibi per gli amici ma anche per i nemici, al potere ininterrottamente da 12 anni (2019-2021). Un solo voto in

K metro 0 – Tel Aviv – Per un voto Bibi perse la cappa. E’ bastato un solo voto di differenza alla Knesset, il parlamento israeliano, per porre fine al lungo regno di Benjamin Nethanyahu, Bibi per gli amici ma anche per i nemici, al potere ininterrottamente da 12 anni (2019-2021).

Un solo voto in più per la coalizione che lo ha spodestato (61 seggi contro i 59 di Bibi alla Knesset, il parlamento israeliano composto da 120 deputati) portando alla guida del nuovo governo il leader della destra radicale Naftali Bennett, che dovrà cedere il potere, fra due anni, al suo principale sostenitore, Yair Lapid, capo del partito centrista laico Yesh Atid (C’è un futuro), che alle ultime elezioni politiche del 23 marzo ha ottenuto più del doppio dei voti di Bennet (614.112 contro 273.836).

Il nuovo governo è formato da una coalizione di otto partiti, un melange di forze disomogenee, di destra, sinistra e centro, con l’apporto, decisivo, di Ra’am (Lista araba unita, 4 seggi alla Knesset) un partito moderato degli arabi israeliani.

Per trovare un’alternativa a Bibi ci sono volute quattro elezioni in due anni, con governi sempre sul filo del rasoio. Logorato da suoi ex amici, a cominciare dal suo ex braccio destro Avigdor Lieberman, leader di Yisrael Beitenu (destra nazionalista laica anticlericale e fortemente antislamista) e da Gideon Sa’ar che lo scorso dicembre è uscito dal Likud, il partito di Bibi, creando una sua lista, Tikva Hadasha (Nuova Speranza), il regno di Bibi è infine crollato.

E’ rimasto sepolto sotto l’urto di una variopinta compagine che ha messo insieme socialisti, liberali, ebrei russi di più recente immigrazione, con l’appoggio perfino degli islamisti. Un coacervo di forze aggregate non già da un collante ideologico, ma dall’aperta ostilità verso la figura di Netanyahu.

Il suo vero scopo è stato essenzialmente quello di farlo cadere e cercar di impedire che si rialzi. Dandolo in pasto ai giudici (un po’ come Trump suo degno compare) che lo hanno accusato per corruzione, frode e abuso di potere.

Sotto inchiesta per tre crimini, “il suo futuro è la prigione”, è la cupa previsione di Frédéric Encel, docente a Sciences Po a Parigi e autore di un atlante geopolitico di Israele. Senza l’immunità, che decade dal momento in cui non è più primo ministro, se ritenuto colpevole rischia una condanna molto lunga.

Il suo predecessore, Ehud Olmert, è stato in prigione, così come l’ex presidente dello Stato d’Israele, Moshe Katsav, e per molto meno.

Prima del voto della Knesset, Naftali Bennett ha presentato i membri del futuro governo e ha indicato le sue priorità. La coalizione arcobaleno che guiderà il paese lavorerà per “tutta” la popolazione israeliana, compresa la minoranza araba, ma anche gli ebrei ultraortodossi che non hanno un rappresentante eletto in questa compagine, ha dichiarato il nuovo premier in un discorso costantemente interrotto dai sostenitori di Benyamin Netanyahu.

E’ quasi tutta la società israeliana, tranne i religiosi ortodossi, che è rappresentata in questa coalizione” ha detto il politologo Ofer Bronchtein, presidente del Forum internazionale per la pace. Una coalizione fragile che dovrà portare “serenità” in un “paese frantumato” dove “il dibattito politico è di una violenza senza precedenti”.

“Quello che ci aspettiamo da questo governo”, ha aggiunto, è la pacificazione. Due settimane fa c’era ancora la guerra a Gaza. Ci sono gravi cicatrici da guarire. E’ ovvio che per la disparità ideologica delle sue componenti, ci sono cose che questo governo non potrà fare, esposto come sarà alla feroce opposizione della destra e dell’estrema destra ancora guidata da Netanyahu, che ha già annunciato una manifestazione a Gerusalemme Est per martedì prossimo.

Tra le cose che molto probabilmente non potrà fare, c’è il superamento dello status quo del conflitto israelo-palestinese. Almeno in una prima fase, sempre che la coalizione riesca a durare più dello spazio di un mattino. Una coalizione, tuttavia, che può funzionare, come osserva il politologo Fréderic Encel, proprio a condizione di lasciare da parte, per il momento, le questioni più scottanti.

Il 9 luglio entrerà in carica il nuovo presidente dello Stato di Israele, il laburista Isaac Herzog, eletto il 2 giugno scorso, in un raro momento di consenso (con il voto di 87 parlamentari della Knesset su 120).

Nel nuovo governo Bennet la vice presidenza del consiglio, quella della Knesset e il Comitato degli affari arabi andranno al partito arabo-israeliano Ra’am.

Le basi per riavviare un processo di pace degno del nome ci sarebbero. Ma la Lista araba unita di Mansour Abbas non ha posto condizioni a questo scopo. I suoi obiettivi sono più pragmaticamente circoscritti all’ottenimento dello sblocco delle concessioni edilizie nei centri urbani a maggioranza araba e al riconoscimento degli insediamenti beduini e drusi.

Dal canto suo la sinistra, ovvero i laburisti e il Meretz di Nizan Horowitz, il partito per cui hanno votato i più grandi scrittori israeliani, Amos Oz, Abraham Yehoshua, David Grossman o grandi intellettuali come Zeev Shternell, il più autorevole storico israeliano recentemente scomparso, sono contro l’espansione delle colonie ebraiche in Cisgiordania. Meretz vorrebbe che queste venissero chiuse, ma è molto dubbio che questo sia possibile.

Ma al di là delle speculazioni sulle linee di continuità o discontinuità del nuovo esecutivo, sul governo Bennett aleggia sempre lo spettro di Bibi, in agguato, che non vuole farsi da parte. Ha assicurato al parlamento che rimarrà in politica, a capo dell’opposizione, per “far cadere” il nuovo governo e ha promesso sarebbe “tornato presto al potere”.

Un pericolo che i suoi oppositori in Israele esorcizzano ridendoci sopra, come nella barzelletta che circola oggi in Israele in cui un tizio chiama al telefono la residenza ufficiale del primo ministro a Balfour Street a Gerusalemme e chiede di poter parlare con Netanyahu. Ma il capo della sicurezza gli risponde: “E la decima volta che chiama ed è la decima volta che le rispondo che il signor Netanyahu non abita più qui”. “Si lo so” risponde il tizio. “Ma mi piace tanto sentirlo dire…”.

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