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Iran: Zarifgate, “Non voglio che questo venga pubblicato”

Iran: Zarifgate, “Non voglio che questo venga pubblicato”

K metro 0 – Teheran -“Non voglio che questo venga pubblicato”. Lo aveva detto e ripetuto più volte nel corso di una lunga intervista di sette ore che il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, aveva concesso all’economista di area riformista Saeed Leylaz lo scorso marzo. L’intervista era in realtà una conversazione confidenziale che doveva

K metro 0 – Teheran -“Non voglio che questo venga pubblicato”. Lo aveva detto e ripetuto più volte nel corso di una lunga intervista di sette ore che il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, aveva concesso all’economista di area riformista Saeed Leylaz lo scorso marzo.

L’intervista era in realtà una conversazione confidenziale che doveva far parte di un documentario in cui sono state raccolte ben 33 interviste a ministri, vicepresidenti e funzionari per raccontare ed analizzare il lavoro degli ultimi due governi iraniani guidati dal Presidente Hassan Rohani.

L’intervista doveva essere pubblicata dopo un’attenta revisione e trascritta in un libro. Ma molto prima che questo avvenisse, estratti di 3 ore di file audio sono stati trafugati non si sa bene ancora come e da chi. E sono stati trasmessi dall’emittente londinese Iran International, il canale televisivo dell’opposizione iraniana.

L’”audio rubato” ha provocato un terremoto nella vita politica iraniana a poche settimane dalle prossime elezioni presidenziali del 18 giugno.

Ma cosa c’era di tanto sconvolgente nelle dichiarazioni del capo della diplomazia di Teheran? Non molto di nuovo e scandaloso o che in parte già non si sapesse. Ciò nonostante, la versione grezza della conversazione di Zarif, condivisa da Iran International con i principali media mondiali, tra cui la BBC e il “New York Times”, ha fatto gridare allo “Zarifgate”, paragonando il caso a quello d del Watergate, scoppiato durante l’amministrazione Nixon all’inizio degli anni ’70.

I punti sollevati da Zarif nell’intervista non sono particolarmente degni di nota, tranne per il fatto che sono stati enfatizzati da un funzionario di così alto rango.

Zarif afferma che la Russia stava tentando di sabotare l’accordo nucleare e che l’allora Segretario di Stato americano John Kerry li aveva ripetutamente informati degli attacchi imminenti che Israele avrebbe sferrato contro le forze iraniane in Siria. Sia gli Stati Uniti che la Russia hanno negato le affermazioni di Zarif sul loro conto. E l’attuale segretario di Stato americano Antony Blinken le ha definite “una totale assurdità”.

Le affermazioni di Zarif erano in realtà intese più ad uso interno che per l’estero. E il suo obiettivo era Soleimani, il capo delle forze Quds, corpo speciale delle Guardie Rivoluzionarie, ucciso i primi di gennaio del 2020 dagli americani, per ordine di Trump, all’aeroporto di Baghdad, mediante un attacco coi droni.

Suleimani era stato sanzionato dall’UE per il suo coinvolgimento nel fornire equipaggiamenti e supporto al regime siriano nella repressione delle proteste.

 

Nell’audio rubato Zarif afferma che la visita di Soleimani a Mosca nel luglio 2015 era stata effettuata senza consultare il ministero degli Esteri e aveva lo scopo di far deragliare l’accordo nucleare.

Zarif delinea inoltre molto bene le tensioni fra il governo e i pasdaran, che in Iran controllano larga parte dei settori chiave dell’economia, tra cui quello petrolifero. E lamenta il fatto che la sua azione di governo sia stata pesantemente condizionata dalle pressioni dei Guardiani della rivoluzione, che sono riusciti spesso ad annullare le decisioni dell’esecutivo.

Sebbene Zarif abbia affermato nell’intervista di avere un grande rispetto per Soleimani e che era normale avere divergenze di opinione, i forti dissapori tra i due non erano un segreto.

Quando Soleimani accompagnò Bashar al-Assad a Teheran per incontrare il leader della rivoluzione Ali Khamenei, nel febbraio 2019, Zarif, che considerò questo gesto come l’ultima goccia, si dimise perché non era stato informato. E pur se le sue dimissioni non vennero accettate dal presidente Rohani. È noto che lo stesso Rohani era a disagio per l’influenza delle Guardie Rivoluzionarie in molti settori, dall’economia alla politica estera. Ed è perciò comprensibile il motivo per cui i media conservatori, specie quelli dei Guardiani della rivoluzione, stanno reagendo così duramente alle dichiarazioni di Zarif.

I file audio trapelati – ha detto Mohammad-Ali Abtahi, teologo e vicepresidente dal 2001 al 2004 nel governo guidato da Ali Khatami, “non favoriscono i fondamentalisti. Più verranno espresse critiche e attacchi contro Zarif a causa di queste dichiarazioni, più aumenterà la sua base di voti popolari, in caso di candidatura alle presidenziali”.

La reazione di Rouhani alla fuga di notizie è stata dura. Il presidente iraniano ha descritto l’incidente come un “furto”, sottolineando che si è verificato in un momento critico nei negoziati con gli Stati Uniti a Vienna per revocare le sanzioni.

Lo scandalo è avvenuto poche settimane prima delle elezioni presidenziali del 18 giugno. “Non è chiaro chi abbia selezionato e diffuso una parte di queste registrazioni e quali siano le sue intenzioni”, ha detto Saeed Khatibzadeh, portavoce del Ministero degli Esteri, aggiungendo che l’intera intervista sarebbe stata pubblicata se le autorità competenti avessero dato la loro approvazione.

Le dichiarazioni di Zarif sul ruolo predominante dei Pasdaran in tutti gli aspetti della politica della Repubblica islamica potrebbero favorire il fronte moderato e riformista alle prossime presidenziali. E se hanno messo in difficoltà il governo uscente, hanno però fatto luce sui fermenti alla base delle manifestazioni di protesta organizzate tra il 2019 e il 2020 proprio contro lo strapotere delle élites religiose e militari.

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