K metro 0 – New York – Non accadeva dal 2011. Nel mese di maggio scorso, si è registrato il più grande rialzo dei prezzi degli alimentari a livello planetario: + 40%. A testimoniarlo, l’indice mensile dei prezzi alimentari dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che segnala anche un’accelerata dell’inflazione inizialmente frenata dalla pandemia. Non solo. La
K metro 0 – New York – Non accadeva dal 2011. Nel mese di maggio scorso, si è registrato il più grande rialzo dei prezzi degli alimentari a livello planetario: + 40%. A testimoniarlo, l’indice mensile dei prezzi alimentari dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che segnala anche un’accelerata dell’inflazione inizialmente frenata dalla pandemia. Non solo. La domanda in crescita della Cina per cereali e semi di soia sta generando una pressione al rialzo sui costi, insieme a una grave siccità in Brasile e alla richiesta costante di olio vegetale per il biodiesel.
L’indice è un punto di riferimento chiave per le materie prime agricole scambiate a livello internazionale, e l’aumento lo porta al livello più alto da settembre 2011. L’impennata dei prezzi sul mercato mondiale determinerà di conseguenza l’inflazione dei prezzi alimentari, soprattutto tra i paesi più poveri che dipendono dalle importazioni di generi di prima necessità.
Secondo la FAO, difatti, nel 2020 l’inflazione mondiale dei prezzi al consumo per il cibo è salita al 6,3 per cento, rispetto al 4,6 per cento del 2019. La pandemia ha interrotto le catene di approvvigionamento alimentare, colpendo la produzione e la distribuzione di cibo, con l’Asia meridionale, l’Africa sub sahariana e l’America Latina tra le regioni più danneggiate. Secondo gli analisti, il maltempo in Brasile, grande esportatore di mais e soia, e la crescente domanda di olio di soia per il biodiesel hanno spinto i valori al rialzo.
“La Cina ha continuato a comprare, ma con la siccità in Brasile che si è rivelata più grave del previsto, tutti devono pregare che il tempo negli Stati Uniti sia buono”, ha affermato Abdolreza Abbassian, economista senior della FAO. I paesi che dipendono dai produttori esteri per i loro prodotti di base sono stati danneggiati da prezzi alimentari globali più elevati. La questione è così diventata una preoccupazione politica in alcuni paesi in via di sviluppo come l’Etiopia e la Nigeria.
Alcuni paesi esportatori hanno poi introdotto una tariffa all’esportazione, come la Russia per le sue vendite di grano, mentre altri come l’Argentina stanno discutendo un controverso divieto di esportazione di carne bovina. Nelle nazioni sviluppate, il costo delle materie prime rappresenta solo una parte del prezzo complessivo pagato per i prodotti al supermercato o nei ristoranti. Ma l’aumento dei prezzi delle materie prime si riflette sui costi più alti del cibo, con aziende come Nestlé e Coca-Cola che hanno già annunciato di trasferire i rincari sui prezzi finali. E non è finita. Anche cenare al ristorante, ora costerà di più.